Biomeccanica, big data, scienza e comodità del gesto nel tennis moderno

Lo step back di Curry
Il servizio di Danil Medvedev è stato messo a punto presso un’Università francese, dove al giocatore russo sono stati posizionati sul corpo circa 40 sensori per cercare di stabilire quale fosse il gesto più efficiente per il suo servizio e come potesse essere migliorato.
Siamo nell'era della biomeccanica, che è lo studio della meccanica di funzionamento del corpo umano. Ovviamente questa è in relazione al tipo di gesto e all'obiettivo che ci si propone di raggiungere con il gesto stesso, nel caso del tennis lo scopo è quello di riuscire a colpire una pallina, per mezzo di un’attrezzatura nonché riuscire a imprimere a questa pallina la velocità, la direzione e le rotazioni desiderate, cercando allo stesso tempo di compiere il numero minimo di errori.

È ovvio che tale obiettivo per essere raggiunto debba prendere in considerazione alcuni degli aspetti scientifici relativi alla fisica e alla scienza consolidata. Non possono esistere macchine artificiali o biologiche, meccaniche progettate o che si sono evolute, che prescindono dalle leggi fisiche. Possono invece esserci meccaniche o biomeccaniche più o meno efficienti in relazione a determinati principi e obiettivi, ovvero che gestiscono il lavoro da compiere con maggiore o minore sforzo perché non riescono, oppure riescono meglio, ad utilizzare alcuni aspetti della realtà che ci circonda.

In questo blog abbiamo analizzato alcune situazioni e abbiamo visto come si può sfruttare, per esempio, l’energia gravitazionale potenziale e convertirla in energia cinetica con la finalità di avere un’accelerazione braccio racchetta con maggiore decontrazione muscolare e tendinea. Abbiamo visto come sfruttare l’ampiezza del movimento, condizione che permette lo sfruttamento del quadrato della distanza dal punto di rotazione al fine di avere una maggiore inerzia all'impatto.
Tennis e big data
Abbiamo anche evidenziato come nel momento in cui il braccio racchetta deve risalire e andare in avanzamento, dopo la discesa, la rotazione di anche e spalle, come una coppia di forze di una leva vantaggiosa permette il mantenimento della velocità del braccio racchetta limitando anche in questo caso il lavoro e il sovraccarico della struttura muscolare-tendinea.

Ora è altrettanto evidente, credo, che il colpo perfetto, lo swing ideale, l’oscillazione migliore, esiste solo sulla carta, perché conformazioni e morfologie particolari possono influire sul raggiungimento di quello che è ritenuto lo swing di riferimento in quanto ad efficienza ed efficacia. Molto spesso, se non sempre, è necessario scendere a compromessi, sia nella vita che nello sport. Non si può ottenere tutto. Nel caso di Medveved, come riportato nell’articolo su Ubitennis, la ricerca di un movimento più ampio nel servizio aveva degli effetti negativi sul trasferimento del peso e sull'equilibrio.

La ricerca del movimento ideale va sempre messa in relazione al singolo giocatore e alle sue caratteristiche morfologiche, nonché di comodità del gesto e di gioco. Si tratta quindi di una ricerca per approssimazione: si ricerca una maggiore efficienza d’impatto relativa. Sarebbe infatti inutile avere maggiore effetto sulla palla in rotazione e velocità a discapito della regolarità; è opportuno arrivare a un compromesso. Nei giocatori senior, per esempio, l’uso delle anche, della schiena e delle spalle può essere limitato da infortuni o dall'età stessa. È pertanto evidente che questi fattori vanno tenuti in considerazione perché limitano la possibilità di eseguire il miglior gesto possibile.

Ovviamente l’approccio dovrà essere quello che permette di limare il più possibile per raggiungere l’esecuzione migliore, tenendo sempre in considerazione l’aumento dei margini di errore. Un colpo eseguito con il massimo raggio quindi ampiezza, la massima velocità e la massima massa all'impatto è sicuramente migliore in linea teorica solo se ha dei margini di errore accettabili per il singolo individuo, in caso contrario un’ampiezza più piccola, una velocità minore o una massa minore possono rappresentare una scelta ottimale per il giocatore, in relazione al gruppo di giocatori con cui si confronta.

