Il dritto di John McEnroe, perché pagò dazio a Ivan Lendl. Agassi tira troppo forte

John McEnroe la posizione del polso
nell'esecuzione del dritto
John McEnroe è stato uno dei più giocatori più talentuosi del circuito. Con sette titoli  dello slam vinti tra Londra e New York non può essere considerato oggi tra i più vincenti, considerato che sia Federer, Nadal che Djokovic hanno tutti superato la seconda cifra, però è da ritenere sicuramente tra i più talentuosi giocatori che abbiano mai preso una racchetta in mano.
Il talento non è facile da definire. E’ un insieme di molti aspetti e a seconda del punto di vista che usiamo per osservarlo ce ne possono essere di diverse tipologie. In linea generale possiamo stabilire che il talento rappresenti un insieme caratteristiche fisiche, tecniche e mentali che permettono a un individuo di eseguire determinati compiti meglio della maggioranza degli individui.
John è stato sicuramente un maestro nel gioco di volo, le sue abilità nel gestire volée complicatissime rimarranno forse ineguagliabili. Il gioco di volo è un insieme di prontezza di riflessi, sensibilità e intuizione delle traiettorie. Da questo punto di vista non c’è molto da dire sulle sue qualità di John McEnroe.

Può essere utile invece, ai fini di approfondire l'analisi dell’esecuzione dei colpi da fondocampo, prendere in esame di diritto di McEnroe, perché anche in questo caso dimostrò un talento particolare: quello di riuscire ad essere estremamente competitivo nonostante un’esecuzione che evidenzia alcune criticità. Analizzarle può aiutare ad osservare meglio alcune peculiarità esecutive che sono utili per comprendere meglio i concetti di doppio pendolo e pendolo singolo, l’acquisizione di energia gravitazionale potenziale, l'accelerazione in discesa della racchetta e la posizione del polso.
Il fatto che a un certo punto della sua carriera il suo gioco da fondocampo divenne debole, in senso relativo e nei confronti di altri giocatori come Ivan Lendl, e non in grado di sostenere scambi prolungati a velocità più sostenute fu dovuto credo ad alcuni aspetti tecnici dell'esecuzione.

Apertura ed esecuzione con oscillazione
pendolare
Dopo la finale del 1984 al Roland Garros persa contro Ivan Lendl dopo essere stato in vantaggio per 63, 62,, forse anche a causa di una condizione psicologica diversa, l’evidenza di una maggiore precarietà dei colpi da fondo di John McEnroe divenne più palese. Il tutto risalta maggiormente sulla terra battuta perché su questa superficie, ed in generale su quelle più lente, una mancanza di incisività e spinta nei colpi da fondo campo diventa più evidente perché non si può sfruttare a pieno la velocità di palla dell’avversario che tende a rallentare e alzarsi dopo il rimbalzo. Va trovata più energia con la propria esecuzione e lo statunitense con la sua esecuzione non riusciva sempre a trovarla.

L’apertura dal basso e minore accelerazione.
Fondamentalmente McEnroe nella preparazione del dritto usava un movimento pendolare all'indietro molto simile a quello del golf e che è chiamato back swing. Non aveva una preparazione che andava il prima possibile verso l’alto, come accadeva con Ivan Lendl, Bjorn Borg, Andre Agassi o Roger Federer per tornare ai tempi di oggi, bensì portava la racchetta bassa facendola risalire mentre andava all'indietro, percorrendo con il braccio l’intero arco. Questa azione comporta sostanzialmente due problemi principali e una serie di conseguenze.

Occorre più tempo per portare la racchetta in alto per poi farla ricadere sfruttando la gravità. Finché c’è tempo sufficiente il movimento si fermerà naturalmente risalendo, proprio come un pendolo che si ferma quando risale per poi tornare giù, ma nelle occasioni di gioco in cui c’è poco tempo a disposizione il giocatore è costretto a fermare il braccio per poi riportarlo in avanti per colpire prima che raggiunga il punto in cui si ferma naturalmente senza contrazione muscolare. In questo modo lo sforzo per fermare il braccio rischia di rendere il colpo aritmico aumentando i margini di errore, inoltre, nella fase di accelerazione, siccome l’ascesa della racchetta è stata fermata prima dell’apice il sistema racchetta braccio accumula meno energia potenziale gravitazionale di quella che avrebbe acquisito partendo da un punto più alto. In fase di discesa pertanto l’energia cinetica è minore. Il colpo rischia di essere più un colpo di opposizione piuttosto che un’esecuzione che conferisce energia, la quale pertanto dovrà essere ricercata con una più marcata azione muscolare di accelerazione in avanti.

Si potrebbe obiettare che sull'erba che si ha meno tempo per gestire questo tipo di apertura ed è vero, però è altrettanto acclarato che sull'erba anche un colpo di pura opposizione, con poca accelerazione, addirittura bloccato, giocato di precisione, sfruttando la velocità della palla in arrivo e i rimbalzi bassi può essere molto insidioso. Queste condizioni non si verificano sulla terra battuta, dove è necessario imprimere più energia alla palla affinché questa abbia velocità e rotazioni sufficienti per un gioco in grado di mettere in difficoltà il proprio avversario, soprattutto ad alti livelli.

Alla lunga una serie di colpi giocati con poca accelerazione mettono in una condizione di svantaggio il giocatore che li esegue, il quale è sempre costretto a giocare quasi in recupero, schiacciato dalla pressione del gioco del proprio avversario. La sensazione che John McEnroe giocasse sempre sul filo del rasoio dalla linea di fondo con una precarietà palpabile, sui campi lenti, è dovuta, ritengo, anche queste caratteristiche intrinseche di esecuzione.

Se osserviamo le immagini del video in cui l’americano colpisce alcuni dritti possiamo notare con chiarezza che l’azione del braccio è a un singolo pendolo, sia in fase di preparazione che di esecuzione in avanti. Rimane ancora più facile osservarlo perché la tecnica degli anni ‘60 e ‘70 non prevedeva l’uso del polso al novanta gradi. In questo modo vi è una minore necessità di rilascio delle articolazioni e della rotazione dell’avambraccio in chiusura del colpo, movimenti che a velocità naturale potrebbero trarre in inganno un osservatore. Infatti il polso di John è in linea con l’avambraccio, non si vede nessun grado di angolo, e il braccio viene mosso dall'altezza della spalla come se fosse un unico elemento racchetta compresa.

