Verso lo swing perfetto: convertire l’energia gravitazionale potenziale in energia cinetica


Il gioco del tennis richiede molte tipologie di abilità. È importante avere un gesto accurato e preciso al fine di colpire il più possibile centralmente la pallina; è richiesta una certa prontezza di riflessi nella preparazione del colpo che vogliamo eseguire; è altresì importante acquisire la capacità di leggere la traiettoria della pallina affinché si possa intuire dove andrà a cadere e di conseguenza riuscire a partire con un po’ di anticipo. Sono necessarie doti atletiche e una certa forza muscolare. Ma una delle abilità che vale la pena migliorare e comprendere maggiormente è quella che consente di trasformare l’energia gravitazionale potenziale di un oggetto in energia cinetica, ovvero in energia di movimento.

L’energia gravitazionale potenziale è l’energia relativa alla forza di attrazione gravitazionale fra masse quindi un oggetto quando viene sollevato da terra possiede una certa energia gravitazionale potenziale tale energia è in correlazione con il peso dell’oggetto stesso e con lo spostamento da un punto A ad un punto C. L’energia cinetica è l’energia di movimento, ovvero l’energia che possiede un corpo quando si muove ad una determinata velocità ed è data dalla metà del prodotto della sua massa per la velocità al quadrato secondo la seguente formula:
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In tutti colpi del tennis dobbiamo sollevare un oggetto che nel caso specifico è una racchetta. Questo accade nei colpi fondamentali: dritto e rovescio, perché in fase di apertura la testa della racchetta viene sollevata verso l’alto. Accade nel servizio: perché nel momento del lancio di palla il braccio con la racchetta solleva l’attrezzo verso l’alto. Accade nelle volèe: in quanto la testa della racchetta è già alta con la mano non dominante che la sostiene nel cuore. Accade nella schiacciata per le stesse ragioni del servizio.

Nel momento in cui svolgiamo il lavoro di sollevare la racchetta essa acquisisce energia gravitazionale potenziale pertanto la scelta più economica ed utile a questo punto è quella di lasciarla cadere insieme al proprio braccio trasformando quest’energia in energia di movimento. In tutti i colpi. Tecnicamente potremmo non fare nessuno sforzo aggiuntivo al fine di aumentare la sua velocità. In questo caso ci limiteremo a colpire esclusivamente grazie alla velocità acquisita dovuta al trasferimento dell’energia. In linea teorica quest’energia dovrebbe rimanere costante e ritrasformarsi in energia potenziale gravitazionale quando il sistema racchetta-braccio è risalito alla fine del movimento pendolare. Questo non accade, in pratica, perché c’è dell’attrito, ma qualora volessimo mantenere la velocità costante potremmo sempre limitarci a un lavoro minimo che consente di compensare esclusivamente la perdita di velocità dovuta all’attrito. In fase di palleggio potremmo limitarci a questo tipo di colpo e apprezzare il piacere di colpire in contrazione.
Ma anche qualora volessimo aumentare la velocità che il sistema racchetta braccio acquisisce grazie alla trasformazione dell’energia questo sforzo, questo lavoro, sarebbe limitato al surplus necessario per raggiungere la velocità desiderata che non può essere acquisita dalla sola trasformazione dell’energia gravitazionale potenziale in quella cinetica.

Avremmo in questo modo uno swing continuo, uniforme, senza interruzioni. Se invece come accade spesso dovessimo fermarci o rallentare una volta che l’accelerazione dall’alto è stata avviata saremo chiamati a fare lavori aggiuntivi strettamente muscolari. Fermare del tutto o rallentare la velocità acquisita del racchetta braccio è già un lavoro in più e poi tornare ad accelerare per riprendere tutta la velocità o solo la velocità perduta nel caso in cui ci sia stato un rallentamento diventa necessario. Nel caso in cui si dovesse fermare la racchetta non solo sprechiamo energie per fargli acquisire energia gravitazionale potenziale, all’inizio, ma poi ne utilizziamo altrettante per fermare l’energia cinetica acquisita e poi saremo chiamati a un ulteriore sforzo di trazione per far riprendere l’energia cinetica persa al nostro sistema braccio racchetta. Inoltre l’ultimo sforzo sarebbe anche in contrasto con la forza di gravità.

È quindi importante sin da subito cercare di allenare un movimento razionale, perfettamente consapevole, che consente di utilizzare tutte le risorse fisiche e scientifiche che abbiamo davanti quando decidiamo di giocare una partita di tennis. L’accelerazione senza contrazioni muscolari limitando al minimo necessario, a seconda della tipologia di colpo, il lavoro della spalla per accelerare dal basso verso l’altro è un’abilità che va insegnata e perseguita sin da subito e deve essere presente nella nostra mente in ogni momento. Non è da escludere che si tratti di un’attività non immediata, non naturale, perché forse siamo connaturati ad aspettare fino all’ultimo per essere sicuri di colpire bene l’oggetto che abbiamo davanti in questo caso una pallina da tennis. Però dobbiamo cercare di comprendere che quest’istinto non è il migliore da seguire per riuscire ad avere dei colpi efficaci ed efficienti.

In inglese il significato del verbo swing è “oscillare”, “dondolare”. In italiano non mi sovviene un termine che viene comunemente utilizzato e che renda bene l’idea del fatto che la racchetta va oscillata, dondolata. Si tratta di un movimento pendolare che dobbiamo cercare di eseguire con il massimo risparmio energetico sfruttando le risorse naturali e fisiche a nostra disposizione. Quindi non si tratta di un dondolio con la mano completamente serrata sul manico, condizione muscolare che impedirebbe la trasformazione dell’energia di cui abbiamo scritto anzi impedirebbe di fatto proprio il dondolio. Ma di un’azione decontratta, almeno nella prima fase, in agevolazione e sostegno alla trasformazione dell’energia gravitazionale potenziale in quella cinetica, perché il lavoro per sollevare la racchetta lo abbiamo già svolto nella prima fase, quella di apertura.

