La velocità non è tutto nel tennis: massa e raggio nel momento angolare

Velocità angolare e tangenziale
Abbiamo esaminato alcuni aspetti di quelli che sono i due modi fondamentali di colpire la pallina: 1. cercando di mantenere un pendolo singolo; 2. attivando un doppio moto pendolare.

Per cercare di elencare i vantaggi e gli svantaggi dell’uno e dell’altro modo di colpire è opportuno inserire nel ragionamento il concetto di momento angolare. Abbiamo visto che un oggetto che si muove con un moto rettilineo ha una quantità di moto pari alla sua massa per la sua velocità. Se invece il moto dell’oggetto è curvo, ovvero si muove su una traiettoria circolare con un raggio ideale r, la sua “quantità di moto” è chiamata momento angolare e per ottenerla bisogna sostituire la massa con il momento d’inerzia e la velocità con la velocità angolare, la quale è definita come il rapporto tra l’angolo percorso o descritto e il tempo impiegato a descriverlo. Essendo la velocità lineare data dallo spazio percorso diviso il tempo impiegato quella angolare è una sua logica conseguenza.
Da questa misura possiamo ricavare la velocità tangenziale la quale è diversa dalla velocità angolare perchè dipende anche dalla lunghezza del raggio, ovvero dalla distanza, nel nostro caso, della racchetta dal polo, cioè dall’asse di rotazione da noi scelto quando colpiamo.

Velocità angolare
Seguendo i vari passaggi che potete trovare on line qui e qui e su qualunque libro delle scuole superiori la velocità tangenziale è data dal prodotto del raggio, nella sua lunghezza, cioè dalla lunghezza del raggio, per la velocità angolare.

E’ quindi una conseguenza che per calcolare il momento angolare di un corpo, per semplicità puntiforme, è opportuno sapere la velocità angolare a cui fare riferimento per avere la velocità tangenziale in relazione al raggio, perché il movimento potrebbe svilupparsi su raggi diversi a seconda di come muoviamo il nostro braccio racchetta. Servono entrambe le misure.

Due oggetti possono avere stesse velocità angolari ma diverse velocità tangenziali è sufficiente allungare il raggio mantenendo la stessa velocità angolare. Forse questo richiama alla mente i problemi di Rafael Nadal che in certe circostanze di gioco quando tende a chiudere troppo presto i propri colpi di fatto riducendo il raggio d’azione e quindi la velocità tangenziale.
Formula della velocita tangenziale

Il momento angolare va quindi sempre considerato in relazione a un polo, ovvero il punto intorno al quale l’oggetto ruota ad una certa distanza che rappresenta il raggio. Abbiamo già visto che a tennis, quando colpiamo possiamo scegliere poli diversi su cui far ruotare la nostra racchetta: polso, gomito, spalla, asse centrale del corpo.

In questo approccio logico entra anche in gioco il momento d’inerzia e con lui la distribuzione delle masse ed anche sotto questo aspetto abbiamo sempre a che fare con l’asse di rotazione, ovvero il raggio (dal polo alla fine dell’oggetto) che nel calcolo dell’inerzia va preso al quadrato. Ad un'analisi anche superficiale il raggio e quindi la distanza dal punto su cui ruota una racchetta è molto importante. Nel momento di inerzia la distanza è al quadrato e nel calcolo momento angolare il quadrato si elide nelle formule ma è sempre presente, e in ultima analisi massa e raggio non hanno una valenza inferiore alla velocità, anzi se presi insieme anche maggiore.

Momento angolare
Il momento angolare è quindi dato dal prodotto del raggio per la massa e per la velocità. Ora osservando bene la situazione quando qualcuno ci chiede di imprimere maggiore velocità come spesso accade sui campi da tennis dovremmo chiederci se chi ci invita a fare questo ha chiaro in mente come si organizzano queste realtà scientifiche. Intanto su quale asse di rotazione dovremmo cercare maggiore velocità? E non ultimo con quale massa dovremmo cercarla questa maggiore velocità? Perchè accelerare su un polo molto vicino alla racchetta farebbe diminuire la lunghezza del raggio. Aumenteremo una variabile ma ne diminuirebbe un’altra, anzi due perché molta massa in gioco non sarebbe più calcolabile dal momento che verrebbe a trovarsi prima del polo di rotazione. Ammesso e non concesso che riuscissimo ad accelerare mantenendo la stessa precisione all’impatto i vantaggi di una maggiore velocità sarebbero vanificati da una riduzione della massa e del raggio. Dopo tutto il tennis è uno sport di collisioni quello che conta è il momentum che abbiamo all’impatto non l’energia cinetica di un punto ideale del sistema.

Ora il momento di inerzia ci dice che una cosa lunga e pesante è difficile da accelerare perché tende a mantenere il proprio stato qualunque esso sia, ma è quindi altrettanto vero che una volta accelerata tenderà a mantenere il proprio stato di moto.

Lo svantaggio che abbiamo quando colpiamo con l’anticipo del doppio moto pendolare è che aumentiamo, è vero, la velocità della racchetta ma con un raggio più corto e una massa in gioco minore, perciò questo vantaggio viene vanificato e potrebbe essere compensato solo da un'accelerazione di grandi dimensioni ma che finisce per andare a discapito della precisione.

Colpendo a pendolo singolo anche se riducessimo la variabile velocità, perchè è più difficile accelerare una massa maggiore su un raggio più lungo, le variabili di massa e di raggio crescerebbero nella nostra equazione, riuscendo a compensare e magari superare la riduzione della variabile velocità nella collisione. Magari, poi, andando più piano si riesce ad essere anche più precisi.

L’ideale sarebbe quindi cercare di incrementare la velocità della racchetta utilizzando il polo più lontano da essa (almeno al momento dell’impatto) in modo da incrementare anche i valori del raggio e della massa. I vantaggi del singolo pendolo si limitano sostanzialmente a un passaggio di energia da un pendolo all’altro ma le condizioni del totale trasferimento sono condizionate da aspetti di proporzionalità tra i pendoli e dal peso della pallina (Rod Cross), inoltre vengono esclusi gli incrementi delle variabili di raggio e peso che entrerebbero in gioco qualora qualora la distanza tra la racchetta e l’asse di rotazione fosse più lunga.

Abbiamo visto in precedenza come la forza di gravità ci consenta all’inizio dello swing di accelerare la racchetta per poi allungare l’intero sistema braccio racchetta verso l’impatto grazie alla rotazione delle spalle, che agiscono come una leva vantaggiosa per la lunghezza del braccio potenza, questo aiuta a vincere più facilmente l’inerzia del sistema racchetta braccio molto esteso verso l’esterno del proprio corpo nella fase finale.

In conclusione anche prendendo in analisi questi ulteriori aspetti scientifici basilari non si evincono, a mio giudizio, sostanziali vantaggi nel cercare di colpire o nell’insegnare a colpire con doppio moto pendolare. Ovvero chiudendo il movimento su assi di rotazione molto vicini alla racchetta come può essere l’uso della rotazione dell’avambraccio prima dell'impatto (o del polso, o del gomito).

L'accelerazione dei segmenti del proprio corpo dovrà partire dal più corto per estendersi verso il più lungo in successione (racchetta-polso-avambraccio-gomito-spalle) fino all’impatto in modo da acquisire la maggiore velocità per la maggiore massa disponibile associata al raggio più lungo. In una estensione progressiva in direzione dell’impatto di tutto il nostro braccio fino a comprendere le spalle e il peso del corpo.

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