Questo consente all'americano di mantenere un alto livello di efficacia dei colpi e ridurre il numero degli errori,  perché utilizza la massa del braccio racchetta e tutto il raggio disponibile.
Con il polso in linea, però,  McEnroe perde la possibilità di impattare la palla un po’ più avanti rispetto al corpo, anche se conserva comunque ampi margini per esecuzioni efficaci, perché l’arco che compie il braccio rimane comunque molto ampio.

Roger Federer
Apertura più alta. Carica di energia gravitazionale potenziale.
Il dritto di John McErnoe è comunque un ottimo colpo, colpito a un pendolo, con l’esecuzione del polso in linea con l'avambraccio come nella “vecchia” scuola. Ha permesso allo statunitense di raccogliere molti successi ma alcune sue criticità hanno precluso al giocatore di essere competitivo sulle superfici più lente e soprattutto gli hanno impedito di avere un gioco da fondo campo che potesse meglio sostenere il suo gioco al volo. Le abilità di impatto e di coordinazione del giocatore hanno sopperito agli aspetti tecnici meno efficaci ma non hanno potuto fare tutto. Questo è stato uno dei motivi per cui John pagò dazio davanti al gioco più solido da fondo campo del suo rivale Ivan Lendl, che ha chiuso la sua carriera con otto vittorie slam, una in più dello statunitense.

Le parole di John riferite ad Andre Agassi rivelano quello che, oltre a un passaggio generazionale è stato anche un passaggio tecnico esecutivo, prima solo intuito da alcuni giocatori, e poi forse definitivo.
“Non ho mai giocato contro nessun giocatore che colpisca la palla così forte, così spesso e in maniera così accurata”. Disse John del Kid di Las Vegas.

Le qualità coordinative, le abilità di gestione dei movimenti sul campo, la destrezza e la competenza tattica di McEnroe sono maggiormente esaltate se consideriamo che è riuscito a rimanere ad altissimi livelli nel passaggio tra due “ere” tennistiche in cui il cambio di attrezzatura, dalle racchette di legno a quelle in grafite, consentì il definitivo cambiamento tecnico esecutivo.

P.s. In merito al diritto di Ivan Lendl dal filmato si vede che nella fase iniziale dell’apertura anche lui tende a portare la racchetta verso il basso ma poi con la propria azione il cecoslovacco alza il braccio ed il gomito in modo da portare il prima possibile la racchetta in un punto più alto da cui poter ridiscendere.

Gli effetti della mano e della presa sulla racchetta: baricentro, centro di percussione, esecuzione dei colpi

Magritte. Ombrello impugnato.
È fuori di dubbio che per giocare a tennis la racchetta vada impugnata, è una realtà ovvia ma forse è meno ovvio quanto vada stretta durante l’esecuzione dei colpi. La forza da esercitare sul manico dipende anche dal tipo di colpo che intendiamo eseguire e varia anche in base alle fasi dei singoli colpi.

Partiamo dalla constatazione che gli estremi sono da evitare. Stringere troppo il manico è da escludere per quasi ogni colpo perché renderebbe le articolazioni  e i tendini del braccio completamente bloccate in un esercizio di forza muscolare. Viceversa con una presa troppo blanda la racchetta rischierebbe di cadere di mano a ogni colpo un po’ più energico. Appare anche chiaro che il nostro corpo si regolerà in modo inconscio e automatico a seconda delle varie situazioni di gioco, ma nonostante questo comprendere alcuni aspetti di come la presa può influenzare i colpi può risultare utile.

Sarà utile anche capire, in linea generale, quali sono gli effetti che provoca una mano quando impugna una racchetta. Questi effetti dipenderanno anche dalla nostra mano, perché le mani non sono tutte uguali e fondamentalmente quando impugnano una racchetta aggiungiamo peso sul manico. Un studio del professor Rod Cross ha analizzato dal punto di vista fisico tutte le conseguenze e le modifiche che una mano media apporta a una racchetta quando questa viene impugnata. I cambiamenti saranno anche proporzionali alla stretta che viene utilizzata, perché il peso aggiunto aumenterà in relazione alla forza utilizzata per stringere il manico, se impugnano con due dita o con una presa molto blanda il peso aggiunto sarà minore rispetto a quello di quando afferriamo la racchetta in modo energico.

Fondamentalmente quando una racchetta viene impugnata alcuni degli effetti sono: spostare il nodo vibratorio del manico e il centro di percussione il cui acronimo è COP (Center of Percussion). Il centro di percussione è il luogo in cui traslazione e rotazione della racchetta, al momento dell’impatto, sono di uguale intensità ma di direzione opposta in un determinato punto perciò si annullano e nessuna sensazione di impatto viene trasmessa alla mano, si ha una percezione attutita delle conseguenze del colpo.
I nodi vibratori sono i luoghi in cui in una racchetta la frequenza delle vibrazioni è di circa 100Hz; (180hz per un telaio rigido) uno è posizionato nella zona del piatto corde e l’altro è nel manico. È da sottolineare che colpire nel centro di percussione non riduce le vibrazioni della racchetta.

