Un’analisi di dritto comparato: Juan Martin Del Potro, Matteo Berrettini, Roger Federer e Novak Djokovic

Berrettini. Dritto.
Braccio, anche, spalle, impugnatura.
Le fotografie sono state scelte in quanto sono indicative di tipi diversi di esecuzione. Mettono in evidenza diversi aspetti fondamentali di due modi di eseguire il fondamentale di dritto.

Tra Matteo Berrettini e Juan Martin del Potro non c’è molta differenza fisica: l’italiano, stando ai dati di Wikipedia, è alto 1,96 metri per 94 chili l’argentino è un 1,98 metri per 97 chilogrammi. Entrambi gli atleti possiedono un colpo molto esplosivo ed efficace, ma da punto di vista esclusivamente tecnico quello dell’argentino è preferibile. La carriera di Del Potro è stata funestata da infortuni ma questo non ha impedito all’argentino di mostrare la devastante azione del suo dritto che lo ha messo in condizione di competere alla pari e vincere con i migliori tennisti del suo periodo tra cui Roger Federer e Rafael Nadal. Da segnalare la vittoria dello Us open del 2009 ottenuta sconfiggendo proprio un vent’ottenne Federer in finale.
L’esecuzione dell’argentino è molto simile a quella di Nadal e a quella di Federer. Possiamo affermare che si tratta dello stesso tipo di esecuzione. E’ un colpo giocato con tutto il corpo, mantenendo il braccio il più possibile decontratto fino all’impatto. Dalla foto si vede che, nel caso dell’italiano, la muscolatura appare invece più contratta, il bicipite già in tensione, mentre l’argentino mantiene una maggiore scioltezza muscolare.

Del Potro cerca l’impatto con il braccio il più possibile esteso come fanno Nadal e Federer. In questo modo l’inerzia al momento della collisione è maggiore, perché sfrutta l’intero raggio del proprio braccio.

Del Potro. Dritto.
Rotazioni, raggio, spostamento del peso, impugnatura
Le anche e le spalle sono già rivolte verso la direzione del colpo, verso la rete. Juan Martin cerca di sfruttare il vantaggio delle rotazioni, le leve vantaggiose, per accelerare il braccio racchetta. Il colpo parte dal basso, dalle gambe che agiscono per avviare la rotazione delle anche e poi delle spalle. La rotazione delle anche favorisce lo spostamento del peso in avanti e permette all’argentino di “distendersi” nel colpo con tutto il peso del corpo.

L’ampio raggio conferisce anche una riduzione delle probabilità di errore perché l’area utile per l’impatto corretto diviene più estesa. Una circonferenza di raggio più corto riduce lo spazio e il tempo disponibile per colpire la palla al centro del piatto corde. Per questo motivo i maestri di una volta insistevano molto sull’”accompagnamento”, perché l’intenzione volontaria di andare in avanti, di proseguire il colpo, permette di avere un raggio di esecuzione che inizia il più possibile vicino alla spalla con la conseguenza di avere una circonferenza di esecuzione più ampia. In realtà non esiste un vero e proprio accompagnamento perché la palla rimane a contatto con il piatto corde solo pochi millisecondi. Però la pallina, se vista dall’alto, arriva verso l’atleta con una traiettoria che può essere descritta come una linea (escludiamo per il momento il rimbalzo per praticità) e il tennista cerca di colpirla con una traiettoria che è sintetizzabile in una curva; più è ampia questa curva e maggiori sono le probabilità di colpire la palla nel modo desiderato e centrato. La conseguenza logica è che uno swing all’altezza della spalla, con il braccio più esteso porta con sé dei vantaggi anche dal punto di vista della riduzione degli errori, condizione che è di fondamentale importanza a tutti i livelli di tennis giocato, ma soprattutto nel tennis di vertice dove l’andamento di una partita può essere deciso da pochissimi punti.

