Orientati al risultato o alla tecnica? Gestione dell'apprendimento e del successo

Orientati al risultato o all'apprendimento
Quando scendiamo su un campo da tennis dovremmo avere in mente una scala di obiettivi chiari. Il primo obiettivo che viene immediato perseguire è quello di ricercare la vittoria, il successo. Tutti vogliono vincere: credo sia un'aspirazione connaturata con la maggior parte delle personalità.
Cercare la vittoria a tutti i costi potrebbe però distogliere la nostra mente dai mezzi che ci servono per raggiungerla. Non dobbiamo fare della vittoria un obiettivo astratto perché questa condizione potrebbe renderla una chimera difficilmente raggiungibile. L'idea vaga della vittoria non chiarisce nulla sugli strumenti e i metodi che servono per raggiungerla. In fondo la vittoria, in ogni campo, dipende dai mezzi e dai modi utili a perseguirla.

In guerra, in economia, in società ed anche negli sports per raggiungere un successo dobbiamo utilizzare dei mezzi, degli strumenti. È necessario imparare ad usarli per sfruttarli nei modi e nei momenti giusti. Anche il nostro corpo è da considerare uno strumento che può essere utilizzato in modo tecnicamente più o meno efficiente per raggiungere un determinato risultato. In atletica leggera abbiamo solo il nostro corpo da utilizzare secondo una tecnica che rende il gesto più efficiente a seconda che si tratti di salto in lungo, in alto, dei cento metri piani, dei centodieci a ostacoli, del lancio del peso o del disco.

Nelle attività che prevedono l'utilizzo di un'attrezzatura la tecnica potrebbe essere più sofisticata ma lo scopo è sempre lo stesso: sfruttare nel miglior modo possibile ciò che abbiamo e ciò che possiamo utilizzare per raggiungere un obiettivo. Primeggiare, vincere, dare il meglio di noi stessi sono quindi da considerare obiettivi indiretti non raggiungibili immediatamente ma solo attraverso il raggiungimento di obiettivi intermedi. Una conseguenza logica è che non si possono raggiungere gli obiettivi finali se prima non si raggiungono quelli intermedi.

In linea generale il ragionamento è corretto, ma in situazioni concrete si potrebbero verificare condizioni in cui questa relazione non appare così immediata: perché il successo o l'insuccesso possono dipendere anche da condizioni esogene come la qualità dei nostri avversari ed il livello di soddisfazione e appagamento personale.

Il processo di crescita tecnica e tattica può quindi, in alcune circostanze, trovarsi bloccato nel proprio sviluppo dall'interazione di questi due aspetti. Se le conoscenze che sono state acquisite sono sufficienti per giocare, competere e vincere con gli avversari che si incontrano di solito potrebbe subentrare a livello psicologico una soddisfazione e un appagamento personale che impedisce di mettersi nuovamente in gioco.

A questo punto innescare un processo di cambiamento può essere difficoltoso perché modificare qualcosa nella propria tecnica, anche con l'intenzione di migliorarsi, ha come conseguenza immediata quella di commettere qualche errore in più. Si potrebbe quindi essere restii a provare nuove cose in partita perché usciamo dalla nostra abitudine di gioco con il rischio di incorrere in sconfitte inaspettate. Una volta ottimizzato un modo di giocare, anche se non il migliore possibile, uscire da questa zona di comfort non è scontato né semplice. È necessaria una focalizzazione su obiettivi chiari e considerare sconfitte, errori e passaggi a vuoto come inevitabili nonché parte integrante del processo di cambiamento e miglioramento.

Troppo spesso l'obiettivo immediato del risultato fa perdere di vista l'obiettivo più a lungo termine di miglioramento che ci siamo prefissi.
È opportuno, quindi, non essere troppo orientati al risultato ma più orientati alla corretta esecuzione tecnica, all’apprendimento. Ovviamente il modello tecnico di riferimento dovrà essere talmente solido, certo, sicuro, da potervi riporre tutta la nostra fiducia.
La vittoria è da considerare un obiettivo indiretto, funzione della corretta esecuzione tecnica, infatti se l'esecuzione è corretta le probabilità di incorrere in errori diminuiscono e aumentato le probabilità di vittoria.

L'importante è non adagiarsi, non impigrirsi in condizioni di gioco e abitudini che fermano il processo di sviluppo. Un miglioramento è sempre possibile, un perfezionamento sempre alla portata di tutti. Lo spirito che deve animare il nostro gioco deve essere quello della ricerca continua di un progresso, di uno sviluppo ulteriore.

Recentemente lo sciatore Marcel Hirscher, vincitore di sette coppe del mondo generali, cinque di gigante e cinque di slalom speciale, ancora in attività, ha dichiarato in un'intervista che pensa di poter avere ancora dei margini di miglioramento, soprattutto nella curva a sinistra.

«Vedo la possibilità di gareggiare ancora più veloce, di migliorare certi passaggi nel corso di una manche: per esempio la mia curva verso sinistra, in gigante. Non ho ancora raggiunto il massimo delle mia potenzialità. Manca ancora un po’».

In queste parole non c'è nessun riferimento diretto alla vittoria ma si evince quale spirito animi quest'atleta, che è sempre orientato al proprio miglioramento tecnico. Se riuscirà nei suoi intenti le conseguenze saranno altre vittorie. È però disposto a mettersi in gioco prendendo nuovi rischi che potrebbero farlo incorrere in errori inaspettati.
La stessa mentalità dovrebbe essere connaturata in tutti coloro che praticano attività sportive ad ogni livello, perché se ritiene di poter migliorare un atleta di livello mondiale a maggior ragione chiunque possiede dei margini di miglioramento.

L'ansia da prestazione, il timore di perdere, l'ossessione del risultato assumono, se inseriti in questo contesto di crescita personale, un significato e una rilevanza diversi. Una sconfitta all'interno di questo processo non può che avere un sapore meno tragico, ma non solo, se è funzionale al proprio miglioramento diviene uno strumento utile, addirittura indispensabile.
Al contrario, un atteggiamento finalizzato al solo raggiungimento del risultato rischia di essere controproducente per la crescita tecnica, professionale e personale, perché si confonde il fine ultimo con gli strumenti necessari per raggiungerlo. Non possiamo migliorare una vittoria, una vittoria rimane una vittoria. Possiamo invece migliorare gli strumenti necessari al suo raggiungimento e secondo questa logica vittoria e sconfitta divengono solo degli indicatori dei miglioramenti personali raggiunti.

Nei campi da tennis, non di rado, si vedono troppi comportamenti che sono il sintomo di giocatori orientati al risultato immediato della vittoria, tali persone, in fondo, non fanno altro che precludersi la possibilità di una crescita, perché per vincere a livelli superiori servono abilità migliori e per migliorare la proprie abilità è necessario sbagliare, mettersi in gioco, rischiare, considerare vittoria e sconfitta semplicemente due feedback, due indicatori, e non il nostro obiettivo finale.

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