“ Se si considera una racchetta che è sospesa liberamente su un lungo filo [... ]Se una palla colpisce il centro della massa (CM), la racchetta andrà indietro a una velocità V. Tutte le parti della racchetta andranno indietro alla stessa velocità V. Se la palla colpisce in qualsiasi altro punto delle corde, la racchetta avrà un rinculo e ruoterà anche attorno al suo CM (centro di massa). L'intera racchetta si allontana quindi dalla palla con una velocità V1 a causa del rinculo, ma il manico si muoverà simultaneamente verso la palla con la velocità V2 a causa della rotazione della racchetta. Se c'è un punto nel manico dove V1 = V2, allora quel punto rimarrà fermo e il resto della racchetta ruoterà attorno a quel punto […]. Tuttavia, la mano si estende su una lunghezza abbastanza ampia dell'impugnatura e ogni punto dell'impugnatura avrà un diverso centro di percussione sulle corde.
Sembra che non sia importante dove la palla colpisca le corde,  ci sarà un punto sotto la mano dove la forza è zero, ma ci saranno sempre altri punti in cui la forza non è zero. L'impatto fa rinculare la testa della racchetta, quindi l'intera racchetta ruota nella mano, esercitando una forza sulla parte superiore della mano e una forza nella direzione opposta nella parte inferiore della mano. La coppia  di forze fa ruotare la mano attorno ad un asse attraverso il polso. Tuttavia, se l'impatto  avviene al COP per la rotazione attorno alla fine del manico, allora la forza sulla parte superiore della mano è uguale e opposta alla forza sulla parte inferiore della mano, quindi non c'è forza netta sul mano o l'avambraccio. Pertanto, l'avambraccio non subirà una scossa improvvisa se la palla colpisce questo COP, ovvero quello in relazione alla fine del manico.”  Qui gli approndimenti.
Centro di percussione. Rod Cross.
http://www.physics.usyd.edu.au/~cross/
La massa di una mano quando impugna la racchetta ha come effetto anche quello di spostare il baricentro, o centro di massa, della racchetta in una zona più vicina al manico, la conseguenza è che anche il centro di percussione viene spostato dalla zona delle corde in una zona più vicino alla gola della racchetta.
“L'effetto della massa della mano è quello di spostare sia il centro di massa e il COP del sistema mano e racchetta più vicino la manico, spostando così il COP da un punto vicino il centro delle corde in un’area vicina alla gola di una racchetta.” Rod Cross.
Non entreremo ulteriormente nel merito degli studi del professor Cross quello che è opportuno notare è che l'indicazione del centro di percussione di una racchetta non impugnata (libera) non ha molta rilevanza in sé, perché l’effetto del peso della mano modifica sostanzialmente le caratteristiche dell’attrezzo e ovviamente la modifica dipende anche dal peso della mano del giocatore. Però è opportuno osservare che il mutare delle sensazioni di gioco quando prendiamo una racchetta diversa da quella con cui siamo abituati a giocare dipende sostanzialmente dalle caratteristiche dell’attrezzo (bilanciamento, inerzia, localizzazione del COP) modificate dalla nostra mano che la impugna.

Pertanto, considerato che la nostra mano rimane sostanzialmente invariata, per ritrovare le stesse sensazioni è opportuno non discostarsi troppo dalle caratteristiche del modello con cui siamo abituati a giocare, le quali forniscono le indicazioni di riferimento di peso, bilanciamento e inerzia (non sarebbe inutile se le case costruttrici iniziassero a indicare nelle specifiche anche il COP sul punto alla fine del manico). Questo è importante non tanto per il modello in sé ma per ritrovare il sistema con cui siamo abituati a giocare quando impugniamo la racchetta.

Un’altra conclusione da trarre è che, considerato che il centro di percussione si sposta in una regione vicino alla gola non riusciremo mai a colpire in questo punto con qualunque racchetta decidessimo di giocare escluse forse quelle molto bilanciate verso il piatto corde (head heavy) nelle quali l’effetto dell’impugnatura potrebbe far scivolare il COP in una zona ancora nei pressi del piatto corde.

Effetto nullo sulla mano. ( R. Cross)
http://www.physics.usyd.edu.au/~cross/
Quello che rimane da fare durante il gioco è concentrarsi nel cercare di allungare il sistema e cercare di giocare più di spalla e con l’intero braccio. Prepararsi a una presa maggiormente solida all’impatto affinché le forze della collisione vengano contrastate e permettano di mantenere solidamente la racchetta in mano, trasferendo in questo modo l’intera inerzia del sistema sulla palla senza perdere fermezza nella presa, condizione che potrebbe far girare la racchetta nella mano con perdita di precisione e potenza nei colpi.

Nei colpi del dritto, rovescio, servizio e smash durante la preparazione la presa deve essere morbida, leggera, in modo da non irrigidire il braccio che deve trovare le proprie accelerazioni in modo il più possibile decontratto. All’impatto la presa dovrà essere più solida ma non dovrà essere una morsa eccessiva la quale avrebbe come conseguenza, anche in questo caso, il blocco dell’azione fluida ricercata in precedenza.

Soprattutto l’intento dovrà essere quello di non ostacolare la forza centrifuga generata con lo swing in funzione di un allungamento del gesto. La massima attenzione dovrà quindi essere focalizzata sulla parte finale del palmo, mignolo, anulare e medio quando la racchetta inizia a tirare verso l’esterno con un’azione che permette lo sviluppo della velocità ma al tempo stesso di parziale contenimento, in modo che la racchetta non scivoli di mano. L’indice può essere usato con meno incisività in modo da non contrastare lo sviluppo dell’accelerazione.
Nel rovescio a due mani questa accuratezza dovrà incentrarsi sulla mano non dominante, quella più vicina al cuore della racchetta. La sinistra per i destri e la destra per i mancini.

Nei colpi al volo non è richiesta l’accelerazione dei colpi fondamentali, la presa pertanto dovrà essere ferma, ben solida e distribuita su tutta la mano in modo uniforme al momento dell’impatto, così da contrastare i passanti potenti. Ma al tempo stesso dovrà permettere un minimo movimento dell’avambraccio (ulna e radio) in modo da consentire un corretto posizionamento della testa della racchetta e favorire una rotazione all’indietro della pallina (back spin).  Non è il momento di usare la violenza è il momento di prendere una farfalla con un retino.
Nei colpi al volo alti, sopra la rete, vi sarà un minimo di movimento in più rispetto alle volée basse, ma sarà sempre limitato a poche decine di centimetri, privo di apertura, con presa sempre uniforme. E’ opportuno prendere la farfalla prima che scappi.

Il rovescio di Bjorn Borg. La leva delle spalle e l’accelerazione in progressione dei segmenti corti

Bjorn Borg, gira le spalle in preparazione.
Arti raccolti racchetta alta.
Il rovescio a due mani di Bjorn Borg è rimasto famoso nella storia del tennis. Cinque Wimbledon consecutivi e sei Roland Garros vinti fanno dello svedese, che si ritirò a soli ventisei anni, uno dei giocatori migliori della storia del tennis.

Le ragioni del successo dipendono da quello che si fa in campo e il gesto che si compie sul campo da tennis è colpire una pallina. È quindi ovvio che il modo con cui la si colpisce faccia la differenza tra vincere e perdere. Dovrebbero esserci di conseguenza delle ragioni che collegano la solidità agonistica dello svedese, la sua lunga striscia di vittorie e le modalità con cui eseguiva i propri colpi. Queste ragioni risaltano in modo abbastanza evidente ad un’analisi attenta. Risiedono nel fatto che, dal punto di vista tecnico, aveva sviluppato tutte quelle caratteristiche esecutive che permettono da un lato di ridurre il numero degli errori e dall’altro di mantenere una efficacia dei colpi notevole, in grado di mettere in difficoltà gli avversari. Il fatto che il suo sia stato considerato un tennis improntato a limitare il numero degli errori dipende più dalle racchette del tempo, di legno con ovali molto piccoli, piuttosto che dalla tecnica esecutiva dello svedese, la quale è da considerare all’avanguardia. Se ne deduce che quella che viene considerata la tecnica moderna esisteva anche prima che si iniziasse e definirla con questo aggettivo.

