La rotazione delle spalle nel rovescio a una mano e a due mani

Nella ricerca del migliore gesto esecutivo è stata posta l’attenzione alla rotazione delle spalle, in quanto rappresenta una leva vantaggiosa nell'accelerazione del sistema braccio racchetta. 
La rotazione in preparazione è il gesto che permette, nella fase successiva di esecuzione, l’acquisizione di maggiore energia cinetica da parte della racchetta da portare all'impatto. La rotazione preliminare in tutti i fondamentali permette la successiva rotazione (in senso opposto) da eseguire nella direzione dell’impatto.
Roger Federer. Prende una rotazione extra in preparazione.
Rivolge la schiena alla rete.

Nel fondamentale del rovescio esistono delle differenze in relazione al tipo di colpo che viene eseguito. In linea generale il rovescio a due mani ha una dinamica esecutiva simile a quella del dritto non solo riguardo al braccio dominante che è il sinistro nei destri e il destro nei mancini, come se si eseguisse, appunto, un colpo di dritto, ma anche nella rotazione preliminare delle spalle.

Le differenze dipendono sostanzialmente da due necessità presenti nell'esecuzione del rovescio classico ad una mano:
  1. prevenire l’extra rotazione, ovvero evitare che il corpo continui a ruotare su se stesso come una trottola;
  2. riuscire ad utilizzare comunque una sufficiente rotazione delle spalle per accelerare in economia il braccio racchetta.
L’extra rotazione delle spalle, infatti, tenderebbe a portare il braccio racchetta eccessivamente verso destra (se destri) o verso sinistra (se mancini) perdendo il punto ideale di impatto davanti al corpo.  Anche la testa della racchetta tenderebbe a ruotare in modo eccessivo verso sinistra o verso destra nei mancini. Il braccio in queste condizioni risulterebbe eccessivamente libero. La conseguenza principale sarebbe quella di aumentare i margini di errore dovuti a una rotazione non controllata o eccessiva.

Nel rovescio a due mani questo rischio è reso minore dall'uso dell’altro braccio e dell’altra spalla che consentono di fermare la rotazione quando entrambe le spalle del giocatore sono rivolte verso la rete, in modo simile a quello che avviene con il dritto. In questo modo abbiamo una maggiore sensazione di blocco della rotazione a livello delle anche. Il braccio dominante (il sinistro nei destri) controlla l’esecuzione e nel controllo rientra l’azione di impedire all'altro braccio di proseguire per inerzia trascinando anche tutto il copro in extra rotazione con conseguente perdita di equilibrio.
La rotazione di Djokovic è minore. La posizione è più laterale.

Senza il sostegno dell’altro braccio, nel rovescio a una mano, il continuare della rotazione del braccio racchetta e delle spalle avrebbe come seconda conseguenza quella di trascinare con sé il copro, vincendo il blocco delle anche e delle gambe.  La conseguenza è una tendenza all'avvitamento, perdita di riferimenti sul punto di impatto e di equilibrio.
Nel rovescio a una mano per impedire l’extra rotazione il braccio non dominante interviene in un altro modo: braccio e spalla rimangono indietro impedendo di fatto che il petto del giocatore si rivolga verso la rete come avviene nel dritto e nel rovescio a due mani.

Ma in questo modo si ha una perdita in gradi rotazione e quindi una perdita nell'agevolazione dell’accelerazione del braccio racchetta. Le spalle del giocatore tendono a rimanere più affiancate rispetto alla rete, il petto non è rivolto i direzione dell’altra metà campo.
Federer blocca l'extra rotazione, è affiancato.

Per compensare questa perdita, nei colpi dei giocatori di alto livello, nella fase di preparazione del rovescio a una mano viene presa una maggiore rotazione delle spalle in anticipo.

Un’extra rotazione in preparazione per evitare l’extra rotazione nel finale del colpo.  Si girano di più le spalle mentre si aspetta la pallina. Nel rovescio a due mani, in linea generale, la posizione delle spalle risulta essere una posizione affiancata rispetto alla rete perché poi la successiva contro rotazione, quando si colpisce,  porterà il giocatore in posizione frontale rispetto a questa, nel rovescio ad una mano si tenderà invece a esporre maggiormente la schiena alla rete, perché la posizione finale sarà affiancata con il braccio non dominante che bloccherà l’eccessiva rotazione.
La rotazione di Djokovic si ferma quando è frontale alla rete.

Rovescio a una mano. Si cerca di prendere prima i gradi di rotazione che non si possono avere dopo.  L’eccessiva rotazione è bloccata dal braccio non dominante che rimane arretrato, mantenendo arretrata anche la spalla. Maggiore blocco anche al livello delle spalle. Si previene avvitamento, perdita di equilibrio, riferimenti di impatto.

Rovescio a due mani. Tendenza a una minore rotazione in preparazione anche se non è controproducente ruotare maggiormente, come fanno alcuni giocatori di livello internazionale. Rotazione maggiore quando si colpisce. Il giocatore finisce per rivolgersi verso la rete. Maggiore sensazione di blocco nella parte bassa del corpo: anche, gambe. Punto di impatto leggermente più arretrato rispetto al rovescio a una mano. Il braccio dominante è il sinistro nei destri e il destro nei mancini.

Giocare e divertirsi a tennis fino a 100 anni di età


L’attività fisica è fondamentale per mantenersi in salute e in forma. Una buona vascolarizzazione e una buona ossigenazione di tutto il corpo sono aspetti che aiutano a rimanere sani e a reagire meglio anche alle malattie.
Ma non tutti gli sport si prestano ad essere praticati a tutte le età. Ce ne sono alcuni che si adattano male a coloro che iniziano ad essere avanti con gli anni. Movimenti bruschi, poco fluidi, possono provocare infortuni per i quali è necessario molto tempo per recuperare se non si è più giovani.

Il tennis, se ben interpretato, può essere uno sport allenante e divertente che può permettere alle persone di tutte le età di scendere in campo per il piacere di palleggiare con un amico o per mettersi in gioco in un torneo sociale.
E’ opportuno però avere degli accorgimenti atletici e tecnici da tenere ben presenti. Fondamentale è conoscere il proprio corpo in base agli infortuni avuti e metterne al corrente il proprio maestro. Le ginocchia, le anche, le spalle, la schiena sono i punti nevralgici e  più sollecitati del copro. Un buon riscaldamento, senza stretching o con un stretching molto lieve è altamente consigliato. Durante il gioco è bene avere in mente l’idea di non effettuare scatti troppo repentini per raggiungere una palla corta o un colpo molto angolato. L’obiettivo principale sarà quello di gestire un palleggio il più possibile prolungato per cercare una fase aerobica di gioco. Un aspetto tattico vecchio come il mondo è quello di lasciare che sia il nostro avversario a sbagliare mentre cerca di fare il punto.

Nel caso di un incontro agonistico il singolo punto va valutato con la prospettiva dell’intera partita e la sua gestione complessiva. Si può anche non rincorrere una singola palla, un quindici. Nell'eventualità di un avversario ostinato a giocare palle corte è più opportuno cercare di trovare soluzioni tattiche piuttosto che cercare di arrivare su tutti i drop shot. Per esempio cercare di allungare il proprio gioco da fondo campo in modo da costringere l’avversario ben oltre la riga di fondo, una posizione da cui è difficile la soluzione della palla corta. Questa condizione consente inoltre di avere più tempo per raggiungerla, perché la pallina deve percorrere più metri prima di arrivare nella nostra metà di campo. Guadagnare tempo è essenziale.
Per avere soluzioni tattiche è però necessario aver acquisito le abilità tecniche. Queste ultime sono fondamentali per un gioco morbido, fluido, efficiente, a risparmio energetico. Un gioco che si adatta a tutte le età. Una tecnica più naturale possibile, meno brusca, meno muscolare è utilizzabile da tutti e a maggior ragione è preziosa per chi non è più giovanissimo.