Acquisire sin da subito, meglio se da bambini, dimestichezza e sensibilità in questo approccio ai colpi è fondamentale al fine di poter raggiungere un’ottima capacità tecnica per giocare un tennis efficace e divertente a tutti i livelli, sia che si tratti di attività ricreazionali sia che si tratti di impegni agonistici.

Si tratta forse della prima vera abilità del tennis: quella da cui partire e costruire il proprio gioco.


Come eliminare il problema mentale nel tennis. Feedback, apprendimento e consapevolezza del gesto

Ormai in tutti gli sport da parte di giocatori, allenatori e giornalisti si sente pronunciare la frase: “è un problema di testa, un problema mentale”. È diventato un mantra, una ripetizione continua, ma la frase pronunciata in questo modo non chiarisce bene la questione, perché è troppo generica. È un’indicazione astratta che non identifica su cosa la nostra mente dovrebbe focalizzarsi. In questo modo ho il timore che il problema rischi di aumentare. Su cosa dovrebbe concentrarsi la nostra mente? In cosa dovrebbe essere impegnato il nostro cervello?

Senza un’identificazione concreta dell’oggetto su cui riporre la nostra attenzione il problema rischia di essere di difficile soluzione. Ma siamo già un passo avanti perché il verbo “concentrare” identifica l’attività che la nostra mente deve svolgere. Senza questa circoscrizione di ambito vagheremmo ancora di più nel buio, anzi nel vuoto mentale. Quindi già la domanda fornisce delle indicazioni per trovare la soluzione. Infatti la concentrazione è una qualità del cervello che si può allenare. La definizione di Wikipedia è esemplificativa:
“è la capacità cognitiva, tipica dei mammiferi di esprimere energia in un determinato movimento fisico o intenzione; nell'uomo, è la capacità volontaria di fissare il pensiero su un oggetto o sul compimento di un gesto o di un'azione predeterminata ed elaborata dalla propria mente”.

Ora sappiamo tutti che la concentrazione di una persona non è costante, ha dei cali, degli alti e bassi ma essendo un’attività volontaria può essere allenata entro i limiti delle possibilità individuali. Siccome non è una capacità cognitiva specifica ovvero non c’è una concentrazione specifica per il tennis, una per il basket, una per il cucito o una per lo studio a scuola questo implica che allenare la propria concentrazione è in linea generale indipendente dall’attività che svolgiamo. Se impariamo a rimanere concentrati a lungo nel cucire questa abilità potrà essere trasferita in altri ambiti.
Probabilmente saremo da subito in grado di rimanere più a lungo concentrati durante uno scambio di tennis, la guida di un auto o una partita a scacchi. Per migliorare la propria abilità di rimanere concentrati sul compito che stiamo svolgendothe task on the hand, il compito sulla mano”, come dicono gli americani, non è quindi necessario prenotare un campo da tennis. I ragazzi dovrebbero sapere che se cercano di migliorare la propria concentrazione nello studio, a scuola, cercando di leggere più a lungo o di mantenere la propria focalizzazione mentale sullo scrivere un tema o un problema di matematica la capacità acquisita è immediatamente trasferibile nella pratica del loro sport preferito. La capacità di concentrazione è, con i dovuti accorgimenti, indipendente dall’oggetto, inteso nel senso di compito (movimento fisico o attività), su cui si focalizza.

Siamo ora difronte al secondo aspetto e qui dobbiamo entrare nello specifico del nostro sport. Le abilità di concentrazione su cosa si devono indirizzare nel tennis? La risposta è ovvia: la tecnica di esecuzione del colpi. La nostra mente deve essere concentrata sulla tecnica di esecuzione la cui conoscenza deve essere la più completa possibile in ogni parte del movimento. È importante non dare niente per scontato.

La conoscenza teorica è fondamentale per imparare l’esecuzione pratica, quest’ultima va poi acquisita sul campo giocando e qui entra in gioco il processo di feedback.
Che cosa è un meccanismo a feedback o retroazione? È un congegno che consente l’autoregolazione di un sistema. Quello che permette la regolazione della temperatura dell’acqua nei nostri scaldabagni per esempio (feedback negativo). Quando l’acqua raggiunge la temperatura desiderata un termostato permette lo spegnimento della serpentina in modo che l’acqua non continui a scaldarsi.

Nel tennis un meccanismo simile entra in gioco per imparare l’esecuzione di un modello teorico di colpo. Se la pallina esce dal campo questo dovrebbe significare che c’è un errore nell’esecuzione del colpo e quindi dovremmo cercare di capire dov’è l’errore di esecuzione rispetto al modello teorico di riferimento.

Il feedback del colpo sbagliato non dovrebbe mettere in discussione il modello teorico, il quale in questa fase va considerato corretto perché elaborato in precedenza da maestri e giocatori che lo hanno cristallizzato giocando senza indicazioni o istruzioni particolari.

Esistono tre modi per utilizzare le informazioni del feedback:
1. Verificare la correttezza dell’esecuzione;
2. Verificare la correttezza di un modello;
3. Creare uno nuovo modello di riferimento.

Il punto due e il punto tre, ma soprattutto quest’ultimo richiedono molto tempo, un tempo che può essere addirittura infinito in assenza di altre informazioni anche generali, visive (TV) o spiegazioni anche sommarie.

In linea teorica potremmo prendere una scimmia e dargli una banana tutte le volte che la palla cade nell’altro campo e sperare che acquisisca una buona tecnica e, con molto tempo a disposizione se è fortunata potrebbe anche giocare come Roger Federer, ma potrebbe acquisire dei difetti anche macroscopici (colpire con il manico, con la stecca) e accontentarsi delle banane che riceve seppur non molte, ma per lei sufficienti.