Prenderemo in esame il suo rovescio a due mani. Ritengo che queste due fotografie possano essere sufficienti per esaminare tre aspetti essenziali dell’esecuzione: l’azione delle spalle, l’accelerazione che  inizia con segmenti piccoli e leggeri, l’impatto con l’intero braccio e un raggio molto lungo.

Nella prima immagine Borg ha già aperto. Ha portato indietro le braccia e la racchetta, la quale rimane alta per accelerare in discesa grazie all'aiuto della forza di gravità. Lo svedese ha anche girato le spalle e molto, perché la schiena è quasi rivolta verso la rete, lo si vede dalla spalla destra completamente girata. Quest’azione consentirà nella fase successiva di ruotare le spalle di nuovo in avanti permettendo di conferire velocità al sistema racchetta-braccio che nel frattempo si è allungato, possiede un’inerzia maggiore e deve risalire. Più vengono girate le spalle in fase iniziale di apertura e maggiore sarà la “spinta accessoria” nella fase successiva.

L'impatto con un'azione unica dei bracci. che si distendono
alla ricerca di un pendolo singolo
Le braccia nel frattempo hanno accelerato iniziando dalla racchetta e tutti i segmenti si sono uniti in un unico pendolo: racchetta, avambraccio, braccio. Il polso della mano sinistra ha preso la posizione a 90 gradi che conserverà fino all’impatto.

Questo consente al tennista di avere molti vantaggi. L’arco più ampio di esecuzione con il raggio lungo ed il polo di rotazione all’altezza delle spalle consente di ridurre i margini di errore all’impatto rispetto a un arco più piccolo con il polo nelle vicinanze dell’avambraccio. Borg va all’impatto con il massimo raggio e quindi anche con maggiore massa e cerca di far acquisire la maggiore velocità possibile al proprio braccio racchetta, sfruttando tutte le realtà fisiche disponibili: forza di gravità, l’inerzia minore dei segmenti più brevi e infine la leva vantaggiosa della rotazione delle spalle.

Si tratta di un’esecuzione tecnicamente ineccepibile che non ha nulla di diverso dai colpi che vengono considerati moderni. Un’esecuzione di questo tipo permette anche un accompagnamento maggiore del colpo; un follow through che consente di oltrepassare idealmente il punto di impatto con tutte le braccia e la racchetta.

Se limitiamo l’osservazione al braccio dominante, in questo caso il  sinistro, la tecnica rispecchia quella di un dritto mancino in cui tutte le fasi sono eseguite in modo accurato dallo svedese. Le gambe forniscono estrema solidità e non permettono alle forze in gioco nella parte alta del corpo di far perdere l’equilibrio all’atleta che cerca di dare massima linearità al proprio colpo. La rotazione alla palla non viene conferita dalla rotazione degli avambracci ma dall’intero movimento delle braccia e dal loro angolo di incidenza con il terreno di gioco. Più il movimento sarà verso l’alto e maggiore sarà la rotazione impressa alla palla grazie anche alla maggiore massa in gioco, al raggio più lungo, oltre che alla velocità.

Questo colpo è stato fondamentale per il dominio di Bjorn Borg tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80. Si tratta di un colpo moderno la cui dinamica permette, a chi la padroneggia, come accade anche oggi (Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic), di avere vantaggi molteplici in fatto di riduzione degli errori ed efficacia.

Non è semplice acquisire l’automatismo di questo tipo di colpo ma ricercarlo dovrà essere l’intento consapevole di ogni allenamento, perché, anche se non escludo che lo si possa imparare semplicemente provando, quasi casualmente, è meglio ottimizzare il tempo a propria disposizione. Se qualche cosa è già stata scoperta perché ignorarla per poi riscoprirla da capo?

Gli avambracci ruotano ma la palla è già fuori dall'obiettivo
Inoltre un allenamento ed un’acquisizione consapevole del gesto rimarrà indelebile tra le nostre abilità tennistiche. Sarà pertanto più semplice riprendere a giocare anche dopo un periodo di inattività. In caso contrario rischieremmo di perdere tempo a cercare di ritrovare un colpo che non è mai stato nostro, perché non lo abbiamo mai compreso fino in fondo.

P.S. Come si può notare dall'ultima foto inserita (anche se non riguarda lo stesso colpo delle precedente immagini) la rotazione degli avambracci avviene solo sul finale del colpo, quando la palla è già stata colpita, in quanto le braccia non possono più avanzare come un unico elemento e sono costrette a chiudersi su loro stesse usando le naturali articolazioni.

Le inerzie nel tennis e come evitare il secondo pendolo: servizio, dritto rovescio e smash

Bjorn Borg con un'azione a un pendolo singolo all'impatto
Un oggetto lungo e pesante è difficile da accelerare, perché possiede più inerzia di uno corto e leggero, ma una volta in velocità sarà anche più difficile da fermare. L'inerzia di un corpo, infatti, indica la sua tendenza a mantenere il proprio stato di movimento o di quiete.
In ogni colpo del tennis in cui è prevista un'accelerazione della racchetta avremo pertanto a che fare con le inerzie. Non una sola inerzia ma più inerzie: l'inerzia della racchetta ma anche le inerzie delle parti del nostro corpo. Dritto, rovescio, servizio e smash, sono da escludere solo i colpi al volo dove non c'è un movimento articolato di accelerazione della racchetta.

Pertanto è essenziale acquisire dimestichezza e abilità nel muoversi sfruttando tutti segmenti del nostro corpo affinché si possa agire sugli assi più corti in modo da accumulare energia cinetica che permette di velocizzare quelli via via più lunghi. Il tennis è un gioco di inerzie e di collisioni. Riuscire ad accelerare un corpo più pesante e più lungo rappresenterà un vantaggio al momento dell'impatto perché la massa e la sua distribuzione permetteranno di avere un “momentum” maggiore all'impatto. Questo rappresenta un vantaggio sia dal punto di vista della velocità di palla che delle rotazioni impresse, ma anche per il controllo dei colpi.

Jimmy Connors. E' improbabile che vada a ruotare
gli avambracci prima dell'impatto.
Infatti lo scopo principale del tennis risiede nel cercare di indirizzare una pallina in un luogo preciso per mezzo di una collisione. Il mondo migliore per farlo è quello di avere uno scontro “vantaggioso” e per averlo la lunghezza del raggio, la distribuzione della massa, oltre alla velocità dell'oggetto sono condizioni essenziali.

