Il killer set: la bellezza sportiva della formula tre su cinque

Articolo aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Il quinto set, nella formula dei tre set su cinque, è di fatto un set killer. Due giocatori arrivano a giocarlo quando l'equilibrio  fisico, tecnico e tattico si è protratto per molto tempo. E' la partita della rottura dell'equilibrio, ma è anche qualcos'altro: è una forma di assicurazione contro gli imprevisti, la sfortuna, le accidentalità. Le qualità ed il proprio allenamento tecnico, atletico e tattico hanno maggiori opportunità di essere espressi se il tempo di gioco si prolunga, ma il tempo di gioco, nel tennis si prolunga se si ha la tenacia di prolungarlo, perché la durata di una partita non è stabilità.

"La vittoria appartiene ai più tenaci" è la scritta che campeggia sul Philippe Chatrier al Roland Garros.

Il quinto set assicura che niente è perduto se si ha la fermezza di perseverare e di credere nelle proprie possibilità, nelle proprie qualità. Il quinto set garantisce con buonissime probabilità che il giocatore migliore abbia successo. Tenuta, fisica e abilità tecniche si vedono meglio alla distanza, pertanto i favoriti hanno maggiori probabilità di portare a casa la partita, questo perché di solito i favoriti sono giocatori migliori. (76, Il vantaggio dei cinque set).

Il quinto set conferisce, però, anche un'opportunità ai giocatori sfavoriti di esprimere e mettere in mostra le proprie qualità al di là di quella che può essere un'opinione su di loro formatasi in modo errato o a causa di circostanze particolari.

La vittoria appartiene ai più tenaci. Nel tennis la tenacia è la costanza e la perseveranza nell'esecuzione del gesto tecnico, atletico e tattico e senza competenze non si può essere perseveranti in un'azione che le richiede. Al quinto set *la vittoria appartiene ai più competenti che con tenacia perseverano.*

Ma il quinto set è anche qualcosa di altro. E' anche emozioni, passioni: gioie e delusioni, speranze e frustrazioni. Esultanza e rammarico si alternano, si mischiano, ritornano e svaniscono, perché quando la competenza e la tenacia di due atleti sono simili l'equilibrio del tennis e della competizione si fonda sull'incertezza. E' un equilibrio instabile.

Non sappiamo chi vincerà, chi la spunterà, né come, né quando, né  in che circostanze di gioco. In questo senso il quinto set è una cosa il suo contrario: garantisce la vittoria del migliore ma quando i valori sono vicini garantisce incertezza ed emozioni.

Lo spirito della formula 3 su 5 è un vero spirito sportivo: garantisce la bellezza dello sport preservandone la natura. Il quinto set è una battaglia tra pari un concentrato di emozioni anche quando scivola via per un giocatore o per l'altro.

Questo Roland Garros ha già regalato diverse partite che sono finite al quinto set, tra rimonte due set sotto e andamenti più altalenanti. Prima su tutte è stata la bellezza della partita dell'italiano Vavassori che arrivato nel tabellone principale dalle qualificazioni ha vinto la sua prima patita in uno Slam di singolare in rimonta. Se si fosse trattato di una competizione 2 su 3 sarebbe stato eliminato. Al contrario Medvedev sarebbe ancora in corsa perché dopo tre set era in vantaggio 2 set a uno sul brasiliano T. Seyboth Wild che ha prevalso vincendo gli ultimi due set.

In particolare in questi primi turni il Roland Garros ha fornito fino ad ora la bellezza di ben 24 partite che sono terminate al quinto set e 14 di queste sono state vinte dal giocatore che era in svantaggio 2 set a 1 dopo i primi 3 set o che era addirittura in svantaggio di 2 se a zero. Il giocatore che sarebbe stato sconfitto nella formula 2 su 3 ha finito per prevalere in quella 3 su 5.

Anche se non si tratta di un campione statistico rappresentativo, il fatto che più della metà degli incontri che sono arrivati al quinto set siano stati vinti dai giocatori che sarebbero stati sconfitti con la formula di gioco breve è, credo, indice del fatto  che la formula lunga riesce anche a far emergere valori atletici, emotivi, caratteriali e tecnici diversi.

Forse non si tratta di un altro sport, come spesso si sente dire, ma sicuramente tende ad esaltare la bellezza del gioco perché richiede agli atleti qualità maggiori e diverse.

Se non fosse esistita ci saremmo persi incredibili finali, semifinali e quarti di finale che hanno fatto la storia del tennis e che hanno sovvertito il risultato 2 su 3.

Wimbledon finale. Novak Djokovic in rimonta si Roger Federer nel 2011 67(10),46, 63, 62, 75.

Us Open semifinale. John McEnroe su Jimmy Connors 1980: 64, 57, 06, 63, 76.

Wimbledon 1981, semifinale. Bjorn Borg su Jimmy Connors 1981: 06, 46, 63, 60, 64.

Roland Garros, 1984, Finale. Ivan Lendl vs John McEnroe: 36, 26, 64, 75, 75.

Us Open 1980, Quarti di finale. Bjiorn Borg vs Roscoe Tanner: 64, 36, 46, 75, 63.

Wimbledon finale, 1982. Jimmy Connors vs John McEnroe: 36. 63, 67, 76, 64.

Oggi purtroppo dobbiamo aggiungere la sconfitta di Jannik Sinner con Altmaier, anche questa avvenuta in rimonta al quinto set. La bellezza del tennis è anche questo.

Dopo la delusione di ieri c'è da aggiungere il divertimento e il piacere per la splendida rimonta di Lorenzo Sonego che vince Rublev dopo essere stato in svantaggio per 75, 60 si impone con il punteggio di 63, 76(5), 63. 


Il tennis sport del diavolo? Evitiamo il caos.


Il nostro braccio ha tre articolazioni: spalla, gomito, polso, in più c'è la possibilità di pronazione e supinazione dell'avambraccio. Se impugniamo un oggetto come una racchetta, l'utilizzo di queste articolazioni ha un effetto: quello di avvicinare il punto di rotazione al punto di impatto. Può capitare nel tennis di dover colpire in diversi modi ma più l'asse di rotazione è vicino all'impatto e maggiormente decresce l'inerzia, infatti il raggio dal punto di rotazione è calcolato al quadrato nella formula del momento di inerzia. Pertanto per compensare la riduzione del raggio sarà necessario aumentare notevolmente la velocità della racchetta sul punto di rotazione, perché la velocità non è calcolata al quadrato.

E' importante esserne consapevoli, ma c'è un inconveniente, in realtà sono più di uno ma ci soffermiamo su uno solo. Se oscilliamo liberamente utilizzando gli assi di rotazione naturali del nostro corpo (spalla, gomito, polso o pronazione) l'oscillazione del braccio racchetta è simile all'oscillazione di un doppio pendolo o di un triplo pendolo addirittura. Il moto del doppio pendolo è un moto caotico ad alte velocità, questo implica che è sensibile alle condizioni iniziali.

Ovvero l'oscillazione varia notevolmente al minimo cambiamento anche della velocità di esecuzione. Il rischio è che l'ovale della racchetta sia sempre in un punto diverso nel momento in cui ci aspettiamo la collisione. Questo può comportare notevoli problemi di timing, in quanto ci affidiamo a un moto caotico per svolgere un compito di precisione. Il motivo per cui molti giocatori a tutti i livelli indulgono nell'utilizzo degli assi di rotazione in fase di impatto (pronazione e polso) credo sia legato a una falsa sensazione dovuta al tempo di dimora della palla sul piatto corde. Nel momento della collisione la palla rimane qualche millisecondo sul piatto corde, qui si può avere la sensazione di utilizzare l'avambraccio o il polso anche quando l'oscillazione è avvenuta a un pendolo fino all'inizio dell'impatto.