Una indicazione di qualunque tipo anche non accurata limita il numero dei modelli di riferimento utilizzabili, scartando quelli macroscopicamente errati. Un vantaggio non da poco ma non sufficiente per ottimizzare il tempo sul campo da tennis perché la nostra mente potrebbe conservare dei dubbi sulla correttezza del modello di riferimento. Mettendolo in dubbio anche inconsciamente si possono innescare indecisioni che si ripercuotono sullo sviluppo tecnico, sui tempi di apprendimento e sull’efficacia di gioco. In uno sport estremamente tecnico come il tennis sarebbe un problema non da poco.

Al contrario la piena conoscenza e la conscia consapevolezza della correttezza del modello permette che il feedback di riferimento sia riferibile solamente sull’esecuzione.

Quando iniziamo a correre per andare a colpire una pallina la nostra mente deve essere concentrata sul come farlo e deve essere certa della correttezza del gesto. Più questo sapere è sicuro e certo più il problema di testa tenderà a sparire. Sappiamo come muoverci, sappiamo perché ci muoviamo in un certo modo e in caso di errore sapremo riconoscere la sua causa (e se si conosce la causa di un problema la soluzione è più vicina).

Un aspetto cruciale in questo processo è quello della comunicazione. Fraintendimenti e incomprensioni devo essere limitati e tendere allo zero perché finirebbero per creare dei malintesi sul modello di riferimento rallentando l’apprendimento esecutivo. Il confronto tra il maestro e gli allievi, tra il coach e gli atleti, deve pertanto essere continuo, condiviso, franco, libero da ogni soggezione e orientato alla semplificazione e chiarificazione cristallina di ogni particolarità tecnica, anche mettendosi in dubbio come maestri, coach o allenatori.

In questo modo penso si possa ridurre della metà le ore di gioco necessarie all’apprendimento di una buona tecnica di base e velocizzare sensibilmente i miglioramenti in un atleta agonista evitando inoltre di ricadere in generici problemi di testa. I vantaggi sarebbero diffusi ed evidenti sia per il movimento tennistico che per i circoli, grazie all’aumento del numero di giocatori sempre più gratificati dal miglioramento del proprio bagaglio tecnico e del gioco.

Nel caso in cui i miglioramenti non dovessero arrivare entro un arco di tempo stabilito dall’allenatore con l’atleta è opportuno intervenire seguendo uno schema chiaro:

1. Prima fase controllare l’esecuzione del modello di riferimento.
2. Se non ci sono errori di esecuzione controllare che il modello sia stato comunicato correttamente e sia stato correttamente acquisito.
3. Se il modello è stato comunicato e acquisito correttamente verificare la correttezza tecnica del modello stesso.

Se dovessimo trovarci nella fase numero tre (mai dare qualcosa per scontato) sarà opportuno rielaborare un nuovo modello di riferimento che in caso di atleti agonisti può essere anche mirato alle loro caratteristiche e peculiarità. In questo caso però ci troveremmo davanti a un processo più lungo per le ragioni esposte in precedenza (un feedback di lungo periodo sul modello). Lo schema dell'immagine esemplifica il processo che diviene circolare.

La creazione di un nuovo modello serve anche per cercare un miglioramento tecnico è avvenuta per esempio con il passaggio dalla tecnica classica del dritto a quella del dritto moderno con il polso a 90 gradi.

Stay tuned

L’accelerazione del sistema racchetta braccio. Sappiamo realmente cosa facciamo?

Le parole non sono state scelte casualmente. Al fine di cercare di vedere i problemi da prospettive diverse è forse opportuno anche descriverli in modo diverso. Per questo motivo non scriverò di sistema di braccio racchetta, ma di sistema racchetta braccio.

Tutte le rivoluzioni partono da un cambiamento di prospettiva, da un modo diverso di vedere le cose, da un cambio di paradigma per dirla con Thomas Kuhn. Anche l’approccio analitico dei colpi del tennis non può prescindere dalla necessità di osservare e dare spiegazioni da un altro angolo visuale.
Non è mia intenzione mettermi in cattedra e spiegare qualcosa, ma solamente parlare della mia esperienza e di come ho modificato l’approccio di analisi al colpo e di conseguenza gli stessi colpi hanno subito dei cambiamenti per i cui miglioramenti esiste a mio giudizio una spiegazione razionale. Chiedo quindi ai lettori di fare un passo indietro, fermarsi, e predisporsi a valutare con mente aperta un approccio diverso.

La mia convinzione, nonché speranza, è che acquisendo una conoscenza consapevole, conscia, e non acquisita esclusivamente con le ripetizioni si possa arrivare a progredire molto più rapidamente di quanto non avvenga con un metodo di esclusivo esercizio ripetitivo.

La tecnica va allenata in modo cosciente in ogni suo singolo aspetto, in ogni parte del colpo, solo questo è il modo per ottimizzare il proprio tempo su un campo da tennis. Si potrebbe obiettare, soprattutto da parte di chi ha un grado di tecnica già avanzato, che quello che si deve fare per colpire una pallina lo si sa già.

Come prima risposta vorrei sottolineare che questo aspetto non è così scontato. Il nostro corpo svolge attività molteplici senza che la parte cosciente del nostro cervello ne sia a conoscenza: le unghie ed i capelli crescono, digeriamo, il cuore batte, respiriamo in modo involontario oltre che volontario. Sono solo pochi esempi che però evidenziano come alcune attività vengono svolte dal nostro corpo in modo completamente indipendente dalla nostra volontà, in più non siamo in grado di dare una dettagliata spiegazione di come avvengono queste attività. Il fatto che il sistema nervoso autonomo svolta queste funzioni dovrebbe farci accendere un campanello. Non è da escludere che ciò avvenga anche per atti volontari, almeno se si fa riferimento alla completezza minuta del gesto.