Roger Federer.
L'ampio raggio con asse rotazione spalla e
l'area utile di impatto.
L’immagine di Roger Federer è sufficientemente presa dall’alto che credo chiarisca bene il concetto: lo swing di spalla permette di avere un’area utile di impatto molto più ampia rispetto a quella che lo svizzero avrebbe se ruotasse all’altezza del gomito, dell’avambraccio o del polso. Oppure se avesse il braccio molto piegato. La testa della racchetta tenderebbe a chiudere molto prima aumentando il rischio di commettere degli errori.

Ovviamente la stazza e la fisicità di Matteo consentono all’italiano di essere estremamente competitivo anche giocando con questa tipologia di dritto, la quale però non rappresenta, a mio giudizio, la massima efficienza ed efficacia del colpo e richiede anche uno sforzo muscolare maggiore che può incidere, a lungo termine, sulla tenuta fisica dell’atleta e quindi sulla costanza di rendimento. L’intento di portare all’impatto la massima massa disponibile, con il massimo raggio disponibile e la massima velocità è meglio raggiunto dal dritto dell’argentino e da quello di Roger Federer o Nadal.

La via intermedia di Novak Djokovic
Per atleti di questo livello vi è da tenere in considerazione anche l’abitudine acquisita negli anni ad una certa gestualità e la loro comodità di esecuzione, ma questo non può esimerci dal prendere in considerazione le loro azioni di gioco valutandole secondo criteri il più possibile oggettivi.
Novak Djokovic per esempio colpisce con il braccio che è in una posizione intermedia: non è completamente esteso, come quello di Nadal, Federer o del Potro, ma non è piegato nemmeno come quello di Matteo Berrettini. Il serbo comunque, come si evince dal fotogramma, sfrutta completamente la rotazione delle anche e del busto, che sono completamente rivolti verso la rete o meglio verso la direzione desiderata del colpo al momento dell’impatto.

Rimane da aggiungere un ultimo aspetto biomeccanico: più pieghiamo il nostro braccio sul gomito e lo avviciniamo al corpo e maggiormente il nostro palmo della mano tenderà a rivolgersi verso l’alto. Contestualmente il piatto corde tenderà a rivolgersi verso il cielo, pertanto saremo costretti a modificare l’impugnatura da una easter di dritto (Federer) via via verso una semi western, una western o una full western più il nostro gomito si avvicina al corpo. In caso contrario rischieremmo di colpire una palla che tende ad uscire in lunghezza perché colpita con il piatto aperto. Anche questo si evince dalle foto; con Berrettini che sembra giocare con una presa molto vicina a una full western.

Ancora leve, rotazioni, Atlatl e il servizio di John McEnroe

Propulsore o atlatl

Una discussione avvenuta su Facebook mi permette di fare alcune precisazioni al fine di evitare equivoci e fraintendimenti. Quando si parla di leve svantaggiose ci si riferisce ai movimenti del nostro corpo: alzare il braccio, alzare l’avambraccio o alzare un oggetto che è impugnato. In questo caso siccome l’azione dei muscoli avviene sul polo, quindi sul punto in cui dobbiamo far ruotare il nostro arto questo sarà, nell'ottica del funzionamento delle “leve” un braccio resistenza e non un braccio potenza. Per sollevare il nostro braccio, un oggetto, dobbiamo vincere con la forza muscolare l’inerzia dell’oggetto stesso esercitando una forza. Il nostro corpo pertanto funziona per mezzo di leve svantaggiose. Dopo tutto, come ci spiega la teoria dell’evoluzione siamo più dei “progettoidi” che dei progetti. La situazione è un po’ diversa quando dobbiamo lanciare un oggetto con il nostro corpo o con un attrezzo. In questo caso infatti l’energia cinetica acquisita dall'oggetto nel momento in cui viene lanciato sfrutta anche la lunghezza del braccio. A scopo divulgativo penso si possa affermare che la lunghezza del braccio permette di esercitare una forza, conferire energia, lontano dal punto di rotazione.

Esemplificativo credo sia in questo caso l’uso del propulsore o atlatl. Lo strumento veniva utilizzato sin dal paleolitico per aumentare la distanza di lancio di frecce o lance durante la caccia. Il meccanismo era appunto quello di prolungare il braccio di lancio al fine di raggiungere distanze superiori.