Calcolo dello Swing Weight

Lo swing weigth è un dato importante. Viene calcolato fissando la racchetta a 5 cm dalla fine del manico. Fornisce l'inerzia della racchetta fatta oscillare su quel punto di rotazione. Perché fissata lì? E' uno standard di riferimento per fornire un dato tecnico (kg x cm2). Lo swing weight non è un'indicazione di gioco. Le case costruttrici non posso fornire dati con il braccio del giocatore: le braccia hanno diverse lunghezze, hanno differenti pesi. Se impugno una racchetta e la oscillo ad altezza spalla lo swing weight sarà dato dal mio braccio più la racchetta che impugno. Sarà sicuramente maggiore della racchetta che impugno da sola. Se la faccio oscillare sul gomito lo swing weight sarà dato dall'avambraccio più la racchetta.

Perché dovrei ridurre l'inerzia di un oggetto che collide spostando il punto di rotazione nelle vicinanze del manico con la pronazione o usando il polso? Lo s.w. si ridurrebbe a valori molto vicini a quelli della racchetta da sola e in una collisione serve inerzia. Si potrebbe obiettare che l'oscillazione di più pendoli serva per passare energia cinetica alla racchetta via via su assi successivi (braccio, avambraccio, racchetta), ma in questo caso il moto diviene quello del doppio pendolo, che come abbiamo visto è un moto caotico.

Perché utilizzare un moto caotico per un lavoro di precisione e poi dare la colpa al diavolo?


Il grande mistero del servizio di Jannik Sinner

Federer e Sinner uscita laterale del braccio racchetta

Jannik Sinner è già un giocatore affermato, riesce a competere con i migliori giocatori della classifica mondiale, sconfigge i primi dieci del ranking e probabilmente entrerà anche lui nel gruppo dei migliori dieci e non bisognerà attendere molto. Nel Master 1000 di Indian Wells (2023) ha giocato un'ottima semifinale con il futuro vincitore, Carlos Alcaraz, arrivando a set point nella prima partita. 

Ha fatto meglio di Danil Medvedev che in finale ha perso contro lo spagnolo Alcaraz con il punteggio di 63, 62. Però c'è qualche particolare che rende l'italiano ancora leggermente al di sotto di certi standard di gioco, che i suoi avversari sul campo riescono a raggiungere. Uno di questi aspetti è probabilmente la necessità di una maggiore sicurezza nel gioco di volo, ma non vorrei soffermarmi su questo aspetto. Vorrei cercare di analizzare per quanto possibile un solo colpo: la prima palla di servizio.

Dal 2021 sono stati apportati diversi cambiamenti al suo servizio i quali sono stati ben evidenziati nel video di Tennis Unleashed su Youtube. Fondamentalmente Jannik a modificato tre caratteristiche principali:

1. La posizione dei piedi. Ora la base di appoggio è leggermente più larga e i piedi sono più sfalsati. Questo consente una maggiore spinta di gambe in altezza e rotazione.

2. Prende una maggiore rotazione con il busto. Oggi con una telecamera posta a fondo campo è possibile vedere il petto del giocatore in fase di preparazione, mentre in precedenza Jannik rimaneva maggiormente con la linea delle spalle perpendicolare alla rete.

3. Il lancio di palla è cambiato. In precedenza il braccio che lanciava e quello che impugnava la racchetta si muovevano insieme, ora il braccio che lancia precede il braccio racchetta. Non vanno in alto insieme ma il braccio racchetta rimane basso quando il braccio sinistro si alza e lancia la palla. Questo dovrebbe consentire una maggiore velocità esecutiva e un maggiore inerzia all'impatto.

Questi accorgimenti principali avevano come obiettivo primario quello di rendere il servizio dell'italiano più potente. Sembra che questo risultato sia stato raggiunto, perché la percentuale dei punti realizzata con la prima di servizio è aumentata. Nel 2019 Sinner realizzava il 69,7% dei punti con la prima palla di servizio, nel 2020 e nel 2021 era intorno al 71,2%, nel 2022 è salito al 74,5%. In questa prima parte di stagione del 2023 la sua percentuale di punti vinti con la prima di servizio è salita al 76,6%. I cambiamenti hanno funzionato.

Però la percentuale di realizzazione non è l'unica cosa da tenere in considerazione, perché è altrettanto importante il numero di prime servite in campo e da questo punto di vista le cose non sono cambiate.

Sinner nel 2019 serviva 59,3% di prime in campo, nel 2020 ne ha messe nel rettangolo piccolo il 61,3%, nel 2021 il 59,9%, nel 2022 il 58,4%. In questa prima parte di stagione del 2023 ancora il 59,9% come nel 2021. Insomma fa più punti con la prima palla, ma mette in campo lo stesso numero di prime. Nella semifinale con Carlos Alcaraz la sua percentuale è scesa al 50%, una sì e una no.

Sembrerebbe opportuno cercare di dare un po' di regolarità in più alla potenza che riesce ad esprimere l'italiano. I cambiamenti apportati sono stati neutri nei confronti della regolarità, ovvero non l'hanno migliorata e nemmeno peggiorata e questo è un buon punto di partenza, ma le percentuali di Sinner sono troppo basse.

Alcaraz per esempio quest'anno ha il 66,9% di prime in campo e non è mai sceso sotto il 62% dal 2020. Danil Medvedev ha il 65% e non scende sotto il 60% dal 2020. Novak Djokovic ha una percentuale di prime palle in campo, per esempio, che non scende sotto il 62,4% dal 2004, con una media carriera del 64,9%. Rafael Nadal ha una media carriera dal 2002 del 68% di prime in campo.

Servire poche prime palle espone Jannik Sinner a fare gli straordinari negli scambi quando serve la seconda e lo lascia vulnerabile a break difficilmente recuperabili con i giocatori di alto livello.

Dove e come trovare questa piccola percentuale di regolarità in più? Se, come abbiamo visto, gli accorgimenti già apportati non incidono sulla continuità, si potrebbe fare qualcosa nella gestione dell'impatto? Credo possa valere la pena cercare accorgimenti e lavorare sull'impatto. Nello specifico sull'angolo di impatto.

Da alcuni filmati osservati a velocità molto rallentata sembra che il braccio racchetta di Jannik abbia una direzionalità accentuata nella direzione della rete, una propensione in avanti. Questo atteggiamento esecutivo potrebbe aumentare i margini di errore, in quanto l'intero braccio racchetta ruota intorno al punto di rotazione che è la spalla. Cercare in questo modo il giusto angolo di impatto potrebbe divenire un'impresa ardua: è sufficiente un'inclinazione maggiore o minore di solo qualche grado per ottenere palle lunghe o palle a rete. Inoltre anche nei giocatori alti i margini di "luce" per schiacciare non sono ampi, si tratta di poche decine di centimetri.

L'idea è quella di cercare aumentare l'angolo di lateralità dell'impatto, con il braccio racchetta che cerca un'uscita più verso destra, in modo da imprimere la stessa energia con più controllo e diminuendo le possibilità di errore dovute ai pochi gradi di inclinazione del braccio. Roger Federer aveva un angolo di impatto con un'uscita laterale abbastanza evidente, questo gli consentiva una minore chiusura in avanti del braccio racchetta diminuendo gli errori e mantenendo l'efficacia del colpo. 

Federer aveva più o meno le stesse percentuali di Sinner fino al 2003 (59,5%), dal 2004 non è più sceso sotto il 61,6% con picchi del 65,8%, 66%, 64,7% nelle migliori stagioni.

Ovviamente si tratta di aggiustamenti minimi, che l'atleta deve provare e sentire, fine tuning (sintonia fine), come quando, con le vecchie radio analogiche, una volta trovata la stazione, si cercavano piccoli aggiustamenti per sentirla meglio. Vai un po' più laterale Jannik!

Per le statistiche cortesia di Tennisabstratc.com

Racchette da tennis e gaussiane


La velocità della racchetta a parità di forza applicata decresce all'aumentare del peso. Può essere rappresentata da una linea retta (in arancione). La velocità della pallina dopo la collisione, invece, è rappresentata più facilmente da una curva di Gauss o distribuzione normale (in azzurro). Ci sarà pertanto un punto ideale in cui la velocità della pallina è massima. In questo punto i valori di peso e velocità della racchetta saranno quelli con l'intersezione con la retta che rappresenta la velocità della racchetta (linea viola). 