Potremmo avere una percezione sbagliata e quindi finire con l’allenare un movimento invece di un altro? In fondo non siamo in grado di descrive in modo preciso il movimento di una mano, di un braccio o di una gamba; quali muscoli, nervi e tendini vengono utilizzati e in che modo e con quali tempistiche. Nel tennis sarebbe un grave problema, perché ritroveremmo sicurezza nel colpo sono con l’allenamento, perché siamo in assenza di un sostegno interpretativo razionale e cosciente. In questo caso saremmo veramente in presenza di un problema di testa.

La domanda se sappiamo veramente quello che facciamo non è peregrina. Possono nascere incomprensioni, malintesi e relative difficoltà di spiegazione. Addirittura si potrebbe finire per studiare un fenomeno in modo parziale o troppo semplicistico per riduzione di complessità.
In merito agli studi sul doppio moto pendolare potremmo non essere distanti da questa ipotesi. In fondo dentro una monoposto di formula uno c’è un pilota e se le sue indicazioni non sono pertinenti e inequivocabili gli ingegneri potrebbero essere portati fuori strada.

Intanto come evidenziato negli studi pubblicati su Tennis Warehouse viene applicata una riduzione di complessità del gesto, infatti non viene preso in considerazione il movimento verticale dell’avambraccio racchetta, che in realtà esiste in una prima fase di accelerazione della racchetta sfruttando la forza di gravità, ma solo l’aspetto verticale.

“A forehand in tennis is usually struck with topspin by swinging the racquet upward as well as forward. In order to apply the double pendulum model, we need to ignore vertical motion of the racquet and assume that both the forearm and the racquet swing in a horizontal plane (or perhaps in some other plane inclined to the horizontal).”

Gli studi sul doppio e triplo moto pendolare permettono di analizzare come l’energia viene traferita dal braccio all’avambraccio e infine alla racchetta, nel caso del doppio pendolo viene applicata un’ulteriore riduzione di complessità. Nel momento in cui il pendolo precedente (avambraccio) perde energia questa viene trasferita al pendolo successivo (la racchetta) da qui sulla pallina.

Grafici di Tennis Warehouse University
"The theory behind the behavior of a double pendulum has been well documented by Rod Cross [2, 3] and others. Generally, the forearm reaches peak velocity first, then slows. As it slows, it pulls back on the butt end of the racquet, which accelerates the rotation of the racquet. Typically, as the forearm approaches or reaches its minimum velocity, the racquet achieves its maximum velocity. The maximum net swing velocity usually coincides with the maximum racquet velocity about the wrist axis of rotation"
“A realistic forehand can be modeled by assuming that the couples C1 and C2 remain constant in time. If the wrist remains locked then the forearm and the racquet swing at the same rotational speed at the beginning of the swing, and C2 decreases with time. If C2 remains constant in time then the forearm swings faster than the racquet at the beginning of the stroke, while the racquet swings faster than the forearm toward the end of the stroke. Both types of forehand are relatively common and can be viewed on YouTube and at www.tennisplayer.net.” 

Qui e qui trovate gli articoli completi.

Grafici di Tennis Warehouse University
Si può vedere che, presupponendo costante sia la forza applicata all’avambraccio dal gomito (C1) che dal polso alla racchetta (C2), quando il polso rimane bloccato C2 tende a diminuire nel tempo; quando invece C2 rimane costante l’avambraccio si muove più velocemente della racchetta all’inizio del colpo e verso la fine invece è la racchetta che è più veloce dell’avambraccio. C’è una distribuzione, un passaggio di energia dall’interno verso l’esterno.

Nel grafico si vede che la curva blu (avambraccio) decresce e ha un minimo nel momento dell’impatto e quella rossa (racchetta) sale al suo punto di massimo. Si tratta di millisecondi da 0.2 a 0.25. I tempi a 0.17, 0.18 sono il momento in cui le curve si incrociano.

Ora dopo l’ottimo lavoro dei professori di fisica dobbiamo prendere in considerazione alcuni aspetti (come giocatori e insegnanti di tennis) senza cercare di dare niente per scontato.

1. La forze di torsione per muovere la racchetta sono considerate come date, ma al momento della partenza dello swing un tennista può sfruttare la forza di gravità per ridurre la contrazione muscolare e avere un gesto più fluido ed economico.  Viviamo in tre dimensioni sulla terra e la forza di gravità è gratis, almeno finché qualche politico non deciderà di tassarla sfruttiamola. Quindi almeno nella prima fase potrebbe avvenire l’opposto: agevoliamo l’accelerazione del braccio e avambraccio grazie all’accelerazione della racchetta.

2. Una volta che lo swing è partito quali sono le nostre intenzioni coscienti? Vogliamo portare la racchetta all’impatto con il polso bloccato o abbiamo in mente di rilasciare energia all’ultimo pendolo del sistema?

3. Sarebbe forse più conveniente tentare di resistere al rilascio di questa energia per essere più accurati nell’impatto e meno fallosi? Si tratta di millisecondi. Siamo sicuri che l’intento di un tennista non sia quello di evitare il rallentamento dell’avambraccio e massima velocità della racchetta? Siamo sicuri che l’impatto efficiente (in precisione e controllo) avviene nell’area in cui le curve si separano o avviene un po’ prima? Non è che forse quando la racchetta raggiunge la massima velocità la pallina è già uscita dalle corde? In questo caso tutta quella velocità sarebbe inutile.

Personalmente mi sono fatto le mie opinioni che esporrò nel tempo. Un’accelerazione che parte dalla racchetta, sfruttando le inerzie basse di movimento raccolto, per allungare il pendolo e aumentare la massa in gioco con avambraccio, braccio e punto di perno alla spalla potrebbe essere un modo complementare ed efficace di giocare. Un’accelerazione iniziale racchetta-braccio invece della muscolare braccio-racchetta in un sistema a tre pendoli potrebbe essere una piccola rivoluzione copernicana in cui si cambia, almeno in parte, il modo di approcciare un’analisi. Di sicuro la nostra consapevolezza di come si può muovere un oggetto per colpire una pallina diventerà maggiore. Lo sport del tennis sembra studiato per fare divulgazione scientifica.