Quattro sono gli aspetti principali da prendere in considerazione nei fondamentali (dritto e rovescio):
  1. Stance o posizione. Rotazione iniziale delle spalle e delle anche. Testa della racchetta alta. In modo che le spalle assumano una posizione affiancata rispetto alla rete. Questo va effettuato sia che si colpisca in posizione semi open, open o square stance (affiancati anche con le gambe). Per le persone anziane con problemi alle anche o alla schiena può andar bene la posizione open stance, ovvero con il petto rivolto verso la rete. Va bene anche un minino affiancamento delle spalle.  In questo modo verrà utilizzata solo l’oscillazione del braccio racchetta senza la rotazione delle spalle e delle anche in agevolazione del colpo, ma si eviteranno sollecitazioni torsionali della schiena e del bacino.
  2. Partenza alta e sfruttare la forza di gravità in discesa. Il braccio racchetta inizia l’oscillazione. Rimanere rilassati.
  3. Lasciar oscillare il braccio racchetta senza voler colpire in modo muscolare. Siccome non stiamo cercando un tennis agonistico di alto livello l’importante è concentrarsi su un movimento il più possibile fluido che consenta di avere un buon colpo di palleggio e una buona direzionalità di palla, senza cerca un’eccessiva aggressività di azione.
  4. Assecondare l’oscillazione con il corpo. Rotazione di ritorno delle spalle e della anche. Specialmente nel dritto la rotazione di ritorno delle anche e delle spalle permette che l’oscillazione del proprio braccio racchetta segua una direzione il più possibile indirizzata verso l’altra metà del campo, ovvero la direzione in cui vogliamo mandare la palla. Permette inoltre  lo sfruttamento, come già descritto, di una coppia di leve positive. L’azione di oscillazione del braccio racchetta perderà di efficacia in modo proporzionale alla  rotazione effettuata.  Minore è la rotazione minore sarà l’efficacia, ma anche senza rotazioni avremo comunque un colpo effettuato solo di braccio. La gestione di un palleggio in direzione e profondità potrà essere conservata lo stesso. L’obiettivo principale per giocatori senior sarà infatti quello di cercare continuità e variazione del palleggio mantenendo rilassatezza e un gesto morbido, accompagnando l’oscillazione con il corpo senza strappi.
Acquisite queste quattro abilità principali la via per giocare fino a cento anni sarà dritta davanti a noi.

Anche gli spostamenti dovranno essere curati, ma anche in questo caso il tennis è uno sport che offre dei vantaggi, perché la larghezza del campo non è eccessiva. In singolo è di 8,23 metri, in doppio di 10,97 metri. La lunghezza totale di mezzo campo dalla linea di fondo alla rete è di 11,88 metri. Distanze facilmente copribili a ritmo di gioco non eccessivamente veloce, condizione che varia in relazione anche all'età dei giocatori, pertanto il ritmo tenderà a diminuire più si alza la fascia di età.
Per le volée un consiglio semplice: non cercate di imprimere forza, di colpire con violenza, ma sfruttate il piatto corde, il quale è di fatto un tappeto elastico che restituisce energia alla pallina.  L’intento dovrà essere quello di essere delicati come se si cercasse di prendere una farfalla con un retino. Posizionate il piatto corde per dare direzione ai vostri colpi al volo, a meno che non si tratti di un colpo da eseguire vicini alla rete e molto sopra di essa.

Coordinazione, gestione dello sforzo, uso di tutto il corpo nel colpi, ricerca di una fase aerobica nella ricerca di un palleggio prolungato, magari con esercizi vincolati al numero di scambi, utilizzo delle leggi della fisica, sono tutti i lati positivi di uno sport praticabile a tutte le età. 

Il gesto naturale nel tennis. Let it swing

Oscillazione in viola. Raggio in rosso. Rotazione spalle e anche verde.
"Quel giocatore ha un gesto naturale", oppure: "è troppo muscolare". Sono frasi che abbiamo sentito spesso. Ma a cosa ci si riferisce nello specifico? Quale è il gesto più naturale e perché? Soprattutto ne esiste uno?

All'ultima domanda credo si possa rispondere positivamente. Ci riferiamo ai colpi fondamentali di dritto e rovescio. Per capire quale sia il movimento più naturale dobbiamo prendere in considerazione il nostro corpo e la realtà in cui viviamo. Minor fatica e maggior rilassatezza sono gli obiettivi che dobbiamo avere come riferimento e per raggiungerli in modo progressivo dobbiamo tenere in considerazione almeno un fattore: quando solleviamo un oggetto la nostra muscolatura si contrae.

Se l’oggetto da sollevare è estremamente pesante tutto il corpo cercherà di sopportare lo sforzo. Gambe, tronco, addominali, dorsali, braccia.

Al contrario un oggetto che cade non ha bisogno di grandi aiuti tenderà ad accelerare verso il terreno naturalmente. La forza di gravità svolge il lavoro per noi. Quindi in fase di apertura è opportuno ricercare una preparazione alta affinché la seconda fase si svolga con maggiore rilassatezza muscolare.

L’articolazione della spalla è un punto sul quale l’intero nostro braccio tenderà a ruotare come se fosse un pendolo. Una volta sollevato tenderà a scendere e poi a risalire, proprio come un pendolo, fissato all'altezza della spalla. Il movimento più naturale nei colpi fondamentali è proprio quello che non si oppone all'oscillazione del braccio racchetta. Il lavoro muscolare è già stato eseguito nel momento in cui è avvenuto il sollevamento.

Stringere l’impugnatura nel momento della discesa equivale a bloccare l’oscillazione e quindi a perdere i vantaggi di un'accelerazione in discesa.

Il finale verso l’alto è la conseguenza di una partenza alta. Il pendolo infatti tenderà a raggiungere la stessa altezza da cui è partito (un po’ meno a causa dell’attrito) per la legge della conservazione dell’energia. Concentrarsi sulla naturalezza dell’oscillazione implica una partenza e un finale alti.

La gestione decontratta dell’oscillazione consente di avere uno swing ampio e naturale. Il momento della risalita è cruciale perché è opportuno sfruttare la velocità acquisita in discesa evitando che l’azione muscolare collegata psicologicamente al sollevamento di un oggetto vanifichi i vantaggi acquisiti.

In questa fase per avere un gesto naturale dovremmo evitare ciò che è più naturale per abitudine: contrarre eccessivamente muscoli e tendini per alzare qualcosa. L’azione che conduce verso il finale deve essere un’agevolazione dell’oscillazione verso l’alto da eseguire anche con la rotazione delle anche delle spalle per permettere avanzamento e ampiezza.

Solo nel momento della collisione è necessaria una presa salda ma non troppo ferrea. Per un gesto naturale a volte è necessario modificare un’abitudine. In questo moto si riesce a portare all'impatto la massima inerzia possibile. Lasciamo oscillare. Let it swing.

Tennis forehand: hips, shoulders, rotations, racket face, wrist.


Poniamo la nostra attenzione su quattro aspetti di questo piccolo video clip. La sincronia della rotazione delle anche e delle spalle con il braccio racchetta e il conseguente spostamento del peso in avanti. Azione delle leve vantaggiose. Il braccio è come se fosse "trascinato" da questa rotazione che lo anticipa di pochissimo o è in sincronia. Questo garantisce una migliore accelerazione in controllo, una maggiore ampiezza dello swing. Una riduzione dei margini di errore. Usiamo l'intero corpo.

La faccia del piatto corde che andrà a colpire scende rivolta verso il passo in modo da evitare un impatto con il piatto aperto, perciò rivolto verso il cielo.

Al momento dell'impatto l'estensione del braccio racchetta garantisce maggiore inerzia, sfruttando il quadrato della distanza su un asse di rotazione il più lontano possibile dal punto di impatto (spalla).

Il polso in una posizione il più possibile iper estesa permette di avere un punto di impatto più avanzato in modo che la testa della racchetta non anticipi la chiusura della rotazione.

Un’analisi di dritto comparato: Juan Martin Del Potro, Matteo Berrettini, Roger Federer e Novak Djokovic

Berrettini. Dritto.
Braccio, anche, spalle, impugnatura.
Le fotografie sono state scelte in quanto sono indicative di tipi diversi di esecuzione. Mettono in evidenza diversi aspetti fondamentali di due modi di eseguire il fondamentale di dritto.

Tra Matteo Berrettini e Juan Martin del Potro non c’è molta differenza fisica: l’italiano, stando ai dati di Wikipedia, è alto 1,96 metri per 94 chili l’argentino è un 1,98 metri per 97 chilogrammi. Entrambi gli atleti possiedono un colpo molto esplosivo ed efficace, ma da punto di vista esclusivamente tecnico quello dell’argentino è preferibile. La carriera di Del Potro è stata funestata da infortuni ma questo non ha impedito all’argentino di mostrare la devastante azione del suo dritto che lo ha messo in condizione di competere alla pari e vincere con i migliori tennisti del suo periodo tra cui Roger Federer e Rafael Nadal. Da segnalare la vittoria dello Us open del 2009 ottenuta sconfiggendo proprio un vent’ottenne Federer in finale.
L’esecuzione dell’argentino è molto simile a quella di Nadal e a quella di Federer. Possiamo affermare che si tratta dello stesso tipo di esecuzione. E’ un colpo giocato con tutto il corpo, mantenendo il braccio il più possibile decontratto fino all’impatto. Dalla foto si vede che, nel caso dell’italiano, la muscolatura appare invece più contratta, il bicipite già in tensione, mentre l’argentino mantiene una maggiore scioltezza muscolare.