Un oggetto lungo e pesante, a parità di velocità, farà molti più danni di uno più leggero e più corto in una collisione. Questo può essere sperimentato anche empiricamente accelerando una penna o una racchetta. Sotto un certo peso, inoltre, anche questo è empirico, l'aumento della velocità della penna non sarà in grado di compensare la mancanza di massa e la sua distribuzione rispetto alla racchetta. Se vogliamo spostare con un colpo un oggetto e mandarlo nella direzione desiderata non possiamo agire solo sulla velocità, ma il nostro intento dovrà essere quello di accelerare l'oggetto più lungo e più pesante a nostra disposizione.
Per questi motivi sono propenso a ritenere che l'esecuzione tennistica  in cui nella fase finale si utilizza il doppio moto pendolare non sia tra le più efficienti.

Se nella prima fase c'è stata la ricerca di velocità, su assi di rotazione brevi, al fine di portare all'impatto l'intero braccio con la massima accelerazione possibile tornare a ridurre la lunghezza del raggio (con la pronazione o la supinazione dell'avambraccio, l'uso del gomito o del polso) prima dell'impatto non ha alcun senso razionale.
Acquisteremo un po' di velocità in più ma l'oggetto portato alla collisione sarebbe sensibilmente più corto e meno pesante.

Justine Henin. Rovescio a una mano.
In una spledida azione ad un pendolo
senza soluzione di continuità
Un modello razionale di colpo avrà quindi come obiettivo l'utilizzo progressivo di oggetti corti in funzione dell'accelerazione di un oggetto più lungo. Racchetta, polso, avambraccio per arrivare all'”oggetto” racchetta e braccio, il quale dovrà essere considerato un tutt'uno, con la racchetta la quale diviene un prolungamento del braccio e non un semplice prolungamento della mano o dell'avambraccio, come accadrebbe se entrasse in gioco l'asse di rotazione a cinque centimetri dalla fine del manico. Come nel caso di rotazione dell'avambraccio nella fase precedente all'impatto.

E' un gioco di inerzie in cui segmenti brevi e leggeri, che possono essere velocizzati più facilmente, trascinano in successione altri segmenti sempre più lunghi e pesanti fino a comporre l'oggetto finale che procede verso la collisione. Non credo ci sia un motivo logico per smantellare sul finale (prima dell'impatto) quello che l'azione ha costruito pazientemente in progressione.

Nel dritto l'esecuzione si sviluppa, dopo aver girato le spalle in apertura, con la supinazione dell'avambraccio in discesa (il tappo della racchetta ora è rivolto verso la rete, il polso è a 90 gradi)la forza di gravità agevola l'accelerazione dell'avambraccio e poi del braccio, che ormai è completamente disteso (o quasi), pronto per andare all'impatto. A questo punto però l'oggetto è lungo e pesante (l'intero braccio con la racchetta) e deve iniziare a risalire quindi la rotazione delle spalle e della anche permette (con leva vantaggiosa) un'ulteriore accelerazione o la compensazione della perdita di velocità. Il sistema racchetta braccio va all'impatto, ma oltre una certa distanza non potrà più avanzare come un elemento unico perché è collegato al corpo quindi entreranno in gioco gli snodi del polso, del gomito e della rotazione dell'avambraccio. L'impatto ideale deve avvenire prima di questa fase, anche se la racchetta non ha la massima velocità il peso dell'intero sistema e la lunghezza del raggio dall'asse di rotazione compenseranno ampiamente una possibile riduzione di velocità. Non credo ci sono motivi di dubitare che il “momentum” sarà maggiore.

Roger Federer
Nel rovescio a due mani la dinamica di esecuzione è molto simile, considerato che il movimento è condotto dalla mano dominante (quella più vicina al cuore della racchetta) che agisce come in un colpo del dritto. Il braccio non dominante si muove in modo simile all'esecuzione di un rovescio a una mano, con l'eccezione della parte finale dove non può allungarsi oltre un certo limite, perché l'altro braccio ne impedisce l'avanzamento. La conseguenza è che il punto d'impatto ideale sarà meno avanzato e il finale del colpo inizierà prima.

L'esecuzione del rovescio a una mano si compone della stessa dinamica che però si realizza in modo speculare. Le spalle in fase di apertura vanno girate maggiormente (come se volessimo esporre la schiena alla rete divisoria) in quanto in fase di esecuzione non ci sarà l'ingombro del corpo, quindi l'azione di rotazione delle spalle dovrà partire con un angolo maggiore fin dall'inizio per essere sufficientemente ampia.
La racchetta cade con la pronazione dell'avambraccio dopodiché il braccio è pronto per distendersi in avanzamento in tutta la sua lunghezza che comprenderà la racchetta come elemento unico dell'insieme.

Rafael Nadal
Il servizio è un colpo che da questo punto di vista merita un'attenzione analitica particolare. Esistono le stesse dinamiche dei segmenti piccoli che accelerano in progressione affinché il segmento più lungo arrivi all'impatto nella sua interezza. Quest'azione avviene nella fase di accelerazione del mulinello dietro la schiena, ma affinché l'impatto avvenga in modo corretto è opportuno, data la presa continental, ruotare l'avambraccio (pronazione). L'azione avviene all'ultimo momento ma dovrà essere funzionale a favorire l'impatto con l'intero peso del corpo su un asse di rotazione che ha come riferimento ideale il proprio sterno. La pronazione finale, poco prima dell'impatto, è da considerare come un'accelerazione in più che deve essere assecondata dalla rotazione del corpo il quale deve essere coinvolto nell'impatto con l'intero suo peso.
La massima attenzione va quindi prestata a non isolare il movimento di pronazione colpendo solo di avambraccio, ma nello sfruttare un'ulteriore accelerazione dell'avambraccio e della racchetta da connettere dinamicamente all'azione di rotazione delle spalle e del proprio corpo in modo da raggiungere il punto di collisione con un'unica azione pendolare. Maggiore massa, maggiore raggio, maggiore velocità.

Lo smash nella dinamica del movimento del braccio non differisce dal servizio. Il colpo è reso più difficoltoso dal fatto che la palla non viene lanciata dal giocatore, ma l'intero campo a disposizione come area valida e il fatto che spesso lo smash viene eseguito all'interno del campo diminuiscono molto le possibilità di errore.