Nel proseguo analizzeremo i vantaggi e gli svantaggi di questi due principali modi di colpire.

Stay tuned.





Il doppio vantaggio del polso a 90 gradi nel diritto e nel rovescio a due mani

Si tratta di un altro aspetto che è opportuno valutare con attenzione. È la parte che segue l’accelerazione della racchetta sfruttando la forza di gravità. Nello specifico non si tratta dell’immediato passaggio successivo, ma di come deve essere posizionato il polso al momento dell’impatto con la pallina. È essenziale per eseguire un dritto dalle caratteristiche moderne che il polso sia iper esteso, ovvero tale posizione si raggiunge quando la mano assume un angolo di 90° rispetto all’avambraccio, in estensione e non in flessione. L’aspetto dei 90° è comunemente accettato, qui evidenzieremo i vantaggi di tale posizione in relazione al punto d’impatto della pallina ed anche alla massa che entra in gioco rispetto all’asse di rotazione di riferimento. C’è un po’ di fisica da prendere in considerazione ma si tratta di aspetti relativamente semplici.

Questi aspetti sembrano essere un po’ trascurati, e se ne sente parlare poco, se non addirittura mai, ma sono fondamentali per capire i vantaggi di un dritto e di un rovescio a due mani giocato tecnicamente in modo corretto. Una volta conosciuti i motivi fondamentali del perché di determinate azioni la nostra tecnica salirà a un livello superiore di consapevolezza. Questo ci permetterà di determinare consciamente tempi e caratteristiche di ogni colpo giocato. Determinati errori e i relativi aggiustamenti saranno subito evidenti a livello cosciente con la conseguenza che sarà più facile correggerli. I miglioramenti saranno quindi più rapidi.

I motivi del polso a 90°

Il punto d’impatto

La fisica ci spiega che la massa utile in un impatto di un corpo che ruota su un asse di rotazione va calcolata prendendo in considerazione il peso e la distribuzione del peso del corpo per la distanza dall’asse di rotazione al quadrato. Mantenere il polso fermo a 90° e raggiungere il punto d’impatto con l’articolazione del polso il più possibile ferma permette di spostare l’asse di rotazione verso la spalla se si ha l’accortezza di non piegare l’avambraccio al momento o poco prima dell’impatto. In questo modo la “massa utile” all’impatto sarà tutta quella del sistema braccio racchetta dal punto di rotazione della spalla. È un vantaggio inequivocabile e credo elimini la questione ben evidenziata dal professor Rod Cross dell’Università di Sydney relativa al trasferimento di energia da un pendolo all’altro all’interno di un doppio moto pendolare. Il cui problema, ben evidenziato, della proporzionalità dei pesi dei pendoli e della pallina non ha in questo caso ragione di esistere perché siamo in una visione che potremmo considerare opposta: ovvero la situazione in cui pendoli più corti via via permettono l’accelerazione di un pendolo più lungo di cui entrano a far parte come segmenti.  Il tutto avviene dall’esterno verso l’interno e non dell’interno verso l’esterno rispetto alla circonferenza che compie il braccio. Avremo modo di approfondire questo aspetto in seguito, ma ho come l’impressione che il fenomeno vada analizzato da un altro punto di vista.

Comunque in questa fase a noi interessa comprendere come la posizione del polso permetta di sfruttare al momento dell’impatto l’interezza del sistema braccio racchetta. In realtà si potrebbe obiettare che sia sufficiente tenere fermo il polso anche se non in una posizione così estrema di estensione ma alcuni studi hanno evidenziato come i pivot point (punti di perno) dell’impatto non siano fissi ma varino a seconda del punto d’impatto.

Se colpiamo la palla più in avanti il pivot point o punto di perno sarà spostato più indietro aumentando quindi la massa in gioco, invece via via che l’impatto è più arretrato, fino ad arrivare all’estremo di un colpo giocato quasi dietro al corpo, il punto di perno si sposterà più in avanti, più vicino al punto d’impatto, alla mano e alla racchetta, riducendo in questo modo la massa utile nell’urto. Credo sia una sensazione comune a tutti tennisti quella di avvertire maggiormente l’impatto in un colpo giocato in ritardo come se l’urto fosse stato ricevuto maggiormente. Questo accade, non solo perché si ha meno spazio di accelerazione, ma anche perché si riduce la massa del braccio racchetta all’impatto. In pratica il sistema braccio racchetta si riduce nella sua lunghezza effettiva di utilizzo. Nel tennis la massa ci serve tutta così come la velocità.

Di fianco alla rete possiamo notare che, con la posizione del polso classica, neutra, non estesa, il punto ideale di impatto rimane all’altezza della gamba sinistra, se da questa posizione estendiamo il polso la testa della racchetta ruoterà all’indietro e per raggiungere il nuovo punto d’impatto ideale è necessario avanzare il braccio racchetta addirittura oltre la gamba sinistra o destra nel rovescio bimane (per i mancini naturalmente è l’inverso).

Per maggiori approfondimenti tecnico fisici si consigliano gli studi di Daniel A. Russell (Pennsylvania State University) il quale ha trattato gli aspetti relativi al momento d’inerzia e ai pivot point nelle battute del baseball.

Visione.

Un altro vantaggio riguarda la visione. Un punto d’impatto così avanzato consente di vedere da dietro l’intero piatto corde al contrario di quanto accade con la posizione “classica” in cui si ha una visione dall’alto e più obliqua della testa della racchetta. È un elemento cruciale in quanto una migliore condizione visiva permette di limitare il numero degli errori ed avere dei colpi più consistenti. L’associazione con il vantaggio di un punto di perno più spostato verso la spalla permette di avere colpi più incisivi oltre che statisticamente meno fallosi.

Quando estendere il polso a 90°?