Del Potro cerca l’impatto con il braccio il più possibile esteso come fanno Nadal e Federer. In questo modo l’inerzia al momento della collisione è maggiore, perché sfrutta l’intero raggio del proprio braccio.

Del Potro. Dritto.
Rotazioni, raggio, spostamento del peso, impugnatura
Le anche e le spalle sono già rivolte verso la direzione del colpo, verso la rete. Juan Martin cerca di sfruttare il vantaggio delle rotazioni, le leve vantaggiose, per accelerare il braccio racchetta. Il colpo parte dal basso, dalle gambe che agiscono per avviare la rotazione delle anche e poi delle spalle. La rotazione delle anche favorisce lo spostamento del peso in avanti e permette all’argentino di “distendersi” nel colpo con tutto il peso del corpo.

L’ampio raggio conferisce anche una riduzione delle probabilità di errore perché l’area utile per l’impatto corretto diviene più estesa. Una circonferenza di raggio più corto riduce lo spazio e il tempo disponibile per colpire la palla al centro del piatto corde. Per questo motivo i maestri di una volta insistevano molto sull’”accompagnamento”, perché l’intenzione volontaria di andare in avanti, di proseguire il colpo, permette di avere un raggio di esecuzione che inizia il più possibile vicino alla spalla con la conseguenza di avere una circonferenza di esecuzione più ampia. In realtà non esiste un vero e proprio accompagnamento perché la palla rimane a contatto con il piatto corde solo pochi millisecondi. Però la pallina, se vista dall’alto, arriva verso l’atleta con una traiettoria che può essere descritta come una linea (escludiamo per il momento il rimbalzo per praticità) e il tennista cerca di colpirla con una traiettoria che è sintetizzabile in una curva; più è ampia questa curva e maggiori sono le probabilità di colpire la palla nel modo desiderato e centrato. La conseguenza logica è che uno swing all’altezza della spalla, con il braccio più esteso porta con sé dei vantaggi anche dal punto di vista della riduzione degli errori, condizione che è di fondamentale importanza a tutti i livelli di tennis giocato, ma soprattutto nel tennis di vertice dove l’andamento di una partita può essere deciso da pochissimi punti.

Roger Federer.
L'ampio raggio con asse rotazione spalla e
l'area utile di impatto.
L’immagine di Roger Federer è sufficientemente presa dall’alto che credo chiarisca bene il concetto: lo swing di spalla permette di avere un’area utile di impatto molto più ampia rispetto a quella che lo svizzero avrebbe se ruotasse all’altezza del gomito, dell’avambraccio o del polso. Oppure se avesse il braccio molto piegato. La testa della racchetta tenderebbe a chiudere molto prima aumentando il rischio di commettere degli errori.

Ovviamente la stazza e la fisicità di Matteo consentono all’italiano di essere estremamente competitivo anche giocando con questa tipologia di dritto, la quale però non rappresenta, a mio giudizio, la massima efficienza ed efficacia del colpo e richiede anche uno sforzo muscolare maggiore che può incidere, a lungo termine, sulla tenuta fisica dell’atleta e quindi sulla costanza di rendimento. L’intento di portare all’impatto la massima massa disponibile, con il massimo raggio disponibile e la massima velocità è meglio raggiunto dal dritto dell’argentino e da quello di Roger Federer o Nadal.

La via intermedia di Novak Djokovic
Per atleti di questo livello vi è da tenere in considerazione anche l’abitudine acquisita negli anni ad una certa gestualità e la loro comodità di esecuzione, ma questo non può esimerci dal prendere in considerazione le loro azioni di gioco valutandole secondo criteri il più possibile oggettivi.
Novak Djokovic per esempio colpisce con il braccio che è in una posizione intermedia: non è completamente esteso, come quello di Nadal, Federer o del Potro, ma non è piegato nemmeno come quello di Matteo Berrettini. Il serbo comunque, come si evince dal fotogramma, sfrutta completamente la rotazione delle anche e del busto, che sono completamente rivolti verso la rete o meglio verso la direzione desiderata del colpo al momento dell’impatto.

Rimane da aggiungere un ultimo aspetto biomeccanico: più pieghiamo il nostro braccio sul gomito e lo avviciniamo al corpo e maggiormente il nostro palmo della mano tenderà a rivolgersi verso l’alto. Contestualmente il piatto corde tenderà a rivolgersi verso il cielo, pertanto saremo costretti a modificare l’impugnatura da una easter di dritto (Federer) via via verso una semi western, una western o una full western più il nostro gomito si avvicina al corpo. In caso contrario rischieremmo di colpire una palla che tende ad uscire in lunghezza perché colpita con il piatto aperto. Anche questo si evince dalle foto; con Berrettini che sembra giocare con una presa molto vicina a una full western.

Ancora leve, rotazioni, Atlatl e il servizio di John McEnroe

Propulsore o atlatl

Una discussione avvenuta su Facebook mi permette di fare alcune precisazioni al fine di evitare equivoci e fraintendimenti. Quando si parla di leve svantaggiose ci si riferisce ai movimenti del nostro corpo: alzare il braccio, alzare l’avambraccio o alzare un oggetto che è impugnato. In questo caso siccome l’azione dei muscoli avviene sul polo, quindi sul punto in cui dobbiamo far ruotare il nostro arto questo sarà, nell'ottica del funzionamento delle “leve” un braccio resistenza e non un braccio potenza. Per sollevare il nostro braccio, un oggetto, dobbiamo vincere con la forza muscolare l’inerzia dell’oggetto stesso esercitando una forza. Il nostro corpo pertanto funziona per mezzo di leve svantaggiose. Dopo tutto, come ci spiega la teoria dell’evoluzione siamo più dei “progettoidi” che dei progetti. La situazione è un po’ diversa quando dobbiamo lanciare un oggetto con il nostro corpo o con un attrezzo. In questo caso infatti l’energia cinetica acquisita dall'oggetto nel momento in cui viene lanciato sfrutta anche la lunghezza del braccio. A scopo divulgativo penso si possa affermare che la lunghezza del braccio permette di esercitare una forza, conferire energia, lontano dal punto di rotazione.

Esemplificativo credo sia in questo caso l’uso del propulsore o atlatl. Lo strumento veniva utilizzato sin dal paleolitico per aumentare la distanza di lancio di frecce o lance durante la caccia. Il meccanismo era appunto quello di prolungare il braccio di lancio al fine di raggiungere distanze superiori.


John McEnroe.
Rotazioni al servizio


Se prendiamo una pallina e la sistemiamo all'estremità dell’ovale della racchetta cercando di lanciarla come se la racchetta fosse una atlatl il lancio sarà più lungo di quello effettuato con il movimento del singolo polso. Nel tennis nel momento dell’impatto si ha una collisione e non un lancio, però se vogliamo considerare questo aspetto delle leve anche in questo caso credo si debba convenire che la gestione di un raggio più lungo e quindi di un braccio esteso il più possibile porti di vantaggi nel colpire la pallina. Quindi la ricerca del massimo raggio credo sia utile da entrambi i punti di vista sia quello della leva che quello dell’inerzia.

Fatta questa dovuta precisazione se consideriamo il nostro corpo e il suo modo di muoversi mentre giochiamo a tennis le leve sono tutte svantaggiose o quasi...

Esistono tre tipi di leve: le leve vantaggiose appunto, le leve indifferenti e le leve svantaggiose. La tipologia della leva varia a seconda della posizione del fulcro rispetto al punto in cui si applica la forza motrice e della posizione della forza resistenza. Il fulcro non è altro che il punto intorno al quale ruotano i bracci delle leve. Un braccio potenza e un braccio resistenza. Se il braccio potenza è più corto del braccio resistenza la leva è svantaggiosa. Purtroppo le leve del nostro corpo sono tutte svantaggiose, perché la forza muscolare si applica sul punto di rotazione. Quindi abbiamo solo "bracci resistenza" e non "bracci potenza". La cuffia dei rotatori applica la forza sul punto in cui la spalla ruota. Il bicipite sul gomito, il punto in cui ruota l'avambraccio. Con asse rotazione polso la mano ruota la racchetta all'altezza della mano stessa. Tutto sforzo muscolare con nessuna agevolazione. Ci sono però due azioni che possono rappresentare delle leve vantaggiose: la rotazione delle spalle e delle anche. Questo tipo di rotazioni e il mantenimento dell'equilibrio durante queste azioni sono abilità da sviluppare sin dalla gioventù.