Appare anche che lo stesso effetto sulla palla si può ottenere a volte con due soluzioni: una racchetta più pesante che si muove più lentamente e una racchetta più leggera che si muove più velocemente (segmenti in verde). L'area verde rappresenta un gruppo di valori ottimali che sono vicini al punto di massimo. Sia il punto di massimo che l'area ottimale non si hanno quando la velocità della racchetta o il peso sono massimi ma in una zona intermedia. 

Questo accade perché l'inerzia di un oggetto è data dalla massa per la velocità, pertanto la perdita di velocità può essere "compensata" dall'aumento della massa e viceversa. Le aree a destra e a sinistra dell'area verde sono da scartare in quanto l'effetto sulla palla non è ottimale: sul lato destro perché la racchetta seppur pesante ha una velocità troppo ridotta. Sul lato sinistro perché, nonostante la velocità elevata della racchetta, il peso è troppo ridotto. Una racchetta che pesa come una piuma non avrà nessun effetto sulla palla e lo stesso vale per un oggetto troppo pesante che non può essere accelerato.

Ora l'idea alla base del romanzo "La mano di Rod" era:  "cosa accadrebbe se qualcuno fosse in condizione di far giocare un gruppo di giocatori all'interno dell'area verde o addirittura sul punto di massimo e tutti gli altri ai lati della gaussiana?" Chi sarebbero i favoriti? Chi vincerebbe di più?

La definizione di Tennis. Dal semplice al complesso


Cos'è il Tennis? La migliore definizione che mi viene in mente è: 

l'abilità di indirizzare o reindirizzare una pallina per mezzo di una collisione. 

E' tutto qui e da qui inizia un percorso verso la complessità.

Ma tornare alla semplicità di una definizione aiuta ad avere le idee chiare su quello che è il lavoro da svolgere. Il passo successivo è quello di chiedersi cosa serve per svolgere al meglio questo tipo di lavoro. Si possono scrivere su un foglio una serie di cose, così come vengono in mente, alcune saranno strettamente collegate altre meno: "correre, visione e intuizione della traiettoria" sono indubbiamente necessarie. Non possiamo colpire una pallina se non arriviamo nelle vicinanze, non possiamo avvicinarci se non vediamo bene la traiettoria o se non la vediamo affatto. Però ad essere scrupolosi queste caratteristiche non sono strettamente collegate alla definizione esposta in precedenza.

Sono condizioni necessarie in molte circostanze di gioco ma non sono sufficienti, infatti leggere la traiettoria in anticipo ed arrivare bene potrebbe risultare inutile se non si posseggono dei buoni colpi. Più il livello sale e più diviene evidente che occorre sviluppare una tecnica adatta a reindirizzare un oggetto attraverso una collisione.

Cosa serve, allora, per reindirizzare un oggetto per mezzo di una collisione? Cerchiamo di darci la risposta più semplice, la più semplice possibile.

E' necessario avere un oggetto che collide con un'inerzia maggiore di quello che vogliamo spostare.

Abbiamo una risposta semplice, la più semplice possibile al problema, ma il bello viene ora, perché esistono diversi modi per incrementare l'inerzia di un oggetto, specialmente se siamo su un campo da tennis e possiamo utilizzare una modello tecnico di riferimento.

L'inerzia dipende:

1. dalla massa dell'oggetto:

2. dalla sua velocità;

3. dal punto in cui l'oggetto ruota e la distanza di un determinato punto di massa dal punto di rotazione è calcolato al quadrato, con un incremento enorme dell'inerzia se la massa è posizionata lontano dall'asse di rotazione.

Nel tennis poi abbiamo la tecnica esecutiva. A cosa serve la tecnica partendo dalla definizione di Tennis e dalla descrizione dell'inerzia?

Anche in questo caso la risposta è semplice.

La tecnica esecutiva ha come scopo quello di aumentare o diminuire l'inerzia dell'oggetto che collide a seconda delle necessità e del colpo da eseguire.

In sostanza con la tecnica si riesce a gestire l'inerzia, perché la tecnica esecutiva permettere di agire direttamente o indirettamente su tutte e tre le variabili indicate:

1. massa;

2. velocità;

3. raggio.

Per troppo tempo nel tennis c'è stata un'eccessiva considerazione della variabile velocità, che è indubbiamente importante ma non è la sola da prendere in considerazione.

Per mezzo della tecnica possiamo influenzare tutte tre le variabili, anche massa e raggio. Vi siete mai chiesti perché Roger Federer, Rafael Nadal colpiscono con il braccio disteso? Perché Diego Schwartzman usa una racchetta più lunga, come faceva anche Michael Chang?

Per aumentare il raggio esecutivo e di conseguenza l'inerzia all'impatto, sfruttando il quadrato della distanza.

Pertanto la tecnica permette di usare una racchetta più lunga o di sviluppare soluzioni, gesti, con cui si aumenta il raggio esecutivo del braccio racchetta. Di fatto influisce sull'inerzia dell'oggetto che collide.

Ma grazie alla tecnica possiamo influire indirettamente anche sulla massa. Qualunque soluzione tecnica non aumenta direttamente il peso dell'oggetto ma può consentire di mantenere la stessa velocità esecutiva con una racchetta più pesante e a parità di velocità un oggetto più pesante ha più inerzia.

La tecnica permette di gestire l'inerzia anche durante le fasi di gioco e quando serve meno inerzia, palle corte e volée, è sufficiente diminuire la velocità, o accorciare il raggio.

Quello che per troppi anni si è verificato è che per aumentare l'inerzia si è cercato di aumentare solo la velocità. Il tentativo è divenuto quasi un'ossessione, a tal punto che per aumentare la velocità è stato tolto peso alle racchette costringendo gli atleti a cercare ancora maggiore velocità esecutiva. Se si aumenta la velocità ma si toglie peso si rischia che l'inerzia rimanga la stessa o addirittura diminuisca, perché credo ci sia comunque un limite alla velocità raggiungibile da ciascuno, anche se soggettivo.

In realtà le variabili su cui si può agire sono tre, come abbiamo visto. Il problema si presenta con maggiore evidenza nei colpi da fondo campo e con velocità della palla elevate, quindi è meno presente in situazioni di gioco da circolo. Ma se sentite di essere arrivati al limite, di non riuscire ad eseguire quello che avete in mente è opportuno che teniate presente raggio e massa le due variabili dimenticate.

La tecnica e la gestione del proprio corpo, come sono esposte in questo manuale, posso consentire di lavorare molto bene su questi due aspetti, aprendo la porta a possibilità di sviluppo che potevano sembrare precluse.

La definizione di tennis è semplice, dopo tutto, e le implicazioni sono chiare.

L’impugnatura del rovescio di Jim Curier non aveva nulla di strano


Quello che la fa apparire strana non è in effetti l’impugnatura in sé del rovescio ma il modo con cui Curier tiene il braccio sinistro. E’ molto attaccato al corpo, il gomito è a contatto con il fianco. La mano sinistra usa una semi Western forse un po’ chiusa verso una Western. Di certo non è la Eastern di dritto che usa Roger Federer ma nemmeno una esasperata full western, forse inclina un po’ verso quest’ultima ma non del tutto a mio giudizio. Potrebbe sembrare estrema ma non lo è poi così tanto. La mano destra è posiziona con una presa Eastern di rovescio, quella classica che si usa nel rovescio a una mano, anche in questo caso potrebbe apparire una scelta troppo chiusa per un rovescio a due mani, in cui si può trovare una posizione anche verso una presa Continental (quella classica del servizio) in quanto la mano sinistra aiuta a mantenere il piatto corde perpendicolare al terreno. Specialmente se già la mano dominante, la sinistra in questo caso, usa una presa chiusa.