Nelle fotografie si può osservare bene il finale dell'azione dei vari giocatori che portano all'impatto l'intero sistema racchetta braccio in un'unica azione pendolare, mente la preparazione in fase di accelerazione è avvenuta su più segmenti.

Il servizio: salto, atterraggio e trasferimento del peso

Un servizio in grado di mettere in difficoltà il proprio avversario deve avere alcune caratteristiche fondamentali le quali riducono i tempi di preparazione della risposta. La varietà di rotazioni e la velocità della palla sono due aspetti in grado di svolgere questo compito. Essere in grado di servire velocemente e imprimendo una buona rotazione alla pallina, sia che si tratti di kick o slice, è un’abilità indispensabile non solo nel tennis professionistico di alto livello, ma anche negli incontri amatoriali di circolo. Con il tempo ridotto l’organizzazione corretta della risposta diviene più difficoltosa, con la conseguenza diretta di un aumento percentuale degli errori in risposta.
Un fattore che consente di migliorare queste due caratteristiche risiede nel riuscire a trasferire il peso del proprio corpo sulla palla nel momento dell’impatto. È naturalmente di fondamentale importanza la velocità del braccio, ma da sola è da considerarsi un'arma spuntata perché non è sufficiente a imprimere sufficiente velocità e rotazione se non in casi sporadici e al prezzo di uno sforzo muscolare eccessivo, poco efficiente, nonché rischioso a causa di un aumento delle probabilità di infortunio.

Al fine di ottenere un gesto morbido, fluido, meno muscolare e con una maggiore efficienza riguardo a velocità e rotazioni è necessario avere un corretto trasferimento del peso del corpo.

Due sono gli aspetti tecnici su cui soffermarsi che svolgono un ruolo cruciale per ottenere l’obiettivo desiderato:
    1. La rotazione delle spalle in sincronia con il progressivo allungo del braccio dopo il mulinello;
    2. L’intenzione di effettuare un passo in direzione del campo che, nel servizio agonistico, diviene un salto.
Questi due fattori insieme forniscono quanto necessario per migliorare progressivamente il proprio servizio.
La rotazione delle spalle, come accade anche nel dritto, permette di non rimanere “chiusi” lateralmente nei confronti della rete ma di mettersi in una posizione più frontale che migliora anche la visione. In più consente di mantenere la velocità del braccio o di aumentarla utilizzando la leva produttiva della torsione delle spalle, condizione che si verifica in modo simile anche nel dritto. Ma c’è un ulteriore vantaggio che può essere considerato una conseguenza indiretta ma molto importante: la rotazione permette di trasferire il peso del corpo nella direzione dell'impatto.
Questo movimento in sincronia con il muoversi di un passo o con un salto nella direzione del campo consente di raggiungere il risultato voluto: imprimere maggiore velocità e rotazione al colpo del servizio utilizzando il peso del proprio corpo.

Per quanto riguarda il passo in direzione del campo è opportuno fare alcune ulteriori considerazioni. All’inizio della fase di apprendimento le gambe si muovono spingendo in alto e in avanti me senza staccarsi dal terreno. Il trasferimento del peso avviene come se volessimo camminare nella direzione in cui si vuole indirizzare la palla. Sarà pertanto la gamba ed il piede che sono dal lato della racchetta ad entrare per primi nel campo come risultato della rotazione e dell'accompagnamento del colpo con il proprio corpo.
Con il tempo, man mano che si progredisce con la tecnica, sarà opportuno imparare a saltare in ricerca attiva della palla sia per guadagnare centimetri in altezza sia per imprimere maggiore energia al colpo. Il meccanismo della spinta di gambe può essere eseguito in modi che differiscono leggermente tra di loro.

Una prima soluzione risiede nella possibilità di saltare direttamente dopo aver preso un appoggio ampio ma naturale delle gambe. In questo caso la rotazione del corpo avviene totalmente in fase aerea. Il corpo in fase di lancio si prepara immediatamente al salto piegando le gambe.

Una seconda possibilità, più diffusa tra le donne, è quella che, sempre partendo da una base ampia, avvicina il piede del lato racchetta all’altro per poi saltare. In questo modo la rotazione rischia di non avviene totalmente in fase aerea ma di iniziare con i piedi che sono ancora atterra per poi saltare successivamente. E’ un tipo di servizio con il quale, in linea generale, si acquisisce meno energia da trasferire sulla palla.

C’è poi un’altra considerazione da fare per il primo caso e riguarda il piede con cui si atterra in campo dopo il colpo. La soluzione più diffusa è quella di atterrare con la gamba dal lato che non impugna la racchetta. Ma ci sono stati giocatori come Boris Becker che invece atterravano con il piede dal lato della racchetta. Questa seconda soluzione facilita una rotazione completa del corpo in fase finale e l'avanzamento in direzione della palla e del campo. Inoltre la rotazione, dal punto di vista cinestetico, sembra essere innescata in modo più omogeneo da entrambi lati del proprio corpo.

Una controindicazione può essere data dal fatto che si rischia di andare in extra rotazione perdendo energia da scaricare sulla linea del colpo; potrebbe essere inoltre più difficile mantenere un equilibrio dinamico. E’ come se si compisse un intero passo in aria per appoggiare la gamba che era arretrata.

Nel caso di atterraggio con la gamba dal lato senza racchetta vi è meno avanzamento verso la rete e la rotazione delle spalle e del corpo si compie come se non concludesse un passo all’interno del campo. La rotazione, innescata con maggiore intensità dal lato del corpo che non impugna la racchetta, con un movimento che si conclude maggiormente su se stesso, permette una ricaduta sulla gamba che era davanti anche al momento dell’inizio dell’esecuzione.

Ritengo sia opportuno provare entrambi i modi di colpire per poi trovare quello con cui ci si trova meglio e si ha più sicurezza.


La teoria del martello e del chiodo, come combinare le variabili nel tennis (massa, raggio, velocità)

Abbiamo già visto che, se osserviamo gli aspetti fisici e scientifici del gioco del tennis, la fin troppo osannata ricerca della velocità non è tutto. Momento d’inerzia, momento angolare, velocità tangenziale suggeriscono che per migliorare il proprio modo di colpire si può agire anche su altri fattori come la massa o la lunghezza del raggio, che è data dal punto in cui decidiamo di far ruotare il sistema racchetta-braccio. Possiamo quindi variare il nostro modo di giocare agendo anche sull'asse di rotazione utilizzato. Tali cambiamenti modificheranno il “sistema di gioco” che potrà variare da un sistema più corto mano racchetta, ad uno intermedio avambraccio racchetta fino ad uno più lungo racchetta-intero braccio. L‘abilità nel gestire gli assi di rotazione, ovvero tutti i segmenti del proprio corpo, va imparata giocando e permette con l’esperienza di gestire i colpi, per esempio nel servizio, che includono anche parte della spalla e del torace come punto da cui far partire il raggio di riferimento.