Quando ruotiamo il nostro corpo con un’azione che parte dalle gambe e si esercita sulle anche, oppure ruotiamo le nostre spalle, il nostro busto, la rotazione avviene su un asse centrale del nostro corpo. Un asse che ci divide perfettamente a metà mentre le azioni muscolari si esercitano anche lontano dall'asse pertanto la distanza che va dove si esercita la forza fino all'asse centrale e da considerare braccio potenza della leva.

Come quando cerchiamo di svitare il bullone di una ruota di un’automobile con una chiave a croce: esercitiamo la forza all'estremità della croce in modo da sfruttare tutto il braccio potenza della leva. Oppure quando giriamo lo sterzo sempre della nostra automobile. Esercitiamo la forza ai lati del volante più andiamo verso il centro e più dovremmo fare fatica per raggiungere lo stesso angolo di sterzata. Lo stesso accade con le biciclette: più è lunga la pedivella e minore sarà lo sforzo esercitare per muovere il movimento centrale.

Le rotazioni sono quindi importanti nel tennis ed è importante imparare a gestirle con equilibrio e dal punto di vista della preparazione atletica.

Grande interprete di questo aspetto capace di gestire una rotazione di quasi 180 gradi durante il servizio è stato John McEnroe, il quale partiva da una posizione completamente rivolta verso il fondo campo e riusciva a gestire (anzi riesce ancora) un’ampia rotazione prima di andare a colpire.





Ma le rotazioni sono importanti anche nei colpi fondamentali: diritto e rovescio. Per questo motivo è importante girare le spalle in preparazione del colpo, in modo da poter avere la massima rotazione che siamo in grado di coordinare durante l’esecuzione. Si tratta di un’abilità che si impara, si allena e si può migliorare. Consente di avere un colpo efficiente, avere una maggiore decontrazione del braccio racchetta durante l’esecuzione.

Il servizio nel tennis e il lancio del giavellotto: dinamiche, rotazioni e angolo di lancio

Giavellotto. Spalla sopra spalla.
Abbiamo già scritto del servizio in un post precedente, nel quale è stato evidenziato un aspetto geometrico fondamentale, ovvero la pochissima luce disponibile per poter schiacciare la palla. Partendo da questo aspetto una considerazione che possiamo proporre è che, anche nel caso del servizio, dobbiamo necessariamente avere una traiettoria che tenda a scavalcare la rete affinché si abbiano margini di errore più ridotti.

Un numero di errori ridotto però non è sufficiente per essere competitivi, perché è necessario avere anche una buona velocità di palla. Così come abbiamo visto per i fondamentali di dritto e rovescio per avere una buona accelerazione del sistema braccio racchetta è opportuno innescare una concatenazione di movimenti che dal punto di vista fisico e meccanico permettano l’accelerazione in decontrazione del braccio.

Ci viene in soccorso nuovamente l’atletica leggera, sempre settore lanci, in questo caso il lancio del giavellotto, poiché lo scopo è quello di far acquisire la massima velocità possibile al braccio al momento dell’impatto sopra l’asse delle spalle. Mentre nei colpi fondamentali la similitudine si poteva riscontrare nel lancio del disco, perché si trattava di velocizzare un’azione al di sotto della linea delle spalle, nel servizio l’analogia migliore è quella che si può fare con il lancio del giavellotto, infatti si tratta di accelerazioni al di sopra delle spalle.

Pete Sampras.
Spalla sopra spalla.
Massima tensione.
Ovviamente, anche in questo caso, ci sono delle differenze da sottolineare: il lancio del giavellotto avviene con la rincorsa, ha uno scopo diverso, pertanto l’angolo di uscita sarà molto più verso l’alto, la prima parte del caricamento avviene con il braccio disteso, mentre nel tennis si ha una flessione del gomito per permettere l’accelerazione dietro la schiena con il “mulinello”. Ci sono però anche molti aspetti comuni, che si riscontrano anche in questo caso nella parte finale dell’esecuzione, più o meno dall’appoggio del piede sinistro nel giavellotto, che corrisponde in linea di massima all’inizio del trasferimento del peso dalla gamba posteriore a quella anteriore nel tennis, o con lo slancio in alto e in avanti per chi possiede una tecnica più agonistica che consente di guadagnare preziosi centimetri in altezza e all’interno del campo nel tennis.

Gli aspetti comuni riguardano lo sviluppo della catena cinetica, il ritardo del braccio lanciante, l’utilizzo delle rotazioni di anche e spalle e quindi lo sviluppo di tensioni torsionali, le quali permettono una maggiore accelerazione del sistema. La posizione frontale in direzione del lancio dopo le rotazioni è un’altra analogia. Nel tennis, nella fase finale, vi è, in più, l’utilizzo dell’ultima rotazione disponibile che quella dell’avambraccio attraverso la pronazione.

Ma entriamo nel dettaglio. Il lancio di palla è fondamentale, deve essere tale da vincolare lo sviluppo della catena cinetica. Deve obbligare il giocatore a utilizzarla. Pertanto è consigliabile eseguirlo portando il braccio che lancia all’interno del ginocchio della gamba avanzata (la sinistra per i destri, la destra per i mancini) ed effettuare un piccolo arco per cercare di lanciare la palla verso l’interno del campo (dall’esterno del campo verso l’interno). Tale movimento possiede un ulteriore vantaggio che è quello di permettere una rotazione delle spalle in fase preparatoria modo da mostrare la schiena, o parte di essa, alla rete o all’avversario se vogliamo dirla in un altro modo. Questo permetterà anche una rotazione dell’anca verso il fondocampo e lo spostamento del peso sulla gamba posteriore (la sinistra per i mancini).

Giavellotto.
Massimo momento torsionale.
Il braccio che lancia e il braccio con la racchetta raggiungono in questo modo la posizione a trofeo, il peso inizia a spostarsi leggermente in avanti favorito dal braccio lanciante che va verso la direzione del campo. Le spalle hanno una posizione di spalla sopra la spalla, con la spalla della mano lanciante sopra quella del braccio racchetta.

A questo punto inizia l’azione della catena cinetica. Il braccio racchetta cade dietro la schiena, in quanto era stato portato in alto carico di energia gravitazionale potenziale, quest’energia permette di vincere in decontrazione l’inerzia dell’attrezzo riducendo la forza di torsione necessaria per ruotarlo così si ha la prima accelerazione della racchetta che cade dietro la schiena. Ma deve risalire.

Le gambe iniziano a dare l’impulso in rotazione e verso l’alto, per favorire il movimento dell’anca, la quale anticipa ruotando la schiena e le spalle, queste ultime entrano in gioco con un’azione di “ribaltamento” spalla sopra la spalla (shoulder over shoulder), in modo che il braccio racchetta possa raggiungere la massima estensione verso l’altro nel punto d’impatto. Il braccio sinistro si piega e la spalla sinistra si abbassa (nel caso dei mancini è la destra). Le gambe raggiungono la massima estensione spingendo verso l’alto, infatti prima spingono per far ruotare le anche e solo qualche frazione di secondo dopo verso l’alto pienamente, solo quando le anche sono ormai come scivolate verso il campo.

John Mcenroe. Schiena verso la rete.
Lancio verso il campo. Braccio parallelo alla riga.
In questo momento il braccio destro con la racchetta (nei mancini il sinistro) è ancora in ritardo rispetto all’asse delle spalle che ruota, con la massima decontrazione possibile. Il braccio racchetta è ancora piegato sul gomito mentre le spalle raggiungono la posizione delle anche, in linea il più possibile con la direzione di lancio desiderata, racchetta è ancora più arretrata rispetto al braccio.
Il tennista assume una posizione ad arco, molto simile a quella del lanciatore del giavellotto. A questo punto si distende il gomito, l’avambraccio prona e la testa della racchetta va verso l’impatto prendendo tutte le accelerazioni trasferite dalle tensioni e dalle torsioni di tutto il corpo. L’impatto sarà con direzione verso l’alto e in avanti.