L’insieme delle due impugnature potrebbe sembrare esasperato ma non credo lo sia più di tanto e comunque non fuori da quelle che sono le indicazioni generali di riferimento.

In linea generale le impugnature devono consentire di mantenere il piatto corde perpendicolare al terreno nel momento dell’impatto. Questa è la loro funzione. Se lo scopo è rispettato aggiustamenti particolari e personalizzazioni dei giocatori sono da considerare del tutto normali.



Il gesto dell’americano appariva particolare perché la posizione del braccio con il gomito congiunto al corpo nella fase del back swing, insieme alle due impugnature dava una visione d’insieme di stranezza del suo rovescio a due mani. Il movimento molto compatto con un’ovalizzazione molto breve, quasi nulla, contribuiva anch’esso a dare l’impressione di un gesto eccessivamente particolare. Chiuso al copro, molto compatto, la brevità dell’interezza dell’esecuzione si concretizzava in una frustata secca simile a un giro di mazza da baseball per alcuni aspetti. Ma le caratteristiche fondamentali sono rispettate: piatto perpendicolare, ovalizzazione per accelerazione in discesa, rotazione delle spalle. Inoltre il braccio sinistro non rimaneva vicino al corpo ma andava in avanzamento verso l’impatto, distendendosi.

Inoltre non in tutte le situazioni Jim teneva il braccio così vicino al copro. In alcune circostanze di gioco, quando la distanza laterale lo rendeva necessario, riusciva a giocare il rovescio anche con il braccio più allungato.



Insomma fondamentalmente non si tratta di una cosa da correggere come avrebbe voluto la madre di Curier secondo il ricordo di Nick Bollettieri. 

Lo statunitense avrebbe potuto senz’altro utilizzarlo maggiormente in carriera evitando di spostarsi troppe volte sul dritto, sarebbe stata sufficiente un po’ più di fiducia nel colpo.

Il tennis è uno sport troppo costoso


Il tennis è più costoso dello sci, molto più costoso. enormemente più costoso, imparagonabilmente più costoso di calcio, atletica, ciclismo.

Nel tennis è impossibile avere lo stesso cumulativo di ore di allenamento allo stesso costo. Rimaniamo con il paragone con lo sci, da sempre considerato uno sport costoso, ed in effetti lo è ma solo per coloro che non vivono in prossimità delle montagne e degli impianti di risalita. Se si considerano i costi vivi per praticare l'attività la realtà è molto diversa.

Mettiamo da parte l'attrezzatura divenuta però costosa anche nel tennis. Se si acquistano due racchette, il minimo per affrontare una stagione di competizioni, si arriva spendere intorno ai 400 euro forse qualcosa in più, forse gli sci costano un po' di più ma non moltissimo. Per semplicità ipotizziamo che i costi di sciolina, lamine e rifacimento del fondo dello sci siano equiparabili ai costi del cambio corde e sostituzione palline. Non ci si può allenare sempre con le stesse corde o con le palline sgonfie e usurate per avere dei corretti feed back sui colpi.

Uno stagionale invernale Dolomiti Superski, acquistato in prevendita viene 890 euro e teoricamente una persona può sciare ed allenarsi tutti i giorni finché ha voglia o non è stanco. C'è il problema dei paletti e dei tracciati pista, per i quali c'è bisogno di appoggiarsi a una scuola sci, però le possibilità di affinare la tecnica e l'abitudine alla velocità, rimangono e sono costanti. Mettiamo che un individuo abbastanza determinato riesce ad allenarsi due ore al giorno di media tutti i giorni. Sono 14 ore a settimana di allenamento dall'inizio di stagione (Novembre o dicembre) fino ad Aprile. 

Un tennista determinato se consideriamo il costo orario del campo di 10 euro (senza considerare il maestro o il palleggiatore, sono autodidatti sia lo sciatore che il tennista) in un un mese ha speso 600 euro, in due mesi, Novembre e Dicembre, ha già superato la spesa dello sciatore è già a 1200 euro. Lo sciatore può aumentare il monte ore di allenamento senza costi aggiuntivi quando vuole e come vuole ha già pagato gli impianti di risalita. Può investire su un tecnico preparato, iscriversi a una scuole sci per fare i tracciati. Il tennista solo per continuare ad allenarsi fino ad Aprile deve mettere nel piatto altri 2.400 euro.

Se consideriamo che sono entrambi sport tecnici ma che il tennis credo abbia un livello di complessità superiore ecco che, inevitabilmente, la base dei giocatori viene ridotta da un numero minore di ore, così si riduce anche il numero degli ottimi giocatori di tennis e dei campioni, che magari continuano a sciare. Con Sinner c'è mancato poco. Il paragone con l'atletica, il calcio e gli sport di squadra è improponibile, come già scritto, un motivo in più è dovuto anche alla presenza delle società che si fanno carico di molte spese. Se si vuole più campioni nel tennis è necessario aumentare la base dei praticanti e degli agonisti dando possibilità di accesso a un monte ore più alto, con formule specifiche di abbonamento e campi dedicati. Ma questo va contro molti interessi particolari e diffusi, e credo si scontri anche con una mentalità un po' arcaica.

La fortuna nel tennis e il cambio del punteggio


Tutti gli sport sono influenzati dalla sfortuna o dalla fortuna. Un episodio a volte può decidere una partita, può influenzare altri episodi o addirittura anche un'intera competizione. Il ruolo della fortuna non è strettamente legato a un singolo episodio sul campo da gioco. 

Ci possono essere sport che sono più o meno influenzati dal ruolo della fortuna. Possiamo provare a definire sfortunati tutti quegli episodi che vengono decisi da fattori imponderabili o imprevedibili e che non dipendono dalle abilità tecniche e atletiche.

C'è poi un altro aspetto quello del limite delle abilità tecniche, anche il migliore giocatore non può controllare la palla oltre un certo limite. Anche in questo caso credo che si possa affermare che una palla che esce per qualche millimetro o per un centimetro possa rientrare nella categoria di un colpo sfortunato. Così come i colpi in cui la pallina sfiora o pizzica appena la riga che delimita un'area di gioco. Nelle partite di tennis situazioni di questo tipo sono tutt'altro che rare, pertanto il fattore fortuna è una variabile con cui si devono fare i conti.

Il sorteggio dei tabelloni può rendere la strada più o meno facile a un giocatore, il quale potrebbe trovarsi la strada chiusa da una testa di serie o al contrario avere un percorso relativamente più facile. Perfino una testa di serie può avere dei vantaggi dal sorteggio di un tabellone se trova davanti a sé partite sulla carta relativamente più facili o se qualche suo avversario più ostico finisce dall'altra parte. Queste condizioni possono addirittura influenza l'andamento dell'intero torneo. In alcuni casi, come fa notare Jeff Sackmann, possono incidere anche su un anno di gioco o un'intera carriera. Situazioni in cui uno o più eventi fortunati si ripercuotono sul lungo periodo. Si vince una partita in modo fortunoso e si prendono quei pochi punti che servivano per essere teste di serie nel torneo successivo con un vantaggio di tabellone, mentre lo sconfitto sfortunato potrebbe trovare subito una testa di serie. Un giocatore si ritroverebbe con un vantaggio molto più consistente di quello che possono essere un paio di punti fortunati presi singolarmente. Si potrebbero aprire più possibilità addirittura per una carriere decisamente migliore.

Altri fattori fortunati sono rappresentati dalle wild card che consentono a un giocatore di avere accesso a un torneo e come minimo al premio economico del primo turno. Nella storia di un giocatore gli allenatori avuti in gioventù o le possibilità di allenamento possono influire in modo determinato sul futuro sviluppo delle proprie abilità tecniche ed agonistiche.

Il tennis è però particolare anche per un altro aspetto. Mentre in tutti gli sport chi realizza più punti vince la gara nel tennis può capitare il contrario. Ci possono essere situazioni in cui il giocatore che ha realizzato meno punti finisca per essere il vincitore. Questo è dovuto alla particolarità del punteggio in cui non c'è un conteggio continuo ma a blocchi. Una volta chiuso un blocco si riparte da zero con un nuovo blocco. Questo vale sia per i game che per i set.