Riuscire a giocare con un raggio più lungo è fondamentale perché non solo aumentiamo la variabile raggio (lunghezza del sistema dall’asse di rotazione) ma anche il peso. Il peso del nostro avambraccio con l’aggiunta della racchetta sarà sicuramente maggiore del peso della sola nostra mano insieme alla racchetta. Non è domanda assurda da fare chiedersi se coloro che hanno un braccio più lungo sono avvantaggiati nel colpire con una maggiore inerzia rispetto a coloro che hanno un braccio più corto. La risposta non può che essere positiva: non solo il raggio è più lungo, ma un braccio più lungo è presumibilmente anche più pesante a meno di casi limite in cui il peso specifico sia molto basso e compensi in negativo la maggiore lunghezza. Inoltre tutte le masse in gioco vanno calcolate prendendo la distanza al quadrato dall’asse di rotazione come indicato dalla formula del momento d’inerzia. Quindi fatte salve situazioni di ossa cave, molto leggere, predisposte al volo come quelle degli uccelli, i vantaggi sono da considerare consistenti anche senza scendere in calcoli matematici.

credit: Daniel A. Russell
Per cercare di migliorare il nostro gioco è ovvio che non possiamo far crescere il braccio che la casualità genetica ci ha dato, ma possiamo solo, per mezzo dell’esecuzione tecnica cercare di utilizzarlo al meglio in tutta la sua lunghezza e con tutto il suo peso. Naturalmente anche la velocità è una variabile da considerare: maggiore energia cinetica accumuliamo e maggiore sarà l’energia trasferita nella pallina. Però riguardo alla velocità è opportuno fare alcune considerazioni in merito alla precisione dell’impatto.

Tutti hanno piantato un chiodo nella vita e questa semplice esperienza può tornare utile per fare alcune osservazioni. Credo sia fuori dubbio che aumentando la velocità del martello il rischio di prendersi una delle dita, che sostengono il chiodo, aumenti notevolmente. La conclusione da trarre è che aumentare la velocità fa perdere in precisione. Esistono sicuramente persone che sono più abili di altre nel mantenere una maggiore precisione quando aumentano la velocità e sicuramente si tratta di un’abilità che si può allenare con l’esercizio. Ma è altrettanto ovvio che tutti hanno i propri limiti perciò oltre un certo livello di accelerazione in sicurezza aumenteranno solo gli errori. Anche nel tennis si ha una situazione di questo tipo ma per avere lo stesso effetto sulla pallina possiamo aumentare la massa allungando il raggio o anche aumentando il peso della racchetta. E’ come se utilizzassimo un martello più pesante che permette di ridurre la velocità per avere maggiore precisione ma mantenendo lo stesso effetto di impatto sul chiudo o, nel caso del tennis, sulla pallina.
Esiste pertanto la possibilità di mantenere l’efficacia dei colpi agendo su variabili diverse dalla velocità le quali consentono di ridurre gli sbagli dovuti all’ imprecisione. Anche se un “oggetto” più lungo e più pesante, come può essere l’intero braccio di un uomo, è più difficile da accelerare e può perdere in velocità l’incremento delle altre variabili (massa, raggio) compensa la perdita della prima variabile, la velocità. Studi sul baseball evidenziano proprio questo aspetto: la massima velocità della pallina si ottiene con una aumento del peso della mazza e una riduzione della velocità. Se si aggiunge un aumento dell’accuratezza all’impatto le conseguenze da trarre sono chiare.

E’ opportuno quindi acquisire l’abilità di andare all’impatto con l’intero braccio e quando possibile con parte della struttura del proprio corpo in modo da aumentare massa e raggio disponibili anche riducendo la velocità entro limiti accettabili. Per calcoli più accurati sarebbero necessari macchinari e sensori ad alta precisione di cui non tutti dispongono ma le linee generali sono inequivocabili e delineano una situazione in cui la ricerca ossessiva della velocità non ha senso di esistere. Sicuramente non prima di avere acquisito altre qualità di gestione del proprio corpo in funzione tecnico esecutiva.

Queste considerazioni sono da considerare valide per tutti i colpi fondamentali del tennis. Servizio, dritto e rovescio dovranno essere allenati ricercando la massima velocità, ma sempre in relazione a un gesto tecnico basato anche sul massimo raggio di esecuzione e di conseguenza su un peso effettivo all’impatto maggiore.
Evitare di darsi una martellata su un dito è sempre un’ottima scelta.

Il servizio: il lancio di palla e la linea di alzata


Andy Murray Foto AP
Il servizio è uno dei colpi più importanti nel tennis, forse addirittura il più importante. Prima dell’introduzione del tie break se si possedeva un buon servizio tecnicamente era impossibile essere sconfitti, senza perdere un game al servizio. Anche oggi se siamo in grado di tenere sempre i nostri turni di servizio abbiamo la garanzia di arrivare a sei game e disputare un tie break per decidere il vincitore del set. La più lunga partita mai disputata a Wimbledon tra Isner e Mahut e terminata 70 a 68 nel quinto set è il simbolo di tempi che non torneranno, dopo l’introduzione del tie break nel quinto set anche ai Championship. Ma anche con i tie break il servizio mantiene la propria fondamentale importanza nel gioco tennis.

In teoria si potrebbe servire talmente bene ed in modo efficace da impedire sempre all’avversario di rimettere la palla in gioco e questo rappresenterebbe un enorme vantaggio. Sarebbe sufficiente una risposta discreta per vincere la partita. Si tratta ovviamente di una situazione irrealizzabile nella realtà ma allenare il proprio servizio rimane una priorità nel gioco del tennis. Spesso però questo colpo viene trascurato anche se una buona esecuzione permette di raggranellare punti con uno sforzo minimo.