Nei tennisti di alto livello questi movimenti sono talmente veloci e sincronizzati da essere un tutt’uno. L’accelerazione finale del braccio racchetta è come una liberazione istintuale, come una scarica elettrica che percorre tutto il corpo sfruttando le dinamiche delle leve vantaggiose, la forza di gravità e l’organicità del proprio corpo con il fine di raggiungere la massima velocità nel punto d’impatto, con il braccio completamente disteso.

Lancio. Spalle. Torsioni. Massimo inarcamento
Qui nel lancio del giavellotto punto di rilascio avrà un angolo più alto in quanto l’obiettivo sarà quello di lanciare l’attrezzo il più lontano possibile. Nel tennis c’è la necessità di mandare la palla, con una velocità consistente, all’interno del box di battuta, quindi il punto d’impatto dovrà avere un angolo più basso, più diretto verso il suolo, ma questo non deve trarci in inganno, perché non si tratterà mai di una schiacciata. Anzi dobbiamo evitare, all’ultimo, di andare in trazione muscolare con la spalla con l’intento di schiacciare verso il basso. Questo credo sia un suggerimento utile anche per evitare eventuali infortuni alla cuffia dei rotatori.

Non c’è margine di tolleranza sufficiente per schiacciare in libertà; lo spazio visibile del punto di impatto prima della riga che delimita il box di battuta è troppo esiguo. Credo sia da ritenere limitato anche per giocatori come Reilly Opelka o Ivo Karlovic, che sono alti più di 2 metri ed hanno ovviamente un grande vantaggio da questo punto di vista.
Serena Williams. Impatto.

Quindi la direzione del colpo sarà sempre un po’ verso l’alto. Ma non dobbiamo limitare la nostra azione gestuale. Anzi dobbiamo cercare di trovare la massima accelerazione in comodità, sfruttando tutto ciò che è a nostra disposizione, liberando il braccio racchetta verso l’alto. È molto probabile che a questo punto i primi servizi siano lunghi, anche di molto. Qui non dobbiamo limitare la nostra azione rallentando, oppure essere tentati di schiacciare spezzando il polso per chiudere la traiettoria.
Credo sia opportuno tentare di trovare l’angolo giusto con dei micro aggiustamenti dell’impugnatura: da una continental verso una eastern di rovescio (per chiudere) o leggermente verso una easter di dritto per aprire il piatto corde. Oppure, meglio, cercare di agire con l’inclinazione dell’intero corpo verso avanti, cadendo verso il campo, come se fossimo calamitati verso l’interno.

Giavellotto. Angolo di rilascio.
Spezzare il polso con uno snap, come nel basket, è deleterio, ridurrebbe il raggio della circonferenza del colpo, con la conseguenza che ogni piccolo cambiamento di grado (posizione) al momento dell’impatto comporterebbe un cambiamento consistente nella traiettoria. Troppo rischioso. Troppa poca consistenza. Pochi margini. L’ideale è avere un raggio lungo che parte dalla spalla, meglio se dall’asse centrale del corpo e per mezzo dell’inclinazione gestire con più accuratezza e precisione l’angolo del colpo e la direzione.

Il vantaggio di un raggio massimo si riscontra anche nella gestione della precisione e nella riduzione degli errori non solo nell’avere una maggiore massa all’impatto che sfrutta il quadrato della distanza del momento d’inerzia.

È anche opportuno aggiungere che con una gestualità così complessa i margini di personalizzazione dell’esecuzione sono abbastanza ampi anche se dovranno rimanere all’interno delle dinamiche più efficienti dal punto di vista fisico e meccanico.

Massimo raggio, massima massa, massima velocità.
Buon tennis a tutti.

La catena cinetica del lancio del disco per la massima accelerazione del sistema braccio racchetta

Giulio Anesa. Lancio del disco.
Nell’attività di tennis svolta non di rado mi è capitato di trovarmi di fronte al problema dell’accelerazione del braccio racchetta. In relazione a questo aspetto i suggerimenti che mi venivano dati e che erano dati anche ad altri giocatori non riuscivano a raggiungere lo scopo prefissato. Si trattava spesso di un’accelerazione muscolare del sistema braccio racchetta; opzione che ritengo abbia dei limiti evidenti e precisi se non accompagnata dal supporto fisico e tecnico di tutta la struttura dell’atleta. È indubbio che se l’obiettivo è quello di migliorarsi, o addirittura cercare di raggiungere i massimi livelli di gioco espressi dal tennis professionistico, è opportuno cambiare il punto di vista da cui osserviamo il problema.

Abbiamo infatti da tenere presenti due necessità: quella di sviluppare la massima velocità possibile della testa della racchetta al momento dell’impatto e quella di mantenere il gesto più efficiente possibile al fine di avere la massima longevità di gioco durante la partita, nell’arco del torneo, e nell’arco della propria carriera, anche se si tratta di un’attività amatoriale.
La preparazione di Nadal.
Schiena verso la rete.

Per raggiungere questi obiettivi non può che venirci in soccorso la regina degli sport: l’atletica leggera, in particolare il settore lanci. Lancio del disco per i fondamentali.
Anche se nel tennis non si ha un vero e proprio lancio, bensì una collisione, uno dei fattori utili in una collisione, la velocità, è lo stesso obiettivo che si propone di raggiungere un lanciatore al fine di far compiere all’oggetto lanciato un maggior numero di metri.

Rafael Nadal. Dritto.
Nel caso dei due fondamentali del tennis (dritto e rovescio sia ad una che a due mani) alcuni aspetti della dinamica del lancio del disco ci vengono in soccorso per fornirci un metodo di accelerazione di tutto il sistema tennista, del sistema braccio racchetta e quindi in ultima analisi della testa della racchetta, ovvero il luogo dove avviene l’impatto.

La visione globale del sistema tennista in ottica di lanciatore permette di analizzare appieno la catena cinetica che permette lo sviluppo della velocità. All’inizio ci sono naturalmente delle differenze, perché la catena cinetica del tennista ha inizio con la discesa del braccio racchetta verso il basso in modo da vincere subito l’inerzia del sistema rendendo minore la forza di torsione (torque) necessaria per iniziare le accelerazioni. Il lanciatore del disco parte con una serie di oscillazioni e compie delle rotazioni complete su se stesso che non ci sono nel gioco del tennis.

Quando il braccio racchetta dovrà tornare a salire, però, compiendo un movimento pendolare, il rallentamento fisiologico dovrà essere vinto cercando di mantenere la decontrazione del sistema spalla, braccio, racchetta. Proprio in questa fase la dinamica del lancio del disco è di grandissimo aiuto, perché permette di utilizzare le forze torsionali e di rotazione per raggiungere lo scopo prefissato, che può essere quello di raggiungere una velocità maggiore oppure mantenere quella già acquisita dal braccio racchetta nel caso di un palleggio morbido.

La preparazione di Lendl.
La schiena è rivolta verso la rete.
Nella fase di preparazione del colpo oltre ad aver portato la racchetta in alto c’è stata una rotazione delle spalle, la quale ha posto il giocatore con la linea delle spalle perpendicolare alla rete sia nel dritto che nel rovescio. Nei giocatori di alto livello tale rotazione preliminare delle spalle è talmente evidente che parte della schiena si rivolge verso la rete ed il petto verso il fondocampo.

Nella fase di risalita e avanzamento del braccio racchetta questa posizione sarà fondamentale. Qui l’azione di tutto il corpo come nel lancio del disco dovrà fornire quelle dinamiche che partono dal basso e permettono l’accelerazione del braccio racchetta fino al rilascio, o nel caso del tennis al colpo sulla palla.

L’azione parte dai piedi. Il piede posteriore spinge in avanti e leggermente a destra o a sinistra nel caso del rovescio (nel mancino si ha la situazione opposta in relazione ai colpi) il piede davanti spinge più in avanzamento, sia in posizione affiancata che open, o semi open. Lo scopo dell’energia profusa dai piedi polpacci, gambe, glutei è quella di far iniziare la rotazione dell’anca che anticipa i movimenti del tronco, creando una torsione. In questa fase l’anca anticipa il movimento delle spalle e anche quello del braccio, il quale rimane arretrato. Qui si ha il massimo angolo di torsione di tutto il sistema tennista. Il peso del corpo, grazie a questa rotazione già tende a spostarsi verso avanti, limitando i casi di arretramento nel momento della collisione. Il giocatore tende a salire sulla punta dei piedi.