Le conseguenze sono che: 

"Più del 5% delle partite della stagione in corso sono state vinte da un giocatore che non è riuscito a vincere più della metà dei punti giocati. Un altro 25% è stato vinto da un giocatore che non è riuscito a raccogliere più del 53% dei punti, un livello che non garantisce automaticamente la vittoria."

Se i punti fossero stati sommati singolarmente il vincitore in questi casi sarebbe stato un altro, semplicemente quello che aveva realizzato più punti. Questo modo di contare rende la percentuale del 53% dei punti vinti non sempre sufficiente per portare a casa la vittoria.

Un'analisi più approfondita suggerisce che per avere la sicurezza di vincere un incontro è necessario vincere tra il 53% e il 54% dei punti giocati. E non è una sicurezza schiacciante nello specifico, la percentuale di vittoria sale al 99,1% al meglio dei tre set e al 100% al meglio dei cinque set.

La tabella elaborata da impredictable.com mostra che c'è sempre qualche decimale di incertezza e per essere sicuri al 100% della vittoria è necessario vincere almeno il 55% dei punti giocati.

Un'altra peculiarità del tennis, oltre al punteggio a blocchi, è che se un punto non viene vinto da un giocatore viene assegnato all'altro nel senso che gli errori esecutivi sono punti per l'avversario. Questo non accade nel basket, nel calcio o in altri sport di questo tipo. Se si sbaglia un tiro a canestro il punteggio non viene assegnato all'avversario. Se Cristiano Ronaldo sbaglia un rigore le squadre rimangono sullo zero a zero.

Il tennis è da considerare uno sport dove la sfortuna gioca un ruolo maggiore o minore rispetto agli altri sport? la struttura del punteggio riduce o aumenta la casualità?

E' sicuramente uno sport in cui il livello tecnico è molto importante ma la sfortuna gioca sicuramente un ruolo non trascurabile. Quello che ne riduce l'incidenza è la lunghezza delle partite, infatti come si può notare quando le partite sono al meglio dei cinque set già fare il 51% o il 52% dei punti garantisce il 90,7% delle probabilità di vittoria contro l' 86,7% delle partite che si giocano su tre set.

Con 52% al 53% dei punti vinti si ha il 95,8% di probabilità di vittoria nei match 2 su 3 ed il 97,4% nei match 3 su 5. Oltre queste percentuali non ci sono molte differenze.

Si potrebbe obiettare che riuscire a giocare bene i punti importanti sia una delle qualità dei giocatori di vertice e molto probabilmente è un'affermazione che ha qualcosa di vero, ma è altrettanto indubitabile che nessun tennista potrà impostare una carriera vincendo il 48% o il 49% dei punti a partita.

Un altro fattore che limita l'incidenza della fortuna è la presenza dei vantaggi. Se c'è bisogno di due punti consecutivi per vincere un game o un tie break questo elimina la possibilità che uno o più colpi fortunati possono fare la differenza.

Da questo punto di vista la riduzione dei set a 4 e l'eliminazione dei vantaggi in alcune competizioni giovanili, nonché il numero minore di partite che si giocano al meglio dei cinque set (a livello professionistico sono rimasti praticamente solo i tornei degli slam) permettono al fattore fortuna di avere un'influenza maggiore le cui ripercussioni sono meno prevedibili.

Il tennis moderno ha abolito la fantasia. Presto un robot batterà il n.1 del mondo

"La fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane". 

L’aforisma di Italo Calvino ci ricorda che la  fantasia lasciata a se stessa rischia di essere qualcosa di indistinto, rischia di essere troppo vaga e quindi poco utile. In qualunque sport abbiamo a che fare con azioni fisiche, tangibili, concrete. L’estro, la creatività, la personalizzazione sono caratteristiche  indubbiamente utili che rendono un atleta unico e i campioni irripetibili, ma per farlo devono essere sorrette da solide fondamenta. I programmi di allenamento, i modelli esecutivi, un approccio razionale sono limitanti per la  creatività da un lato, ma dall’altro forniscono l’intelaiatura che permette alla creatività di esprimersi in modo funzionale e efficace. Da questo connubio credo che un atleta creativo esca ancora più competitivo perché sa scegliere il momento e il modo per utilizzare la  propria creatività. 

La fantasia ha bisogno di pazienza. Da un lato è opportuno costruire delle solide basi tecniche ed atletiche per permettano di esprimerla al meglio per essere efficacie. Dall'altro lato è necessario scegliere il momento giusto per esprimerla in competizione. E' una ciliegina sulla tornata. Non bisogna abusarne perché il rischio è che sia controproducente.

La fantasia ha bisogno di tempo.  Scegliere il momento e l'opportunità per cambiare è un'azione che si può fare solo se si ha del tempo a disposizione per valutare una soluzione fuori dagli schemi consueti di gioco. C'è bisogno di tempo per valutare e per eseguire un colpo o una serie di colpi diversi.

Il tennis moderno ha abolito la fantasia. Di fatto non esiste più. Si limita a qualche palla corta e qualche discesa a rete in situazioni particolari, in cui è necessario variare il gioco e nulla più. Questo è successo perché di fatto non c'è più tempo per pensare ed eseguire qualcosa di diverso. La standardizzazione e la velocità di gioco rendono quasi impossibile uscire dagli schemi esecutivi interiorizzati ed automatizzati. I giocatori eseguono, ormai, colpi ripetitivi all'interno di schemi ripetitivi. 

Sparirà lentamente anche l'ultima goccia di fantasia rimasta ed applicabile al gioco, forse è già evaporata, e il tennis diverrà un gioco di soli automatismi. Un gioco di robot! In attesa dell'errore esecutivo dell'avversario. Ma i robot sono molto più bravi degli uomini nello svolgere azioni sempre uguali e ripetitive, pertanto gli uomini non riusciranno più a competere con i robot.
Saranno sufficienti poche ma chiare istruzioni e le prime di servizio saranno tutte in campo. Un minino di mobilità e, se qualcuno sarà in grado di rispondere, non ci saranno dubbi sull'esito del dritto successivo e del punto. Non perdere mai il servizio è un buon punto di partenza. I robot moderni hanno già un buon grado di mobilità. Nel caso qualcuno fosse scettico guadate cosa sanno fare quelli della Boston Dymanic.
Fossi nel n.1 del mondo non mi sentirei tanto tranquillo!



Eliminare ogni preoccupazione per una consapevolezza di livello superiore


Fregatevene dell'ambiente, fregatevene del risultato, fregatevene dell'avversario. Fregatevene delle chiacchiere al bar. Fregatevene di quello che potrà scrivere la stampa.

Una volta raggiunto un allenamento tecnico sufficiente è opportuno che la vostra mente si liberi anche dalle preoccupazioni più contingenti che possono influenzare il livello di concentrazione sul compito che state svolgendo. In questo caso (il tennis) colpire una pallina e indirizzarla in un'area delimitata. Indirizzarla più volte secondo la vostra volontà e il gioco che avete in mente. Tutto ciò che non rientra in questo lavoro è da considerare un elemento distraente di cui non dovete tenere conto, soprattutto se è al di fuori delle vostre possibilità di controllo.

Colpire una palla in un certo modo è tecnica, colpirla più volte per come volete per dirigere il gioco è tattica. Rimanere concentrati su queste azioni da compiere significa rimanere focalizzati sul processo, ovvero un insieme di cose che vogliamo eseguire. Il processo tecnico tattico è il vostro obiettivo principale. Tutto il resto è distrazione.

La vita moderna è sempre più colma di fonti di distrazione: cose da fare in tempi limitati, appuntamenti, impegni, richieste. I cellulari si riempiono sempre di notifiche molto spesso superflue. Ogni cosa che accade è una potenziale interruzione della vostra concentrazione. Anche l'arrivo di un amico, un conoscente o un parente a bordo campo può distogliervi dall'attività che state svolgendo.