John McEnroe.
Rotazioni al servizio


Se prendiamo una pallina e la sistemiamo all'estremità dell’ovale della racchetta cercando di lanciarla come se la racchetta fosse una atlatl il lancio sarà più lungo di quello effettuato con il movimento del singolo polso. Nel tennis nel momento dell’impatto si ha una collisione e non un lancio, però se vogliamo considerare questo aspetto delle leve anche in questo caso credo si debba convenire che la gestione di un raggio più lungo e quindi di un braccio esteso il più possibile porti di vantaggi nel colpire la pallina. Quindi la ricerca del massimo raggio credo sia utile da entrambi i punti di vista sia quello della leva che quello dell’inerzia.

Fatta questa dovuta precisazione se consideriamo il nostro corpo e il suo modo di muoversi mentre giochiamo a tennis le leve sono tutte svantaggiose o quasi...

Esistono tre tipi di leve: le leve vantaggiose appunto, le leve indifferenti e le leve svantaggiose. La tipologia della leva varia a seconda della posizione del fulcro rispetto al punto in cui si applica la forza motrice e della posizione della forza resistenza. Il fulcro non è altro che il punto intorno al quale ruotano i bracci delle leve. Un braccio potenza e un braccio resistenza. Se il braccio potenza è più corto del braccio resistenza la leva è svantaggiosa. Purtroppo le leve del nostro corpo sono tutte svantaggiose, perché la forza muscolare si applica sul punto di rotazione. Quindi abbiamo solo "bracci resistenza" e non "bracci potenza". La cuffia dei rotatori applica la forza sul punto in cui la spalla ruota. Il bicipite sul gomito, il punto in cui ruota l'avambraccio. Con asse rotazione polso la mano ruota la racchetta all'altezza della mano stessa. Tutto sforzo muscolare con nessuna agevolazione. Ci sono però due azioni che possono rappresentare delle leve vantaggiose: la rotazione delle spalle e delle anche. Questo tipo di rotazioni e il mantenimento dell'equilibrio durante queste azioni sono abilità da sviluppare sin dalla gioventù.

Quando ruotiamo il nostro corpo con un’azione che parte dalle gambe e si esercita sulle anche, oppure ruotiamo le nostre spalle, il nostro busto, la rotazione avviene su un asse centrale del nostro corpo. Un asse che ci divide perfettamente a metà mentre le azioni muscolari si esercitano anche lontano dall'asse pertanto la distanza che va dove si esercita la forza fino all'asse centrale e da considerare braccio potenza della leva.

Come quando cerchiamo di svitare il bullone di una ruota di un’automobile con una chiave a croce: esercitiamo la forza all'estremità della croce in modo da sfruttare tutto il braccio potenza della leva. Oppure quando giriamo lo sterzo sempre della nostra automobile. Esercitiamo la forza ai lati del volante più andiamo verso il centro e più dovremmo fare fatica per raggiungere lo stesso angolo di sterzata. Lo stesso accade con le biciclette: più è lunga la pedivella e minore sarà lo sforzo esercitare per muovere il movimento centrale.

Le rotazioni sono quindi importanti nel tennis ed è importante imparare a gestirle con equilibrio e dal punto di vista della preparazione atletica.

Grande interprete di questo aspetto capace di gestire una rotazione di quasi 180 gradi durante il servizio è stato John McEnroe, il quale partiva da una posizione completamente rivolta verso il fondo campo e riusciva a gestire (anzi riesce ancora) un’ampia rotazione prima di andare a colpire.





Ma le rotazioni sono importanti anche nei colpi fondamentali: diritto e rovescio. Per questo motivo è importante girare le spalle in preparazione del colpo, in modo da poter avere la massima rotazione che siamo in grado di coordinare durante l’esecuzione. Si tratta di un’abilità che si impara, si allena e si può migliorare. Consente di avere un colpo efficiente, avere una maggiore decontrazione del braccio racchetta durante l’esecuzione.

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