L’energia poi, come in una spirale passa ai dorsali e agli addominali fino alle spalle, le quali iniziano a ruotare per raggiungere la posizione delle anche, il braccio racchetta che in questa fase si è allungato il più possibile, per avere il massimo raggio disponibile e la massima massa all’impatto, rimane ancora arretrato, perché aumenta l’inerzia del sistema nella parte del braccio racchetta. Nel caso del lancio del disco l’arretramento del braccio che impugna l’attrezzo è veramente massimale, come si può vedere dalle fotografie, nel tennis è minore e soprattutto si estrinseca nell’arretramento della testa della racchetta e dell’attrezzo stesso che è un’estensione del braccio.

Momento del rilascio nel lancio del disco
Sono diversi anche gli scopi ultimi delle due attività sportive: nel lancio del disco si cerca la massima esplosività, mentre nel gioco del tennis esiste sempre un’attenzione al controllo. Vi è quindi un’attenzione alla gestione delle forze in gioco.

Il braccio non dominante, invece, che nella prima fase era allungato anche lui, per dare riferimento ed equilibrio, si piega sul gomito per diminuire l’inerzia e aumentare la velocità della parte sinistra in modo da favorire il riallineamento delle spalle con le anche.

A questo punto con il blocco delle forze rotazionali il braccio racchetta è pronto ad andare all’impatto sfruttando il trasferimento di tutte le energie accumulate nel sistema. Il ruolo del braccio non dominante è quello di bloccare l’extra rotazione per favorire appunto questo passaggio. Ciò avviene in modo evidente sia nel dritto che nel rovescio a una mano. In questa fase tutti i momenti lineari ed angolari si trasferiscono sul braccio racchetta, come se una scarica elettrica avesse percorso l’intero corpo sino all’ultima sua estensione (mano e racchetta). L’impatto avviene quando spalle e anche sono allineate e parallele alla rete, condizione che garantisce anche la migliore visuale possibile del campo e del punto di collisione. È opportuno in questa fase, a mio giudizio, cercare di evitare il rilascio anticipato della racchetta sull’asse di rotazione dell’avambraccio perché si rischierebbe di colpire nel momento in cui il braccio già tende a chiudersi su se stesso perché non può andare più in avanti e in alto con un asse di rotazione il più vicino possibile alla spalla.

Biomeccanica, big data, scienza e comodità del gesto nel tennis moderno

Lo step back di Curry
Il servizio di Danil Medvedev è stato messo a punto presso un’Università francese, dove al giocatore russo sono stati posizionati sul corpo circa 40 sensori per cercare di stabilire quale fosse il gesto più efficiente per il suo servizio e come potesse essere migliorato.
Siamo nell'era della biomeccanica, che è lo studio della meccanica di funzionamento del corpo umano. Ovviamente questa è in relazione al tipo di gesto e all'obiettivo che ci si propone di raggiungere con il gesto stesso, nel caso del tennis lo scopo è quello di riuscire a colpire una pallina, per mezzo di un’attrezzatura nonché riuscire a imprimere a questa pallina la velocità, la direzione e le rotazioni desiderate, cercando allo stesso tempo di compiere il numero minimo di errori.

È ovvio che tale obiettivo per essere raggiunto debba prendere in considerazione alcuni degli aspetti scientifici relativi alla fisica e alla scienza consolidata. Non possono esistere macchine artificiali o biologiche, meccaniche progettate o che si sono evolute, che prescindono dalle leggi fisiche. Possono invece esserci meccaniche o biomeccaniche più o meno efficienti in relazione a determinati principi e obiettivi, ovvero che gestiscono il lavoro da compiere con maggiore o minore sforzo perché non riescono, oppure riescono meglio, ad utilizzare alcuni aspetti della realtà che ci circonda.

In questo blog abbiamo analizzato alcune situazioni e abbiamo visto come si può sfruttare, per esempio, l’energia gravitazionale potenziale e convertirla in energia cinetica con la finalità di avere un’accelerazione braccio racchetta con maggiore decontrazione muscolare e tendinea. Abbiamo visto come sfruttare l’ampiezza del movimento, condizione che permette lo sfruttamento del quadrato della distanza dal punto di rotazione al fine di avere una maggiore inerzia all'impatto.
Tennis e big data
Abbiamo anche evidenziato come nel momento in cui il braccio racchetta deve risalire e andare in avanzamento, dopo la discesa, la rotazione di anche e spalle, come una coppia di forze di una leva vantaggiosa permette il mantenimento della velocità del braccio racchetta limitando anche in questo caso il lavoro e il sovraccarico della struttura muscolare-tendinea.

Ora è altrettanto evidente, credo, che il colpo perfetto, lo swing ideale, l’oscillazione migliore, esiste solo sulla carta, perché conformazioni e morfologie particolari possono influire sul raggiungimento di quello che è ritenuto lo swing di riferimento in quanto ad efficienza ed efficacia. Molto spesso, se non sempre, è necessario scendere a compromessi, sia nella vita che nello sport. Non si può ottenere tutto. Nel caso di Medveved, come riportato nell’articolo su Ubitennis, la ricerca di un movimento più ampio nel servizio aveva degli effetti negativi sul trasferimento del peso e sull'equilibrio.

La ricerca del movimento ideale va sempre messa in relazione al singolo giocatore e alle sue caratteristiche morfologiche, nonché di comodità del gesto e di gioco. Si tratta quindi di una ricerca per approssimazione: si ricerca una maggiore efficienza d’impatto relativa. Sarebbe infatti inutile avere maggiore effetto sulla palla in rotazione e velocità a discapito della regolarità; è opportuno arrivare a un compromesso. Nei giocatori senior, per esempio, l’uso delle anche, della schiena e delle spalle può essere limitato da infortuni o dall'età stessa. È pertanto evidente che questi fattori vanno tenuti in considerazione perché limitano la possibilità di eseguire il miglior gesto possibile.

Ovviamente l’approccio dovrà essere quello che permette di limare il più possibile per raggiungere l’esecuzione migliore, tenendo sempre in considerazione l’aumento dei margini di errore. Un colpo eseguito con il massimo raggio quindi ampiezza, la massima velocità e la massima massa all'impatto è sicuramente migliore in linea teorica solo se ha dei margini di errore accettabili per il singolo individuo, in caso contrario un’ampiezza più piccola, una velocità minore o una massa minore possono rappresentare una scelta ottimale per il giocatore, in relazione al gruppo di giocatori con cui si confronta.

Discostarsi troppo dal gesto ideale diventa ovviamente rischioso nelle competizioni di alto livello perché il numero ridotto, ridottissimo, magari nullo degli errori, se ottenuto a prezzo di una palla eccessivamente morbida, e quindi facilmente attaccabile dall'avversario, produrrebbe un effetto disastroso.

Da questo punto di vista possono venire in soccorso i Big Data. L’analisi di un grande numero di dati dal punto di vista statistico è una scienza che viene sempre più utilizzata in svariati campi ed anche nello sport. Sta prendendo piede anche in Italia, dal basket alla pallavolo. Perché non nel tennis?

L’analisi di un volume consistente di dati permette di scartare interpretazioni dovute a fenomeni accidentali, elementi casuali, affinché si possa avere una visione corretta dei fenomeni. Un esempio semplicissimo è quello di un giocatore di basket che ha una media di realizzazione dai tre punti del 70% e una media di realizzazione dentro la linea dei tre punti, quindi da due punti, del 100%. Su un piccolo volume di dati, mettiamo tre tiri per ulteriore semplicità, il giocatore potrebbe incorrere in tre errori e realizzare zero punti, mentre con il tiro da due realizzerebbe sempre sei punti. Ma con un volume maggiore (100 tiri) 70 canestri da tre punti sono 210 punti realizzati, mentre 100 canestri da due punti muovono lo score di 200 punti. Dieci in meno. È quindi chiaro che a un giocatore con queste percentuali lo statistico della squadra suggerirebbe di tirare da tre e di prendere lo step back per uscire dalla linea che demarca il tiro da tre. Suggerirebbe anche di non preoccuparsi quando incorre in un errore o in più errori consecutivi.

Si tratta dello stesso suggerimento che Rafael Nadal ha dato a Roger Federer durante la Laver Cup 2019 nell'incontro con Nick Kirgyos dopo avere dato un’occhiata alle statistiche apparse sugli schermi. Avendo visto che Roger aveva una percentuale positiva di punti vinti sugli scambi brevi ha suggerito allo svizzero di non preoccuparsi degli errori e di cercare il prima possibile colpi vincenti per abbreviare lo scambio.