Il momento in cui portare il polso alla massima estensione è quello in cui la testa della racchetta comincia a scendere verso il basso, quindi nel momento in cui inizia la discesa. Questo accade sia con il colpo di rovescio bimane che nel colpo di dritto. Il cuore della racchetta si stacca dalla mano sinistra inizia la sua discesa e in questo momento il polso assume la posizione a 90 gradi. Nel rovescio a due mani naturalmente la mano che assume questa posizione è la mano dominante: la sinistra per un destro e la destra per un mancino. Per semplificare si può dire che si tratta della mano più vicina al cuore della racchetta.

Nelle foto di André Agassi si vede chiaramente la posizione del polso in estensione massima e l’impatto che, sia nel dritto che nel rovescio, è molto avanzato, oltre la gamba d’appoggio più vicina alla rete.

Difficoltà del gesto tecnico.

Le difficoltà nell’esecuzione di questo tipo di movimento non sono da sottovalutare, perché si tratta di un gesto innaturale in quanto l’obiettivo è quello di bloccare un’articolazione in una posizione fissa. In più la velocità e le accelerazioni che entrano in gioco nel momento di uno swing tenderanno a far ruotare la testa della racchetta in avanti e con essa a far muovere l’articolazione del polso, la quale invece deve cercare di accompagnare il movimento e la racchetta in avanzamento rimanendo nella posizione di estensione massima. L’esercizio è il miglior modo per affinare questo tipo di tecnica, a tale scopo si può esercitare anche senza colpire la palla, accelerando il sistema racchetta braccio, cercare di accompagnarlo all’impatto e fermarsi sul punto ideale con il polso in posizione 90 gradi rispetto all’avambraccio.

Se si è abituati a colpire la palla più vicino al corpo sarà anche necessario aggiustare i propri tempi di esecuzione del colpo, nonché di preparazione e posizionamento delle gambe, in quanto il nuovo punto d’impatto dovrà essere raggiunto più avanti rispetto a quello precedente.

Isaac Newton e l'accelerazione della racchetta nel tennis: dritto, rovescio, servizio

La forza di gravità è una realtà che non possiamo eliminare dalla natura in sé e nemmeno sul campo da tennis, è necessario confrontarsi con questa evidenza. Rappresenta un problema ma spesso un problema è anche un'opportunità, sono due lati della stessa medaglia. Sembra che la frase sia attribuibile a Galileo Galilei e non possiamo non dargli ragione nemmeno quando gli obiettivi prefissati hanno un valore più prosaico di quello nobile della scienza. A noi non interessa scoprire la verità ma sfruttarla per scopi tennistici, condizione che è una conseguenza dell'aver scoperto la verità.

La forza di gravità tenderà sempre a far ricadere la pallina verso terra e se questo accade prima che abbia superato la rete il punto è inesorabilmente perso. Le leggi della fisica giocano contro di noi, ma considerato che non cambiano e non ce l'hanno con qualcuno in modo particolare con un alcune accortezze possiamo cercare di usarle a nostro vantaggio per l'attività che intendiamo svolgere. Gravità, gravità, gravità, stesso problema visto da angolazioni diverse all'interno di uno spazio in cui muoversi.

Queste indicazioni sono utili in tutti i colpi fondamentali: dritto, rovescio (anche a due mani) e servizio. Fanno eccezione i colpi con la rotazione all'indietro (back spin) rovescio in back ed il quasi ormai dimenticato dritto in chop, ma li analizzeremo in un'altra sezione. La condizione principale comune ai colpi da fondo è che la distanza dalla rete è elevata: dodici metri o più. Se vogliamo avere un colpo profondo i metri diventano circa 24. Quindi per dare incisività ai colpi è necessario avere una sufficiente accelerazione del sistema braccio racchetta e affinché la si ottenga è opportuno considerare che il nostro corpo si muove in uno spazio in tre dimensioni. C'è sempre quindi un movimento che va verso il basso, che non contrasta la forza di gravità, in discesa per essere semplici; è presente in tutti colpi presi in considerazione e, più in generale, in tutti i colpi del tennis.. In questa fase agevolare la forza di gravità è essenziale, perché permette al braccio racchetta di acquisire velocità d'esecuzione, caratteristica preziosa sia per il timing d'impatto che per la "forza" esercitata all'impatto sulla pallina.

Agevolare questo movimento permette inoltre di predisporsi a colpire la palla dal basso verso l'alto sia nel dritto che nel rovescio. Nel servizio fornisce un'accelerazione necessaria per imprimere velocità e rotazioni alla palla, nonché l'inerzia per scaricare il peso del corpo sul colpo.

Quando è il momento di accelerare? In discesa ovviamente, si fa meno fatica. In fase di preparazione dopo avere girato le spalle e le anche all'indietro c'è un momento in cui la testa della racchetta è in alto, la mano sinistra (destra nel caso dei mancini) è ancora sul cuore della racchetta. Nel rovescio a due mani la seconda mano è sul manico ma la testa della racchetta è sempre direzionata verso l'alto.

Da questo momento in poi la racchetta deve iniziare la sua discesa verso il basso. Nei colpi a una mano questo coincide con le frazioni di tempo immediatamente successive a quando stacchiamo la mano che è sul cuore della racchetta.

Che cosa dobbiamo fare in questo momento? Non molto se non sfruttare la gravità per poi vincere la gravità stessa nel momento in cui il sistema braccio racchetta dovrà tornare verso l'alto. E' opportuno rimanere "decontratti", rilassasti perché la discesa va agevolata cercando di accelerare.

Stringere troppo la racchetta in questa fase ha come effetto quello di contrarre tutta la muscolatura innescando una resistenza alla velocizzazione verso il basso e impedendoci di utilizzare a pieno o del tutto una risorsa naturale che in questa fase dei colpi gioca a nostro vantaggio.