Un primo approccio mentale utile è quello di lasciare fuori dal campo tutto quello che fa parte della vita extra sportiva: ogni tipo di preoccupazione, ogni impegno, ogni pensiero non inerente allo sport va sospeso. L'attività sportiva deve essere un rifugio dalle situazioni lavorative e familiari quotidiane per la vostra mente. Un'isola dove è difficile arrivare, impossibile arrivare.

Accettate l'ambiente di gioco e quello circostante.

Tutte le attività sportive risentono dell'ambiente. Le condizioni atmosferiche (vento, pioggia, temperatura) la presenza del pubblico e il suo comportamento, la presenza di familiari o amici, un arbitro poco gradito, una decisione arbitrale, sono tutti fattori che possono distogliere la vostra concentrazione. Una superficie più o meno veloce nel tennis può rendere più complessa la ricerca del timing e l'esecuzione dei colpi. Prestare troppa attenzione a questi aspetti, che non possiamo controllare, significa non dedicarla alla vostra attività principale che è il processo tecnico-tattico. Tutti gli aspetti che riguardano l'ambiente non sono controllabili direttamente dall'atleta, quindi ogni preoccupazione al riguardo è frustrante, perché la situazione non può essere modificata. Gli effetti negativi sulla prestazione possono essere notevoli.

Non preoccupatevi dell'avversario.

Nemmeno l'avversario è una variabile controllabile. Non potete decidere di farlo giocare meglio o peggio, o secondo le vostre aspettative. Nel tennis l'osservazione dell'avversario è più importante rispetto ad altri sport. E' opportuno osservarlo per vedere la sua posizione in campo e l'esecuzione dei colpi, in modo da valutare gli spostamenti e la traiettoria della pallina per reagire di conseguenza, ma questa attenzione non deve diventare una preoccupazione di quello che farà, di come reagirà alle vostre soluzioni, di come sta giocando rispetto a voi. Deve rimanere funzionale al vostro gioco, in caso contrario, sarà un fattore che distrae.

L'unica cosa su cui potete influire è il vostro gioco e farsi aspettative riguardo al gioco dell'avversario non ne fa parte.

Concentratevi sul processo non sul risultato.

Potrà sembrare strano ma se la vostra mente indugia sul risultato della partita, su ciò che vi aspettate da questa, o presta troppa attenzione al punteggio in corso questo devierà la vostra attenzione dal processo tecnico e tattico. Gli sports ed il tennis sono composti da azioni non da ipotesi o valutazioni. Nel momento della competizione è opportuno rimanere concentrati sulle azioni e sul tempo presente. Per le valutazioni dei risultati c'è tutto il tempo a fine gara, a mente fredda. Non lasciate che la vostra mente vada troppo avanti, pensando a quello che potrebbe accadere a come potrebbe svilupparsi il gioco o una situazione. Rimanete nel presente del gioco.

Il risultato finale è solo l'effetto del processo esecutivo messo in atto e se la vostra mente devia l'attenzione dal processo l'effetto ne risentirà. Avere obiettivi tecnici e tattici chiari aiuta a mantenere la concentrazione su quello stiamo facendo, sul compito immediato, aumentando le probabilità di realizzazione dell'effetto desiderato, che è riassumibile nella vittoria.

Ogni possibile fonte di preoccupazione va eliminata, solo così si possono raggiungere esperienze gratificanti e i migliori risultati.

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Mente, abilità e competenze trasversali nel tennis

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Non di rado abbiamo l'abitudine a ragionare per compartimenti stagni. Quello che facciamo in un determinato ambito rimane confinato alla materia o al compito di riferimento. La scuola è la scuola, la storia è la storia, la matematica è la matematica, la letteratura è la letteratura, un coniglio è un coniglio. La nostra mente lavora per categorie perché è un modo semplice e utile per ragionare, svolgere attività, catalogare e archiviare. Ma è opportuno anche avere una visione d'insieme, infatti la realtà non è rigidamente separata in comparti, ma è piena di connessioni, sfumature, relazioni. Una visione a compartimenti stagni non sarà mai una rappresentazione approfondita della realtà. 

Anche negli sport, che svolgiamo a scopo ludico o professionale, avere una visione d'insieme per stabilire attinenze tra abilità e compiti da svolgere riveste un ruolo fondamentale. Infatti molte delle abilità posso essere acquisite e utilizzate in ambiti e contesti diversi, inoltre queste abilità possono essere anche allenate in situazioni diverse e facilmente trasferite da un ambiente ad un altro.

Anche nel tennis ci sono diverse competenze trasversali.

Le principali sono le abilità atletiche e le abilità mentali. 

La capacità di concentrazione sul compito, la memoria in generale e la memoria motoria, hanno un effetto diretto sull'apprendimento tecnico e sul richiamo di situazioni di gioco e sono da considerare delle abilità mentali.

L'allenamento aerobico, anaerobico e della soglia anaerobica sono i principali allenamenti che consentono lo sviluppo di abilità atletiche da utilizzare anche sul campo da tennis.

Ce ne possono essere anche altre, come per esempio, l'allenamento dell'equilibrio o la gestione dello stress e delle emozioni ma non entreremo nello specifico dei singoli allenamenti che lasceremo ai preparatori atletici e mentali.

E' opportuno evidenziare che per acquisire e migliorare queste caratteristiche non è necessario avere un ambiente specifico di riferimento. Possono essere allenate anche fuori dal campo da tennis, senza una rete, senza una racchetta e senza una pallina, però tutti i vantaggi acquisiti sono subito spendibili nel nostro sport preferito. Anche se l'aspetto del piacere del gioco non è presente dovremmo essere più lungimiranti quando dedichiamo tempo a questo tipo di allenamenti senza racchetta.

Una considerazione particolare lo meritano le abilità mentali. Concentrazione e memoria infatti non sono settoriali: non esiste una memoria per il tennis o una concentrazione specifica per uno sport invece che per un altro. Sono peculiarità talmente indipendenti che possono essere allenate anche svolgendo compiti molto diversi tra di loro. Leggere, studiare, o qualsiasi altro compito che richiede una capacità di concentrazione e di memorizzazione prolungate è in grado di allenare queste abilità. Ovviamente le condizioni ambientali di gioco e le caratteristiche di ogni sport impongono aggiustamenti specifici. La memoria dovrà essere finalizzata all'acquisizione di soluzioni tecniche e tattiche determinate; la concentrazione dovrà far fronte a variabili distraenti diverse, come il pubblico, lo stress, la presenza dell'avversario; ma i connotati principali rimangono gli stessi. Sono abilità portabili nella loro sostanza.

Se si arriva sul campo di allenamento con questi bagagli di abilità già sviluppati, se vengono curati anche al di fuori dell'attività sportiva, l'atleta partirà sicuramente da una condizione di vantaggio e dovrà dedicarsi esclusivamente ai compiti specifici del proprio sport.

Un ulteriore esempio è l'attenzione ai particolari e la loro cura, condizioni che possono essere esercitate in ogni ambito della propria vita e permettono di sviluppare un modus organizzativo mentale che risulterà utile anche nell'acquisizione della tecnica nonché nella gestione tattica di una competizione.

Negli sport moderni le competizioni sono sempre più serrate, più difficili e dure. L'aumento di complessità e l'elevata competitività richiedono la predisposizione mentale e caratteriale a cercare di migliorarsi sempre, limando il particolare per progredire anche in modo infinitesimale. Pertanto al fine di raggiungere gli obiettivi è sempre più necessario utilizzare un ventaglio, il più possibile completo, di abilità e competenze trasversali e trasferibili.

Consapevoli di poter vincere

Consapevolezza. (pexels.com)

Per indicare una sensazione di calma e sicurezza correlata ai propri mezzi sportivi è spesso abusato il verbo credere. Credere di poter vincere, credere di potercela fare. In realtà non è la migliore definizione che si possa dare della confidenza che possiede un atleta nei propri mezzi per raggiungere una determinata prestazione.