La comodità del gesto è un altro aspetto da tenere in considerazione sempre per gli stessi motivi sopra indicati: buona efficienza, anche se non ottima, con margini di errori ridotti. Anche qui valgono le stesse considerazioni appena esposte: se con la massima comodità di gesto la palla risulta debole, fiacca, facilmente attaccabile dal nostro avversario avremo pochi vantaggi. La comodità di gesto riserva inoltre un aspetto da valutare con più attenzione: non di rado si tratta di un’abitudine di gioco che abbiamo sviluppato nel tempo e a cui ci siamo adattati, nonostante esistano movimenti più efficaci e addirittura più “comodi”, meno stressanti, dal punto di vista dell’utilizzo della struttura muscolare-tendinea. Un’abitudine posturale e gestuale potrebbe rendere difficile il cambiamento a causa di sensazioni di disagio iniziale, dovute proprio alla consolidazione di un difetto talmente radicato da indurre in inganno i nostri sensi. Il caso più macroscopico di cui sono a conoscenza tutti maestri è quello di coloro che si sono abituati ad eseguire il servizio con l’impugnatura easter di dritto. Il passaggio all'impugnatura continental può risultare molto difficoltoso, se non addirittura impossibile in alcuni casi, a causa della necessità della pronazione dell’avambraccio nella fase finale dello swing.

La ricerca dell’ottimizzazione dei colpi di un giocatore dal primo giorno in cui impugna la racchetta credo non possa che passare dall'analisi di questi tre aspetti: fisica, biomeccanica, comodità del gesto e big data analisi. Le prime analisi, i primi passi, saranno ovviamente di natura macroscopica per poi arrivare ad aggiustamenti di natura sottile (fine tuning), come i sensori che hanno aiutato Danil Medvedev.


Lo smash. È il momento di non esitare e distruggere

Roger Federer sale
con il dorso della mano verso l'alto
Se siete arrivati a giocare questo colpo significa che avete giocato bene il punto e avete raggiunto una posizione di vantaggio nello scambio. Avete messo in difficoltà il vostro avversario da fondo campo, siete entrati con i piedi dentro la riga o siete addirittura scesi a rete per cercare di chiudere il punto con una volée o un vincente da giocare al rimbalzo. Il vostro avversario, in ritardo, in allungo, messo male con il corpo e fuori equilibrio alza un pallonetto nel tentativo di recuperare.

Questo non è il momento di esitare. Lo smash è un colpo che va giocato con decisione. Lasciate al vostro avversario la necessità di giocare un pallonetto vincente. Non indietreggiate per ricominciare lo scambio con i colpi da fondo campo. Cercate lo smash con determinazione. Rinunciate a schiacciare solo se siete superati irrimediabilmente dal pallonetto. In questo modo darete un messaggio chiaro al vostro avversario: “se alzi il pallonetto io schiaccio”. "Distruggo".

Infatti con questo colpo si può veramente schiacciare la palla nel campo dell’avversario. Smash significa distruggere. Avete luce anche se giocate la schiacciata a rimbalzo dalla riga di fondo. Come abbiamo visto con l’articolo sul servizio, infatti, la rete copre solamente i rettangoli del servizio. La rimanente parte del campo è visibile e più si avanza più abbiamo campo a disposizione per schiacciare.

La schiacciata è un colpo molto simile al servizio ma ne differisce per alcuni aspetti, di cui è opportuno tenere conto. Si tratta di un’esecuzione dall’alto come nel servizio, ma la palla va cercata nel campo perché non siamo noi a lanciarla come vogliamo per colpirla al meglio. Questa condizione implica una sostanziale modifica esecutiva. Nello smash manca l’esecuzione senza soluzione di continuità del movimento armonico delle braccia che salgono verso l’alto fino alla posizione trofeo per poi andare a colpire. È opportuno infatti interrompere il movimento per andare a ricercare la palla, perciò si sale fino alla posizione a trofeo e poi ci si ferma per andare a cercare la palla proprio in questa posizione.

Il braccio racchetta è pronto per ridiscendere ed acquisire velocità, il braccio non dominante sale in alto senza lanciare, ma punta la palla come se fosse un mirino (condizione che avviene per qualche momento anche nel servizio dopo il lancio) in modo che il punto di impatto sia davanti al vostro corpo e leggermente spostato verso il braccio dominante. Ricordate avete luce, potete schiacciare.
Il braccio dominante sale, verso la posizione a trofeo, con il dorso della mano rivolto leggermente verso l’alto. Non deve salire con il palmo della mano rivolto verso l’alto (questo vale anche nel servizio). Il palmo della mano rivolto verso l’alto, con la faccia della racchetta che andrà a colpire anch'essa rivolta verso l’alto, impedisce la corretta esecuzione del mulinello dietro la schiena o comunque lo rende più macchinoso e ne rallenta l’esecuzione. Quindi il braccio racchetta sale con il dorso verso l’alto poi si ferma in attesa che la palla sia all'altezza giusta per colpire, con la faccia della racchetta che a questo punto è di taglio rispetto al terreno per eseguire il mulinello dietro la schiena. La palla va colpita con il braccio disteso come nel servizio, davanti al corpo.
Justine Henin. Posizione a trofeo.
La racchetta ora è di taglio,
per accelerare dietro la schiena

Da questa posizione parte l’ultima ricerca della palla con movimenti laterali, avanti o indietro, sempre mantenendo la posizione a trofeo e mirando con il braccio non dominante. Un ruolo fondamentale lo svolgono anche i riferimenti: è importante rendersi sempre conto dove ci si trova nel campo, se si è più vicini o più lontani dalla rete. Infatti anche se avete sempre la luce sufficiente per poter schiacciare, questo spazio utile diminuisce più ci si allontana dalla rete, mentre nelle vicinanze di questa i margini saranno via via più ampi. Cerchiamo di non perdere l’orientamento, cosa che potrebbe accadere muovendosi guardando in alto. Anche questo è un aspetto da allenare con cura.

Il timing nella schiacciata è vitale. La funzione di mirino del braccio non dominante serve anche a questo. La palla cade da molto in alto e mentre scende a causa dell’accelerazione di gravità aumenta la sua velocità. Quindi più cade dall'alto e maggiore sarà la sua velocità nel momento in cui è nella zona di impatto ideale. Se si considera che il piatto corde di una racchetta è lungo poco più di 30 centimetri, e varia non di molto in relazione alle dimensioni dell’ovale, più la palla cade dall’alto e minore sarà il tempo a disposizione per prenderla correttamente nel centro della racchetta e quindi maggiori dovranno essere le abilità nello scegliere il giusto timing.

Nei pallonetti molto alti, i candelotti il cui rimbalzo tende a rimanere su se stesso, è bene far rimbalzare la palla e schiacciare al rimbalzo, perché la velocità di ricaduta è troppo elevata. Il rimbalzo, con la palla che risale, permetterà di gestire in modo più efficiente il tempo del proprio colpo.

La presa consigliata da utilizzare è la continental, con lievi aggiustamenti in relazione alle preferenze e caratteristiche di ciascuno.
Area visibile utile (verde) dalla riga di fondo campo altezza 2,90 metri.
L'area va comunque considerata ridotta in quanto la forza di gravità
tenderà a far scendere la palla.
E' impossibile giocare una linea retta.
Gambe, gambe e ancora gambe. È di fondamentale importanza essere subito reattivi con le gambe quando vediamo che il piatto corde del nostro avversario punta verso l’alto, il movimento del braccio rallenta o il giocatore è in allungo, portato fuori dal campo. Sono tutti segnali che indicano che, con molta probabilità, il prossimo colpo sarà un pallonetto.
Prendiamo uno split step con le gambe nel momento in cui la racchetta del nostro avversario sta per colpire la pallina e stiamo pronti ad arretrare. Questo servirà ad essere subito reattivi per scegliere la direzione di movimento, laterale, avanti o indietro, la più probabile a meno che il pallonetto dell’avversario non esca dalla racchetta. Assumere la posizione a trofeo; da questo momento in poi la palla va cercata con molta attività dei piedi delle gambe e passi laterali anche in arretramento o avanzamento, perché siamo ormai affiancati alla rete. Il movimento di esecuzione da questo momento è come quello del servizio.

Lo smash è un colpo che va giocato con soddisfazione. Quando vediamo un pallonetto dobbiamo essere contenti di giocare lo smash. Insieme alle volée alte è l’unico colpo in cui abbiamo un po’ di luce per schiacciare la pallina nel campo dell’avversario. Ovviamente dobbiamo prestare attenzione a non schiacciarla troppo, perché colpiremmo ugualmente la rete: rimaniamo pertanto dritti con il busto e la testa evitando di piegarli in avanti. La forza di gravità è potente e ineliminabile farà comunque cadere la palla, più ci si allontana dalla rete e maggiormente dovremmo schiacciare con un certo margine cercando la profondità. L'area utile infatti si riduce perché è impossibile giocare un colpo che percorra una linea retta. La palla cadrà di fatto riducendo i margini del colpo.