Nel servizio il momento dell'accelerazione si ha quando, dopo il lancio della palla, la posizione raggiunta è quella definita a trofeo: il braccio che ha lanciato la pallina è ancora disteso in aria; il braccio racchetta è invece in aria leggermente flesso, la testa della racchetta è verso l'alto pronta a scendere. Si tratta del classico mulinello dietro la schiena. In questa fase non bisogna avere timori, perché la prerogativa è accelerare sfruttando il prezioso aiuto della fisica: la gravità.

Una differenza tra il servizio e gli altri fondamentali la riscontriamo nella posizione del braccio. Nel servizio il braccio è leggermente flesso e accelera dietro la schiena continuando la flessione per poi distendersi per arrivare all'impatto. Nei fondamentali invece l'accelerazione avviene con la distensione del braccio o delle braccia. Inoltre nel servizio il braccio racchetta quando risale deve andare in verticale mentre nei fondamentali non c'è questa estremizzazione nella risalita.

Un'altra differenza su cui vale la pena soffermarsi riguarda la posizione della testa della racchetta nel momento in cui raggiunge la massima accelerazione prima di tornare a salire. Nel servizio è rivolta verso il terreno mentre nei colpi fondamentali, se questo accade, è da considerare un errore. Nel dritto e nel rovescio la racchetta deve rimanere parallela al terreno di gioco, può essere accettabile una variazione di pochi gradi verso il basso ma non di più. Questi, nei colpi presi in esame, sono i momenti in cui è necessario sfruttare la velocità acquisita per portare il braccio racchetta all'impatto. Si tratta anche delle ragioni principali per cui esistono l'ovalizzazione in apertura e il mulinello dietro la schiena nel servizio.

Naturalmente anche questa parte del gesto tecnico va allenata cercando di non dare eccessiva importanza agli errori che si commettono all'inizio, quando si cerca di impararlo o di migliorarlo nella sua esecuzione, perché un colpo più efficace sia in velocità che in rotazioni non può prescindere da una corretta accelerazione del braccio racchetta in questa fase. Utilizzare le leggi della fisica a nostro vantaggio consente un risparmio energetico nell'esecuzione del colpo e avrete dei fondamentali più economici e sotinenibili nel tempo.





L'impugnatura di dritto

Impugnature
Nel tennis il colpo del dritto è uno dei più importanti se non il più importante. Per assurdo un giocatore che possiede solo il colpo del dritto potrebbe, al limite, giocare una partita. Servendo dal basso e, con una buona preparazione nonché rapidità di gambe, spostarsi sempre per colpire con il dritto anche quando la palla gli dovesse arrivare sul rovescio.

Riuscirebbe a giocare e magari a conquistare anche qualche punto. Il colpo di dritto è quindi il primo che si deve cercare di imparare bene all'inizio ed è quello che, per un giocatore agonista, deve diventare solido, costante, automatizzato nell'esecuzione in modo da limitare al massimo il numero degli errori. Per raggiungere questi obiettivi è opportuno avere le idee chiare sull'esecuzione tecnica del colpo sin dall'inizio. Ogni aspetto del movimento, questo vale per ogni colpo, deve essere gestito a livello cosciente e consapevole. In caso contrario i tempi dell'apprendimento si allungherebbero notevolmente, con il rischio di diventare troppo lunghi se non infiniti.

Lo sport del tennis richiede un'alta precisione nell' esecuzione dei colpi, perché si deve colpire una pallina di dimensioni relativamente ridotte che viaggia anche a velocità sostenute. Una conseguenza è che non sempre un'esecuzione corretta, specialmente all'inizio, ha come conseguenza diretta un punto conquistato o una pallina che atterra dentro i limiti del campo. Può accadere che la palla esca, magari di poco, anche se il colpo è stato eseguito correttamente. I fattori che entrano in gioco sono molteplici, la tensione delle corde, il rimbalzo, la racchetta, un attimo di indecisione è sufficiente per commettere un errore. Diventa quindi necessario che il giocatore abbia la completa conoscenza e consapevolezza del gesto tecnico in ogni sua parte, perché non può affidarsi, per imparare, esclusivamente al feed back sui propri colpi. Deve riuscire a comprendere dove sbaglia quando sbaglia ed essere sicuro della correttezza della propria esecuzione anche quando la palla atterra fuori dal campo.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario conoscere ogni aspetto dei colpi partendo dall'impugnatura, perché la racchetta può essere presa in mano in molti modi. L'impugnatura da usare nel dritto è la eastern di dritto; è quella usata da molti campioni e anche da Roger Federer. Esistono anche impugnature più estreme come western la semi western e la full western ma per in iniziare non sono indicate è meglio prenderle in considerazione per fare dei piccoli aggiustamenti o cambiamenti quando si diventa più esperti.


Lo scopo delle impugnature nei fondamentali è quello di evitare che al momento dell'impatto il piatto corde sia rivolto verso il cielo, condizione che permetterebbe di superare la rete ma renderebbe difficoltoso un atterraggio della pallina in campo. Inoltre con il piatto corde rivolto verso l'alto il colpo risulterebbe poco incisivo perché limitato a una palombella.

Ruotare la mano, in questo caso nel dritto, all'indietro verso impugnature come semi wester o addirittura full wester consente di limitare sempre di più la possibilità di rivolgere il piatto corde verso il cielo a scapito però di una sorta di costrizione dell'avambraccio per questo motivo non è da consigliare. Inoltre le impugnature più chiuse non permettono una rapido passaggio da un colpo all'altro e rendono difficoltose determinate esecuzioni come la palla corta o i colpi di dritto bassi in recupero che anno bisogno di un po' di backspin e con l'avambraccio bloccato in una posizione estrema è difficile scendere sotto la palla.