Il verbo credere fa riferimento a qualcosa di astratto, privo di basi concrete. Gli sport e il tennis sono fatti di azioni tangibili da svolgere in uno spazio e in un tempo determinati. La sicurezza di un atleta affonda le radici in una realtà fisica, che non ha niente di astratto. Credere in qualcosa può essere addirittura fuorviante, può portare a sovrastimare le proprie possibilità innescando una serie di alti e bassi emotivi, illusioni e disillusioni, che dipendono dai risultati.

La sicurezza nei propri mezzi, la fiducia nelle proprie capacità, invece, guidano verso una consapevolezza di se stessi come atleti che è più consistente e meno dipendente dai risultati. Questa consapevolezza si alimenta costantemente di una percezione cosciente delle proprie abilità.

Al fine di raggiungere una massima e soddisfacente esperienza sportiva ed avere controllo di se stessi, buone sensazioni in campo e fiducia di riuscire è opportuno agire su tre aspetti principali:

1. Possedere solidi modelli tecnici e atletici di riferimento, di cui non dubitare.

2. Allenamento dei modelli fino all'automatismo esecutivo.

3. Progressione delle difficoltà attraverso bilanciamento continuo tra sfide e abilità acquisite (più crescono le abilità più si alza il livello degli obiettivi).

I modelli sono fondamentali perché hanno un effetto diretto nel creare  sicurezza nelle proprie esecuzioni sia che si tratti di modelli strettamente tecnici sia di modelli atletici di allenamento. Abbiamo visto che i due fattori si influenzano a vicenda e sono interconnessi.

L'allenamento è essenziale, una volta sicuri dei modelli di riferimento,  dovrà essere praticato fino all'automatismo esecutivo. Due sono i vantaggi principali: da una parte la sicurezza esecutiva consente di concentrarsi sulla prestazione e non sull'esecuzione, dall'altro consente  di tenere sotto controllo le variabili che sono presenti solo in partita. Gli spettatori, il tifo, rumori imprevisti. Maggiore sarà la pratica effettuata e minore sarà l'effetto distraente di tutte quelle variabili che si possono presentare in competizione e non ci sono in allenamento.

Il terzo punto consente di evitare sovra stime o sotto stime delle proprie abilità. In entrambi i casi, infatti, il disequilibrio tra le percezioni dell'atleta e la realtà preclude di avere un'ottima esperienza nella competizione. Se sovrastimiamo le nostre possibilità aumentano le probabilità che, alla prima difficoltà, ci si senta delusi e non appropriati al compito. Se invece sotto stimiamo il nostro gioco non sarà possibile entrare in campo con quella tranquillità che consente di esprimere le nostre qualità atletiche e tecniche al meglio. Saremo come schiacciati dal compito che ci aspetta perché lo riteniamo al di sopra delle nostre possibilità.

Nessun dubbio.

Quando siamo in competizione possono succedere molte cose, alcune delle quali impreviste. Molte altre sono al di fuori del nostro controllo, pertanto quando le cose vanno male, o come non ci saremmo aspettati, è probabile che alcuni dubbi iniziano a entrare nei nostri pensieri.

"Sto facendo la cosa giusta?", "Mi sarò preparato abbastanza?""Dove sbaglio?", "Perché?"

Questo tipo di pensieri minano la sicurezza degli atleti, la loro confidenza. Sono pensieri negativi che è necessario allontanare e non è sempre facile.

Il miglior modo è quello di essere sicuri della propria tecnica, della propria preparazione e del proprio allenamento.

Eravamo sicuri che potevamo riuscirci, perché l'avevamo fatto così tante volte in allenamento che non c'era nessuna paura, solo calma e una concentrazione fredda, rilassata. (Flow in Sports, pag. 58, Susana A. Jackson, Mihaly Csikszentmihalyi, Human Kinetics, 1999).

Non si tratta di un atto di fede, ma di una sicurezza che deriva dall'esperienza, dalla solidità dei modelli esecutivi di riferimento, dall'allenamento e dalla consapevolezza delle proprie abilità.

Il successo passa dalla conoscenza, anche nello sport

Learning and Education
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Ogni atleta ha bisogno di feed back chiari su almeno tre aspetti fondamentali:

1) Il proprio fisico in relazione allo spazio di gioco;

2) esecuzione tecnica;

3) attrezzatura.

I tre aspetti si condizionano a vicenda, sono interconnessi. Una modifica dell'attrezzatura può ripercuotersi sull'esecuzione tecnica, così come può farlo una diversa preparazione atletica e una percezione diversa di se stessi nell'area di competizione.

Un cambiamento nella propria esecuzione può avere la necessità di essere accompagnato da una migliore o diversa preparazione.

Conoscere il proprio fisico, conoscere l'attrezzatura utilizzata, conoscere il proprio gioco.

Un atleta di livello internazionale non può fare a meno di queste qualità, le quali sono essenziali per tutti gli agonisti ed anche per i giocatori ricreativi con le dovute proporzioni.

Una delle situazioni più problematiche è quella che deriva dalla presenza di feed back ambigui, ovvero la difficoltà o l'impossibilità di distinguere la causa degli errori o di una o più prestazioni sottotono rispetto ai propri standard. Si ferma il processo di crescita, si insinua la sfiducia e si rischia l'involuzione.

Thomas Muster ne parlò in un'intervista alla BBC alcuni anni fa, quando dopo il successo al Roland Garros, nel 1995, il cambiamento della racchetta, finalizzato a giocare meglio sulle superficie veloci, innescò un processo di perdita di confidenza nelle esecuzioni. La transizione tra le due attrezzature non fu rapida e facilmente realizzabile come si poteva ipotizzare [Intervista a Muster].

Ne emerge che, nel tennis e negli sport in generale, la consapevolezza e l'incremento delle conoscenze sono divenuti e diverranno condizioni sempre più essenziali per le prestazioni degli atleti, ai quali sarà richiesto di sapere le basi sui materiali delle racchette, delle corde, conoscere un minimo i principi della fisica (momento elastico, momento d'inerzia, moto pendolare, il funzionamento delle leve). Sapere cos'è l'allenamento aerobico, quello anaerobico e quello in soglia. Conoscere il proprio vo2 max. Non perché ci sia un obbligo scolastico, ma perché un certo tipo di conoscenze di base sono utili nel caso in cui si debba comprendere meglio le cause delle proprie prestazioni, sia quando sono ottimali che quando appaiono al di sotto delle aspettative.

In linea generale si può affermare che gli sports crescono di complessità in base all'uso dell'attrezzatura e alla conformazione dell'aera di competizione o campo di gioco. Questo accade perché aumentano le variabili che influiscono sulle prestazioni del sistema atleta. Uno sciatore dovrà tener conto, oltre che del proprio fisico, degli sci, degli scarponi, delle lamine, del pendio di gara e del tracciato. Anche se ci sono ottimi ski man, al fine di fornire indicazioni essenziali dovrà avere un'infarinatura sulla preparazione degli sci. Troppo filo? Meno filo? Un maggiore o un minore angolo della lamina che effetti anno sulla sciata anche in base alle condizioni della neve?

Lo sport con meno variabili da questo punto di vista è l'atletica leggera, ma anche qui la complessità varia in base alla disciplina, perché ci possono essere attrezzature da utilizzare o presenti nell'area di competizione come nel caso della corsa ad ostacoli.

Nel tennis le conoscenze dovranno riguardare alcuni i principi della fisica relativi alle corde e alle racchette. Spesso nei circoli, per esempio, si sente utilizzare in modo improprio i concetti di leva o momento di inerzia. Per evitare fraintendimenti è opportuno invece essere il più precisi possibile e non dare nulla per scontato.

Un giocatore che conosce più cose è già un giocatore migliore. La mente umana lavora sulle conoscenze a livello inconscio anche solo per il fatto di essercisi imbattuta. Un atleta consapevole è un individuo che amplifica le proprie possibilità di successo e si mette nelle migliori condizioni per percorrere la strada di un'esperienza piena e soddisfacente.