La schiacciata va allenata. In genere negli allenamenti è troppo trascurata. Bisognerebbe dedicare almeno cinque minuti allo smash per ogni allenamento, in modo che i meccanismi di reazione e ricerca attiva della palla siano facilmente richiamabili in partita.

Il resto è divertimento.

Ecco l'esoscheletro che vi farà giocare come Roger Federer

Compensatore di braccio, avambraccio e mano
Avendo esaminato quello che avviene nel momento in cui colpiamo la palla dobbiamo trarre delle conclusioni che tengono in considerazione gli aspetti specificamente fisici della realtà che ci circonda. Ci sono delle condizioni che non possono essere scavalcate o aggirate con la tecnica. Premesso che il nostro obiettivo deve essere quello di riuscire a raggiungere la padronanza di una buona tecnica di gioco e cercare di migliorarla negli anni, perché il tennis è uno sport che si presta a miglioramenti continui nell'arco dell’attività e della propria vita, dobbiamo anche essere realistici.
Anche se dovessimo riuscire a raggiungere una sopraffina tecnica di gioco alcune condizioni ci distanzierebbero in modo incolmabile da giocatori come Rafael Nadal, Roger Federer o altri grandi campioni.

Al di là degli aspetti prettamente atletici, i quali fanno delle enormi differenze, infatti atleti di questo calibro sicuramente sono dotati di condizioni biologiche ed atletiche innate che consentono loro di raggiungere determinati picchi di prestazione, dobbiamo tenere presente anche alcune caratteristiche fisiche strutturali.

Per esaminarle e riuscire a trovare delle soluzioni dobbiamo prima fare delle ipotesi e tenere fermi alcuni fattori. Dobbiamo partire dal presupposto di riuscire ad acquisire le stesse abilità tecniche di questi campioni: stessa velocità di braccio, identico punto d’impatto, ottima gestione delle accelerazioni, stesso equilibrio, sincronica rotazione delle spalle, trasferimento del peso, uso degli assi di rotazione.
Un esoscheletro per lo sci

Conoscendo il momento d’inerzia e come viene calcolato, ovvero in relazione a un asse di rotazione che in buona sostanza è il punto sul quale ruota il sistema braccio racchetta, la racchetta da sola, oppure parte del nostro corpo, possiamo calcolare in chilogrammi per centimetro quadrato la potenza all'impatto. Naturalmente dobbiamo mantenere costante la velocità del sistema. Quindi se Roger Federer ha un movimento all'altezza della spalla ciò che influisce sull'impatto in modo più diretto sarà dato dalla massa del suo braccio più quella della racchetta. Ma è importante anche la distribuzione di questa massa, perché abbiamo visto che la distanza dall'asse di rotazione viene calcolata al quadrato. Quindi è di fondamentale importanza anche la distribuzione del peso del braccio di Roger Federer. Se la mano dovesse pesare di più questo influirebbe maggiormente perché la mano è più lontana dalla spalla e la distanza tra la spalla e la mano verrebbe calcolata al quadrato.

Al contrario sarebbe meno importante un maggiore peso del bicipite e del tricipite, in quanto entrambi sono più vicini alla spalla che rappresenta il punto su cui ruota il sistema braccio racchetta.
Detto questo anche se riuscissimo ad avere la stessa velocità di braccio e la stessa tecnica di Roger Federer ma il nostro braccio dovesse pesare di meno anche di pochi grammi (100 g, 200 g, 300 g) l’effetto sulla palla sarebbe diverso e meno efficiente, meno dirompente. Sarebbe minore il momento all’impatto. Con le formule ci si può teoricamente anche divertire per sapere quanto dovremo aggiungere di peso sulla testa della racchetta per compensare per esempio un avambraccio più pesante di 200 g, oppure un braccio più lungo di quattro o cinque centimetri, oppure una mano più pesa di 100 grammi. Si può ipotizzare che i tre aspetti possano anche coincidere, infatti braccio più lungo dovrebbe essere anche più pesante, una braccio più grosso di solito è composto da una mano più grande. Sempre escluse grosse differenze di peso specifico.

Alcuni anni fa mi divertii a fare alcune ipotesi e trovai che anche con differenze nell'ordine di 200 g, se la mia memoria non mi inganna, per avere una compensazione si sarebbe dovuto aggiungere un peso considerevole sull'ovale della racchetta, in punta. Mi sembra intorno ai 25 g. Naturalmente questo peso aggiunto artificialmente renderebbe più difficile l’accelerazione della racchetta e quindi abbasserebbe la velocità d’esecuzione rendendo inarrivabile l’effetto che ha Roger Federer sulla palla, almeno in costanza di rendimento. La situazione non cambierebbe anche se mettessimo quei 200 g che mancano nello stesso punto in cui li ha Roger Federer. La velocità si ridurrebbe comunque. Lo abbiamo già visto negli altri articoli.
Tennis esoscheletro?

Saremo chiamati ad aumentare lo sforzo per avere la stessa velocità che avevamo con il sistema precedente che era più leggero. In più dovremmo mantenere la stessa precisione e la stessa tecnica di esecuzione anche dopo aver aumentato la massa e non è una cosa semplice. Anzi c’è da pensare che certi livelli di gioco almeno per costanza di rendimento nel tempo, esclusi picchi e singoli colpi occasionali, siano preclusi a molti a causa di questa semplice realtà fisica.
Ma la scienza la tecnica potrebbero venirci in aiuto. Potremmo ideare un esoscheletro che compensa la massa, nella sua distribuzione precisa e allo stesso tempo fornisce l’energia sufficiente per mantenere la stessa velocità.

Tale esoscheletro non dovrebbe essere progettato per sopperire alla tecnica. Non dovrebbe giocare da solo né essere programmato per questo obiettivo. Lo scopo dovrebbe essere quello di individuare le differenze della massa e della sua distribuzione in modo da fornire solo l’energia minima sufficiente per compensare la riduzione di velocità. In questo modo il nostro braccio raggiungerebbe i livelli numerici in esecuzione di quello di Roger Federer.

L’esoscheletro non avrebbe avere quindi la funzione di sopperire una manchevolezza tecnica. La tecnica rimarrebbe comunque un elemento da acquisire e migliorare senza interventi esterni artificiali. Questi interventi sarebbero solo finalizzati a sopperire mancanze fisiche che non possono essere migliorate o compensate da altre abilità.

L’esoscheletro è uno scheletro esterno tipico dei crostacei: gamberi e aragoste hanno una struttura esterna rigida paragonabile al nostro scheletro interno. Oggi vengono usati soprattutto per usi medici: come protesi e come aiuto a chi ha difficoltà a compiere determinati movimenti. Se ne studiano per le distrofie muscolari e la Duchenne. Scopi molto più nobili.

L’idea qui è molto più prosaica nonché a scopo divulgativo con effetto smitizzante. Però seguendo queste linee progettuali indicative si potrebbero portare molti giocatori a vedere gli effetti dei propri colpi migliorati a tal punto da renderli molto simili a quelli dei vari campioni tennis. Il tutto senza influire sul personale processo di apprendimento, poiché si tratterebbe di un intervento a fini compensativi di una carenza fisica strutturale e non di una sostituzione del giocatore o “del suo braccio” nella scelta e nella gestione dei movimenti.

Si tratterebbe di interventi di non grande entità. Addirittura il peso dell’esoscheletro potrebbe superare il peso da compensare, in fondo le differenze di un impatto che avviene su una pallina del peso di 56 g possono essere evidenti anche con cambiamenti relativamente minimi. 200 g sono poco meno di quattro volte il peso di una pallina. 100 g rappresentano quasi il peso di due palline. Per fare un paragone macroscopico è come se andassimo addosso a un automobile che pesa 1000 chili con una che ne pesa 2000 mantenendo la stessa velocità, oppure con una che ne pesa 4000 sempre mantenendo la stessa velocità. Gli effetti sarebbero devastanti.

Superate le fasi progettuali un esoscheletro di questo tipo renderebbe molto più comprensibile come si possa raggiungere certi livelli di gioco, i quali quando sono apprezzati solo a livello emotivo inducono all'esaltazione e alla creazione del mito, purtroppo dimenticando le radici razionali, logiche e scientifiche del mondo che ci circonda.

Oscillazioni

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