Discostarsi troppo dal gesto ideale diventa ovviamente rischioso nelle competizioni di alto livello perché il numero ridotto, ridottissimo, magari nullo degli errori, se ottenuto a prezzo di una palla eccessivamente morbida, e quindi facilmente attaccabile dall'avversario, produrrebbe un effetto disastroso.

Da questo punto di vista possono venire in soccorso i Big Data. L’analisi di un grande numero di dati dal punto di vista statistico è una scienza che viene sempre più utilizzata in svariati campi ed anche nello sport. Sta prendendo piede anche in Italia, dal basket alla pallavolo. Perché non nel tennis?

L’analisi di un volume consistente di dati permette di scartare interpretazioni dovute a fenomeni accidentali, elementi casuali, affinché si possa avere una visione corretta dei fenomeni. Un esempio semplicissimo è quello di un giocatore di basket che ha una media di realizzazione dai tre punti del 70% e una media di realizzazione dentro la linea dei tre punti, quindi da due punti, del 100%. Su un piccolo volume di dati, mettiamo tre tiri per ulteriore semplicità, il giocatore potrebbe incorrere in tre errori e realizzare zero punti, mentre con il tiro da due realizzerebbe sempre sei punti. Ma con un volume maggiore (100 tiri) 70 canestri da tre punti sono 210 punti realizzati, mentre 100 canestri da due punti muovono lo score di 200 punti. Dieci in meno. È quindi chiaro che a un giocatore con queste percentuali lo statistico della squadra suggerirebbe di tirare da tre e di prendere lo step back per uscire dalla linea che demarca il tiro da tre. Suggerirebbe anche di non preoccuparsi quando incorre in un errore o in più errori consecutivi.

Si tratta dello stesso suggerimento che Rafael Nadal ha dato a Roger Federer durante la Laver Cup 2019 nell'incontro con Nick Kirgyos dopo avere dato un’occhiata alle statistiche apparse sugli schermi. Avendo visto che Roger aveva una percentuale positiva di punti vinti sugli scambi brevi ha suggerito allo svizzero di non preoccuparsi degli errori e di cercare il prima possibile colpi vincenti per abbreviare lo scambio.

La comodità del gesto è un altro aspetto da tenere in considerazione sempre per gli stessi motivi sopra indicati: buona efficienza, anche se non ottima, con margini di errori ridotti. Anche qui valgono le stesse considerazioni appena esposte: se con la massima comodità di gesto la palla risulta debole, fiacca, facilmente attaccabile dal nostro avversario avremo pochi vantaggi. La comodità di gesto riserva inoltre un aspetto da valutare con più attenzione: non di rado si tratta di un’abitudine di gioco che abbiamo sviluppato nel tempo e a cui ci siamo adattati, nonostante esistano movimenti più efficaci e addirittura più “comodi”, meno stressanti, dal punto di vista dell’utilizzo della struttura muscolare-tendinea. Un’abitudine posturale e gestuale potrebbe rendere difficile il cambiamento a causa di sensazioni di disagio iniziale, dovute proprio alla consolidazione di un difetto talmente radicato da indurre in inganno i nostri sensi. Il caso più macroscopico di cui sono a conoscenza tutti maestri è quello di coloro che si sono abituati ad eseguire il servizio con l’impugnatura easter di dritto. Il passaggio all'impugnatura continental può risultare molto difficoltoso, se non addirittura impossibile in alcuni casi, a causa della necessità della pronazione dell’avambraccio nella fase finale dello swing.

La ricerca dell’ottimizzazione dei colpi di un giocatore dal primo giorno in cui impugna la racchetta credo non possa che passare dall'analisi di questi tre aspetti: fisica, biomeccanica, comodità del gesto e big data analisi. Le prime analisi, i primi passi, saranno ovviamente di natura macroscopica per poi arrivare ad aggiustamenti di natura sottile (fine tuning), come i sensori che hanno aiutato Danil Medvedev.


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