Per trovare l'impugnatura dovete prendere come riferimento la nocca del vostro dito indice. A seconda di dove la posizione sull'ottagono del manico della racchetta avrete un'impugnatura diversa della racchetta. La eastern di dritto si trova quando posizionate la nocca sul numero 3. Nel disegno non è segnata la full western che è veramente molto estrema e verrebbe dopo wester di dritto quindi sul lato n.6 dell'ottagono. L'unico che ricordo, almeno a mia memoria, che giocava con un'impugnatura veramente molto chiusa era Alberto Berasategui che, come potete notare nella foto, aveva un'impugnatura molto vicina a una full western.

Sbagliare l'impugnatura di un colpo nella maggior parte dei casi significa commettere un errore perchè il piatto corde sarà o troppo rivolto verso l'alto o troppo rivolto verso il basso quando invece deve assumere al momento dell'impatto una posizione il più possibile perpendicolare al terreno come la foto di Roger Federer, che colpisce un dritto, con impugnatura eastern chirisce in modo esemplificativo.

Ritorno alle basi: il pianeta terra e il campo da tennis

A volte sono le cose più semplici che finiamo per considerare scontate. Le guardiamo talmente tanto spesso che ci dimentichiamo di osservarle con l'attenzione che meriterebbero. Se parliamo di tennis allora non bisognerebbe trascurare il fatto che questo sport viene giocato all'interno di una zona di gioco delimitata in modo convenzionale e chiaro. Se inoltre facciamo un passo indietro non possiamo non prendere in considerazione che tale zona viene delimitata sovente, se non sempre, sul pianeta Terra, (mi sentirei di escludere probabilisticamente campi da tennis su altri pianeti). La Terra è dotata di massa, condizione che implica la presenza della forza di gravità.

Una conseguenza è che la pallina gialla, una volta lanciata in aria, tenderà a ricadere verso il basso, con una velocità che non è costante, accelerando. L' accelerazione di gravità sul pianeta terra varia a seconda del luogo, il suo valore medio è comunque di 9,80665 metri al secondo quadrato. Come riporta Wikipedia. La nostra pallina tenderà quindi a cadere inesorabilmente. Avremmo sempre a che fare con il campo gravitazionale della terra quando decidiamo di giocare a tennis: a volte sarà un vantaggio altre uno svantaggio. L'atteggiamento più intelligente è quello di sfruttarlo per i nostri scopi tennistici.

Il campo però ci pone davanti alcune difficoltà. Intanto non è corto come appare quando siamo al suo interno. E' lungo quasi ventiquattro metri. L'area di rigore di un campo da calcio dista dalla porta 16,50 metri e una punizione calciata da 24 metri è una bella punizione. E' vero la pallina da tennis è più leggera ed abbiamo la racchetta ma credo sia pur sempre una distanza da non sottovalutare, perché c'è una rete nel mezzo da superare e la forza di gravità non ci aiuta in questa prima fase, anzi tenderà a far ricadere la pallina prima della rete. Nei primi 11,89 metri dobbiamo contrastare la forza di gravità per superare la rete. Se si considera che non tutti giocano proprio sulla riga di fondo ma un po' più dietro i metri che la pallina deve compiere per arrivare dall'altra parte del campo sono 12, in alcuni casi 13 e più.

Si aggiunge un'altra difficoltà: dalla riga di fondo non avete angolo di schiacciata con dritto e rovescio. Non potete schiacciare perché non avete luce, la rete copre tutto il campo compresa la riga di fondo e di un bel po'! Mettetevi con i piedi sulla riga di fondo. Guardate il nastro e noterete che la riga dell'altro campo appare al disotto del nastro della rete. Ora io sono alto circa un metro e ottanta, i miei occhi saranno circa cinque, dieci centimetri più in basso quindi da circa 175 cm di altezza non c'è possibilità di schiacciata. Per due punti passa una e una sola retta, quindi la retta che va dai vostri occhi alla riga di fondo non è una traiettoria percorribile, perché passa sotto il nastro.
Non sarebbe percorribile nemmeno se non ci fosse la forza di gravità  che però non possiamo eliminare e che quindi tenderà ad abbassare ancora di più una traiettoria già di per sé disastrosa. Scriverò in un' latra occasione dei punti luce sullo smash e sul servizio. Se il significato di smash è "distruggere", "rompere" forse un motivo c'è...

Per il momento, data la crudele realtà, non rimane che mettersi l'animo in pace e cercare di colpire per superare la rete, quindi con un movimento dal basso verso l'alto. Un movimento parallelo al terreno non va bene perché c'è sempre la forza di gravità che fa perdere velocità alla pallina e tende a farla ricadere.

La rete al centro è alta 0,915 metri, più o meno è l'altezza del bacino di una persona alta 1,80 metri. Se siamo sulla riga di fondo dovremmo imprimere una forza tale alla palla da farla viaggiare parallelamente al terreno per quasi 12 metri senza risentire della forza di gravità. Il tennis è uno sport di parabole. Colpire dal basso verso l'alto permette di superare il primo ostacolo che è la rete. La forza di gravità che siamo stati costretti a vincere tornerà utile successivamente, quando permetterà di far ricadere la palla in campo, all'interno della riga di fondo, nella metà campo del nostro avversario.

Altre due considerazioni. La rete al centro è considerevolmente più bassa e il campo in diagonale è più lungo di oltre un metro perché è l'ipotenusa di un triangolo rettangolo. Per questo motivo giocare incrociato riduce il numero degli errori: si supera meglio la rete e c'è più spazio per far ricadere la palla in campo. Il lungo linea è un colpo più difficile e andrebbe giocato solo quando il giocatore ha più tempo per la sua preparazione condizione che dipende anche dalle abilità acquisite dal giocatore stesso nel tempo. In un gioco di parabole l'incrociato è il miglior modo per vincere e sfruttare la forza di gravità.

Con il tempo analizzeremo la tecnica di tutti i colpi, alcuni aspetti di tattica anche di doppio e le racchette, con l'intento di poter scendere in campo con una consapevolezza maggiore sia a livello junior, di circolo, che agonistico.

Rimanete sintonizzati.




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