E' in grado di correggere meglio gli errori, si rende conto quando e dove intervenire, ha una visione più chiara dei propri feed back di gioco, tecnici, atletici e di attrezzatura. Interagisce meglio con il proprio staff: preparatore atletico, mental coach, nutrizionista. Naturalmente la stessa avidità di informazioni è richiesta a tutto lo staff affinché la preparazione non soffra di ambiguità, che sono la ruggine negli ingranaggi di un giocatore.

Coloro che non si accontentano di esercizi ripetitivi, di un addestramento meccanico, ma scelgono un percorso di allenamento conoscitivo approfondito imparano prima, meglio, di più, e percorrono la strada verso il successo.

Federer, Djokovic, Nadal: un esempio di crescita e zona di comfort


Uscire dalla comfort zone diviene una necessità per affrontare nuove sfide e iniziare un percorso di crescita. Spesso è la paura del fallimento che trattiene le persone dal prendere i rischi necessari a migliorare. Rimanere ancorati nella propria zona di conforto e controllo, anche psicologico, impedisce di acquisire nuove abilità.

Il percorso, però, dovrà essere graduale con sfide di ambiente e personali commisurate alla crescita delle proprie abilità.

Infatti il rischio di fissare obiettivi troppo elevanti è concreto. Il risultato sarebbe quello di sentire il peso di una sfida come troppo grande e non riuscire ad affrontare con serenità il percorso di sviluppo tecnico e atletico, condizionati da una percezione che induce ansia e un senso di sfiducia.

Questo non significa abbandonare le proprie ambizioni ma, qualora fossero di alto livello, sarà opportuno suddividerle in un percorso di obiettivi più piccoli e graduali in modo da renderli singolarmente alla propria portata e non sentirli lontani e quindi demoralizzanti. Il percorso di crescita sarà gratificante, passando dall'acquisizione di nuove competenze fino al raggiungimento di un obiettivo, con il conseguente passaggio ad uno nuovo, più elevato. Una scala di crescita che può arrivare fino a propositi di alto profilo. Passaggi graduali percepiti come raggiungibili in relazione alla sviluppo delle proprie abilità, attraverso sfide tecnico agonistiche crescenti.

Una programmazione graduale è fondamentale, per evitare due estremi. Compiti da svolgere troppo difficili che possono indurre ansia, frustrazione e preoccupazione. Compiti da svolgere troppo semplici che possono suscitare perdita di interesse.

Sfide ed impegni eccessivamente semplici, percepiti sotto il proprio livello possono indurre noia e distacco, condizione che, anch'essa, può limitare, addirittura fermare, il processo di crescita dell'atleta.

Sono da evitare sfide troppo difficili e troppo semplici, ma nella realtà questo non è sempre possibile, perché possiamo trovare avversari troppo bravi per noi in quel momento o di un livello molto inferiore. Quando si verifica una di queste situazioni è opportuno definire chiaramente il nostro scopo principale il quale dovrà essere diverso dal raggiungimento della vittoria.

Nel primo caso, infatti, quello di un avversario superiore, vincere potrebbe essere un obiettivo troppo difficile da raggiungere; nel secondo eccessivamente semplice.

Stabilire un numero di punti da vincere sul servizio dell'avversario; proporsi di portare ai vantaggi un certo numero di giochi; concentrarsi nell'esecuzione di alcuni schemi di gioco ben riusciti sono solo alcuni esempi di obiettivi circoscritti all'interno di una sfida che potrebbe apparire insormontabile.

Questo metodo può essere utilizzato anche in caso di sfide troppo semplici, le quali sono pericolose perché rischiano di non coinvolgere l'atleta pienamente, sia dal punto di vista della concentrazione che dell'impegno. Sconfitte inaspettate contro avversari sfavoriti sono il risultato non raro di situazioni di questo tipo. Anche in questo caso circoscrivere i propri propositi di tecnici e di competizione risulta essere un buon metodo per mantenere un ottimo livello di focus sui compiti da svolgere. Non perdere mai il servizio; cercare di vincere ogni set con due break sul servizio avversario; alzare il numero dei vincenti o ridurre il numero degli errori gratuiti. La possibilità sono molteplici e possono essere definite dagli atleti insieme ai propri allenatori.

Gli incredibili risultati che sono riusciti a raggiungere Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic sono stati il frutto di una interazione reciproca, in cui i livelli dalla sfida venivano spostati sempre leggermente un po' più avanti ma non troppo. La percezione di un nuovo obiettivo raggiungibile un po' oltre la zona di comfort innesca percorsi virtuosi di crescita e massimo coinvolgimento psico fisico. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Il modello può essere riprodotto a tutti i livelli, anche per i giocatori di circolo e per i ragazzi dell'agonistica.

Obiettivi tecnici e di risultato via via crescenti e suddivisione in sotto target mirati definiscono il percorso e rendono percepibile la fattibilità evitando sotto coinvolgimento ed ansia da prestazione. 

Le aperture di dritto e rovescio

Non in senso classico.

Ampie, brevi, lineari o ovalizzate? Non parleremo di aperture in senso classico, ma dell'uso del braccio non dominate. Lasciamo alla personalizzazione e alla gestione tattica certe le scelte importanti ma non fondamentali come l'ampiezza e l'ovalizzazione.
Ci concentreremo sulla funzione del braccio sinistro per i destri e del destro per i mancini, la quale (funzione) rimane costante anche se l'intensità e la modalità del suo utilizzo possono variare. Alta, più bassa, breve, più lunga, amplissima ma è il braccio che non impugna la racchetta che partecipa attivamente per svolgere l'azione di apertura nel tennis. Almeno dovrebbe, perché non di rado molti si dimenticano di averlo e non lo usano sarebbe utile e funzionale.

Novak Djokovic. Dietro e in alto.

Oscillazione e rotazione.

Come è stato già ampiamente discusso possiamo ridurre ogni swing del tennis a due gesti fondamentali: un'oscillazione e una rotazione. Oscillazione del braccio racchetta dall'alto verso il basso e una rotazione del copro nella direzione della rete e del campo avversario. La mano che va sul cuore della racchetta o spara l'altra mano nei rovesci bimani svolge un ruolo preliminare essenziale per stabilire l'entità sia dell'oscillazione che della rotazione del busto.
Più il braccio è attivo maggiore sarà la su influenza. Nel rovescio tira un po' verso l'alto e all'indietro la racchetta e nel dritto spinge un po' verso l'alto e indietro.

Justin Henin

Questa azione consente di sfruttare maggiormente la discesa della racchetta e la rotazione del busto. Più la racchetta sarà in alto e maggiore sarà l'energia potenziale gravitazionale da sfruttare. Maggiore sarà la spinta indietro nel dritto e la trazione nel rovescio e maggiormente le spalle ruoteranno verso il fondo del campo, permettendo di avere un maggiore spazio per l'accelerazione della racchetta in successione alla rotazione del corpo in avanti.
Non dimentichiamo il braccio non dominate svolge un ruolo importante. Push back. Pull back. Spinge indietro e tira indietro dal cuore o dal manico come nel caso di Djokovic o di coloro che giocano il rovescio a due mani.

Roger Federer. Dietro e in alto.

Questa azione è comune a tutti i colpi; rovescio a una mano e a due, dritto e rovescio in back spin. In sostanza tutti i fondamentali da fondo campo. Ma svolge un'azione significativa anche nell'esecuzione delle volée seppur di minore rilevanza.
Consente di gestire l'ampiezza dell'oscillazione e della rotazione in avanti. Di conseguenza consente, in qualche modo, se saputa gestire, di gradualizzare la velocità del braccio racchetta con una gestualità dell'intero corpo e in decontrazione muscolare. Ogni giocatore troverà la propria personalizzazione del gesto cercano la comodità di esecuzione in base alle proprie caratteristiche.

Oscillazioni

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Semplifichiamo il caso Jannik Sinner: 2 categorie della normativa: 1. Nessuna negligenza 2. Negligenza non significativa. Se sei nella prima...