Roger Federer (lancio di palla)
Il servizio è un colpo in cui abbiamo il pieno controllo sia dell’esecuzione che della pallina, la quale è nel possesso fisico del giocatore al servizio. La tecnica del servizio, salvo qualche accorgimento, è rimasta fondamentalmente la stessa nel tempo. La presa è la continental ed è fondamentale il trasferimento del peso del corpo sulla pallina. Entreremo nel merito anche della meccanica esecutiva in relazione agli assi di rotazione in gioco ma il primo aspetto su cui porre l’attenzione è il lancio di palla. Un lancio di palla corretto e preciso è cruciale per l’intera esecuzione. Non colpiremo mai bene se lanciamo storto, all’indietro e siamo costretti a perdere l’equilibrio e la direzionalità del peso del nostro corpo. Il nostro corpo infatti deve andare nella direzione in cui volgiamo mandare la palla e se perdiamo il bilanciamento prima di colpire questo non è possibile, il colpo sarà debole, precario e aumenterà il numero degli errori.

Per questo motivo il lancio di palla dovrà essere effettuato in modo da facilitare il trasferimento del peso nella direzione scelta per il colpo.
  1. Dovrà essere all’interno del campo e non all’indietro
  2. Non dovrà essere eccessivamente laterale, né a destra né a sinistra.
  3. Non dovrà essere nemmeno eccessivamente in avanti.
  4. Dovrà essere indicativamente a ore 12 rispetto al nostro corpo.
Ogni giocatore troverà poi con il tempo il proprio lancio ed il proprio punto di impatto ideale a seconda delle proprie caratteristiche, ma per abbassare il numero degli errori e limitare i lanci sbagliati è opportuno valutare alcuni aspetti, per comprendere come si muove il braccio che lancia la palla.

Per evitare l’errore più comune che è quello lanciarsi la palla dietro le spalle è opportuno che il braccio con cui lanciamo la pallina esegua il proprio compito rimanendo il più possibile parallelo alla riga di fondo campo. Il punto di riferimento dovrà essere questa riga perché se il braccio vi rimane parallelo sarà di fatto impossibile lanciarsi la palla dietro, in direzione dei teloni di fondo. Come si può notare dalle foto (Andy Murray e Roger Federer) tutti i tennisti professionisti utilizzano questo accorgimento chi più chi meno. La linea verde rappresenta la corretta linea di alzata del braccio mentre quella rossa è da considerarsi un errore.

Stefanos Tsitsipas (lancio di palla)
Utilizzando la linea di alzata parallela alla riga di fondo possiamo gradualmente iniziare a trovare il nostro corretto angolo personale di lancio all’interno del campo che dipende anche dalla proprie caratteristiche fisiche come l’altezza e dalla tecnica di esecuzione. In questo modo però i tentativi possono avvenire per gradi e attraverso piccole modifiche successive, perché essendo il braccio parallelo avremo sensazioni più precise di come e quanto lanciamo in direzione del campo. In questo modo male che vada il lancio sarà sulla linea e da qui potremo partire per trovare lanci che consentono servizi più aggressivi.

Con il braccio che si sposta verso una posizione sempre più perpendicolare rispetto alla linea di fondo i margini di errore aumentano. Il lancio nella sua direzionalità (in avanti o indietro) sarà sempre più soggetto all’angolo che compie il braccio con il copro nel momento in cui la pallina viene lasciata. La pallina tenderà a seguire la tangente e superati i 90 gradi sarà più facile ritrovarsi una palla che si muove verso la fine del campo.

Il nostro braccio, infatti, nel momento del lancio, percorre l’arco di una circonferenza il cui raggio è il braccio stesso. Tenerlo parallelo permette di escludere l’imprecisione in arretramento. Come si può notare nella foto di Tsitsipas, che per altro nel recente Australian Open (2019) abbiamo visto sbagliare numerosi lanci di palla, quando l’angolo tra il braccio e il corpo supera i 90 gradi la tangente sul punto di rilascio avrà una direzione che porta dietro la nostra testa. Il lancio tenderà quindi ad andare dietro di noi con tutte le conseguenze relative del caso. Il lancio con l’alzata perpendicolare è molto difficile da eseguire con precisione perché richiede una sopraffina sensibilità nello scegliere sempre lo stesso angolo di rilascio della palla o di cambiarlo al momento opportuno se si vuole cambiare tipologia di servizio (slice, kick, piatto). In partita, sotto sforzo e con la tensione può essere una situazione ingestibile.

L’alzata parallela possiede anche altri vantaggi. È indubbio che sia possibile ancora sbagliare il lancio lateralmente ma anche in questo caso si riducono molto i margini di errore e soprattutto si elimina la maggior parte degli sbagli macroscopici.

Intanto l’errore verso il lato della racchetta è meno probabile perché, come analizzato, dopo i 90 gradi la pallina avrà la tendenza a venire verso di noi ma in questo caso sarà comunque all’interno o sulla linea del campo.

Anche nel caso di un errore in direzione dal lato del braccio di lancio le tolleranze sono a mio giudizio maggiori. Intanto un lancio più a sinistra nei destri e a destra nei mancini rappresenta il lancio del servizio in kick, ovvero con la rotazione in avanti impressa alla palla. In questo caso andremmo colpire leggermente sopra la nostra testa ma sempre con la propensione all’avanzamento perché la palla sarà sempre all’interno del campo di gioco, o sulla riga, nel punto di impatto.
La nostra proiezione in avanti consente meglio di gestire lanci non perfetti perché visione e trasferimento del peso consentono di andare a colpire attivamente anche palle leggermente spostate.
In più il lancio con il braccio parallelo permette di utilizzare lo stesso tipo di lancio per tutti i tipi di sevizio sfruttando la maggiore tolleranza laterale che abbiamo per colpire e per lanciare. Non è un vantaggio da poco.
  1. Servizio slice con la palla leggermente verso il lato racchetta.
  2. Servizio piatto con la palla più sopra la testa.
  3. Servizio in kick con la palla più verso la spalla di lancio.
Un ulteriore beneficio risiede in una ulteriore torsione delle spalle quando il braccio di lancio si muove con quello che impugna la racchetta verso la riga, affinché si possa svolgere la successiva rotazione per andare all’impatto.

Naturalmente esistono molte posizioni intermedie tra un braccio di lancio perfettamente parallelo e uno perpendicolare alla riga di fondo campo e ogni giocatore potrà scegliere quella che più gli si confà, tenendo comunque presenti sia le caratteristiche che i vantaggi. Tra i pro si possono trovare varie soluzioni: Djokovic, per esempio, opta per un braccio di lancio posizionato intorno ai 45 gradi ma tanto più ci si sposta verso la posizione perpendicolare e maggiori dovranno essere le abilità di precisione richieste nel lancio perché maggiori saranno i margini di errore.

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